LYDIA

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Aaron e Cheryl rimasero a dormire a casa mia.
La mamma e Luke erano ritornati a Toronto per due settimane, quindi mi ritrovai sola a casa con un pazzo maniaco che probabilmente voleva rapirmi.
Non riuscii a chiudere occhio per tutta la notte e come se non fossi in grado di pensare ad altro se non a quello.

"Vuoi qualcosa da mangiare?" domandò Cheryl irrompendo nei miei pensieri. Stava preparando dei toast.

Scossi la testa.
Avevo lo stomaco chiuso, nemmeno la colazione mi avrebbe risollevato il morale.

Il telefono di Aaron prese a squillare.

La chiamata durò pochi secondi, secondi in cui lui nemmeno aprì bocca. Poi si voltò celere verso di me come se fossi io l'argomento di tale conversazione.

"Scusami" accarezzò quella parola con la stessa dolcezza che sempre mi trasmetteva, poi si alzò in piedi portando lo sguardo a ricadere ai suoi piedi, si allontanò dal tavolo dirigendosi a passo moderato verso la porta d'ingresso.
Ero confusa, perché si stava scusando?

"Per cos..." non ebbi modo di concludere la frase.
Forse non volevo sapere veramente il perché delle sue scuse, nonostante l'avessi capito subito dopo, non appena la figura di Derek mi si palesò davanti.
Il ragazzo che tanto mi aveva fatto soffrire era lì, aveva appena varcato la soglia e in quel momento era a pochi metri da me. Quel ragazzo che mi lasciò sola e che per due mesi non ebbi modo di vedere.
Quel ragazzo che faceva battere il mio cuore e che allo stesso tempo lo aveva disintegrato.
E come se tutta la sofferenza fosse riaffiorata di colpo, come se tutti i passi avanti che riuscii a fare in quei mesi, si fossero annullati alla sua vista.
Mi diedi un pizzicotto sperando che fosse solo un incubo da cui presto mi sarei risvegliata.
Ma era così reale che procurava un dolore così estenuante che mi stava lacerando dentro, mi stava consumando l'anima.
Mi alzai di soprassalto come se il mio corpo si muovesse da solo, sapevo di non volere in alcun modo che lui si avvicinasse a me, mi diressi in camera chiudendo rapidamente la porta.

"Lydia, ti prego!" sentii la voce di Aaron risuonare in lontananza.
Non avrei permesso di ricadere nella malinconia.
Non per colpa sua.

Trascorsi una mezz'ora rannicchiata nel letto mentre da sotto provenivano le loro voci. La sua voce.
Quella che non sentii per molto tempo. Quella che sussurrava al mio orecchio, roca e piacevole.
Mi ero fidata di Aaron e lui tradì la mia fiducia riportando qui l'artefice del mio dolore.
Lo portò a casa mia.

Udii dei passi rumorosi farsi sempre più forti, non ebbi modo di soffermarmi a pensare che la porta si spalancò di getto.
"Perché diavolo non mi hai detto nulla?" si fermò alla soglia mentre le sue labbra si serrarono ferree.
I suoi occhi ricaddero sulla mia figura, occhi colmi di amarezza e...vendetta.
Non se meritava alcuna risposta da parte mia, nemmeno il minimo cenno.
Tirò un pugno al muro, lo fece con una tale forza che le pareti sembrarono vibrare a quel contatto.
Le vene assunsero una colore più scuro, si fecero più evidenti.
"Guardami quando ti parlo, Lydia" il mio nome proferito dalla sua bocca mi rimandò al passato. Quando ancora le cose non andavano male.
Mantenni gli occhi fissi sul materasso mentre la sua figura si fece più vicina.

"Non ti avvicinare" si fermò di colpo.
"Sono qui solo per risolvere la situazione, dopodiché me ne andrò, non dovrai più rivedermi, mai più"
Avvertii una fitta al cuore.

"Tanto ti riesce bene, andartene" mi alzai spostandomi dall'altra parte della stanza per aumentare le distanze tra noi.

"Dovevo farlo"

"Perché?" percepii il bruciore agli occhi. Non ero sicura di volerlo sapere.

Silenzio. Ogni volta che ponevo una domanda, questa era l'unica risposta che lui era in grado di darmi. Il silenzio.
Sospirai accennando ad un sorriso forzato.

"Ah giusto, che scema che sono, mi ero dimenticata che non avessi mai una risposta alle mie domande"

"Mi merito il tuo odio. Tutto quanto. Ma se ho preso questa scelta e perché dovevo. Ciò che provavo per te era reale"

Provavo? Quindi era come se fosse tutto un lontano ricordo per lui. Come se ciò che c'è stato non valesse più nulla.

D'altronde per due come noi che sussurravano alle stelle, non vi poteva essere destino diverso.

"Sei libero di fare l'investigatore, se vuoi, ti do il permesso di capire chi si nasconde dietro a quei biglietti, ma ti prego, ti supplico, sta lontano da me" esalai lieve.

Cheryl gli avrebbe fornito tutti i particolari, io ero di troppo.

Prima avrebbe risolto la situazione e prima se ne sarebbe andato.
Avrebbe fatto meno male, questa volta.
Perché per quanto potessi odiarlo, l'amore che provavo per lui era più grande, l'avrei perdonato, sarei andata oltre, per quanto io potessi porre resistenza, l'avrei fatto.

Rimase fermo a guardarmi per una manciata di secondi.

"Va bene, se è questo quello che vuoi" chiuse la porta alle sue spalle lasciandomi da sola con quello strazio.

L'amore era un qualcosa di troppo grande per noi essere umani.
Così fragili e poco abituati.

until the last breath-fino all'ultimo respiro Where stories live. Discover now