DEREK

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Varcai ogni limite. Attraversai confini inconcepibili. Estremi che non avrei mai pensato di oltrepassare. Mi sono sentito vulnerabile dopo tanto tempo. Dopo che il mio cuore era stato frantumato in mille pezzi. Ripetutamente.
Trasgredii la regola fondamentale.
Niente baci.
E la cosa peggiore era l'assenza di rimorso.
Di disappunto.

La guardavo dormire e l'unica cosa che volevo era commettere lo stesso errore più e più volte.
Ma il mio passato mi affliggeva dolore. Quella sofferenza che non ero riuscito a colmare.

Sofferenza.

Un sentimento opposto allo star bene, una sensazione che ti travolge e ti logora dentro come un uragano, provoca danni alla tua mente, fa svanire le cose belle per far spazio a quelle brutte, si innescano meccanismi di autodifesa come convincersi che non si stia soffrendo veramente, che tutto è temporaneo e che passerà presto, ma io sapevo che non fosse così, il mio cuore lo sapeva, perché la sofferenza riesce ad addentrarsi anche in esso, si insinua tra le crepe fino a raggiungere il fulcro pulsante, quello che batte. Quando soffriamo il nostro cervello entra in uno stato di allerta, si è più vulnerabili.

Essa comporta una caduta di energia verso la vita, e quando si avvicina alla depressione il nostro metabolismo tende a rallentare.
Sono convinto che l'essere umano sia un enigma ancora più grande della vita, così grande e complesso da non riuscire a comprenderlo.
E lei era il rompicapo più intricato.
Ed io ero talmente affascinato da volerlo risolvere.
A tutti i costi.

Mi sarei preparato a soffrire. Di nuovo.
La guardavo mentre dormiva, con le mani giunte tra loro, poste poco più sotto del viso.
I lineamenti delicati, soffici.
Per quanto non la sopportassi riempieva di luce la mia vita.
Emanava desiderio.
Passione.

Ma io non sarei stato all'altezza di darle ciò che meritava. James aveva ragione. Se fosse venuta a conoscenza dei miei tormenti del passato non avrebbe esitato un attimo ad andarsene.
E il giorno prima uno di essi fece capolino. La ragazzina avrebbe fatto domande a cui io non avrei dato risposta. Per l'ennesima volta. E tutto sarebbe tornato come prima. Come se nulla fosse mai successo.

A lei che mi odiava e ad io che la odiavo.

La lasciai sul letto mentre mi diressi al mare. Dal mio confidente di una vita, da colui che tutto sapeva e niente giudicava.
Con le sue sfumature, i suoi colori e i suoi profumi.
Mi distesi sulla sabbia a meditare, il mare mi stava ascoltando, mi capiva. Era capace di percepire il mio dolore. La mia paura.

Sono passati tre anni, la paura non potrà governarti a lungo.
È stata cattiva, guarda come ti ha ridotto.
Forse dovresti affrontarla.
O forse dovresti scappare.
Scappa. Prima che possa nascere un qualcosa.

"Sapevo di trovarti qui" si distese vicino al mio corpo.

"L'ho fatto, Aaron. Mi sono lasciato andare e ora ne sto pagando le conseguenze" una ciocca di capelli mi ricadde sul viso.

Lui fece un sospiro.

"A volte è bene farlo. Sapevo sarebbe successo prima o poi. Avevi solo bisogno di trovare la tua via d'uscita" inclinò il capo nella mia direzione.

"Non ci sarà nessuna conseguenza se tu vuoi che sia così. Sei sempre rimasto puro. Esattamente come quando ti ho conosciuto"

"Non lo sono più. Da quando lei mi ha strappato un pezzo di cuore"
Sei solo un povero illuso.

"Forse qualcuno sarà in grado di ricucirtelo".

No. Sarebbe rimasto sempre un buco che nessuno sarebbe mai riuscito a risanare.

"Ho degli sbalzi d'umore, Aaron" proferii diretto.

La sua espressione cambiò all'istante.
Velata di preoccupazione.
Stette in silenzio per un po', dopodiché si mise seduto portandosi il ciuffo all'indietro.

"Potrebbe essere semplice stress"
Sarebbe stato tutto più semplice se si fosse trattato di quello.

"Non è stress"

"Magari sei solo paranoico, Derek, non..." lo interruppi.

"Aaron Parker..." posai la mia mano sopra la sua scuotendo flebilmente la testa "Non è niente di tutto ciò" sentì un peso dentro al mio petto.
Un macigno di pietra.

I suoi occhi si colorarono di lucido.

"Lui è venuto a cercarmi. Oggi. Ha fatto ritorno nella mia vita, di nuovo" affermai direzionando la testa verso il mare.

Non avrebbe smesso di cercarmi fino a quando non mi sarei fatto trovare. Era tipico di lui.

Una lacrima fioca scese lungo la sua guancia.

"Non voglio che ti succeda nulla, non sarei lo stesso senza di te, Derek. Non voglio perderti per nessun motivo al mondo"

Il mio migliore amico che faceva lo sdolcinato.
"Non mi perderai, sarò solo...diverso, d'ora in poi" portai una mano dietro la sua nuca accarezzandogli i capelli biondi cenere.

Non avrei permesso che soffrisse. L'avrei protetto. Infondo mi era stato accanto per cose ben peggiori di quella, avrei cercato di non fargliela pesare.
Non se lo meritava.

"Lei lo sa?" domandò.
La bambina? No.

Scossi la testa.

"Sai che prima o poi dovrai dirglielo?"
Il solo pensiero mi agghiacciava.
Avrei dovuto metabolizzare il tutto prima di confessarle come stavano realmente le cose.
Prima di rivelarle di essere il mostro cattivo.
L'antagonista della storia.

"Lo so"

"Devi tornare dal Dottor Shepherd".
Il suo nome provocò in me un lapsus improvviso.

"Dovresti venire più spesso Derek, ne hai
bisogno" picchiettava la penna contro il quaderno mentre in sottofondo si udiva il rumore delle lancette dell'orologio.
Feci una smorfia.
"Si preoccupa per me o le interessano solo i soldi?" rigirai l'anello tra le dita.
La penna cessò il rumore.
"È nuovo quel tatuaggio?" con il dito indicò il bicipite destro.
Lì dove vi erano due iniziali.
Annuii.
"Ci vediamo la prossima volta, Derek"
Non tornai più.
E le cose non fecero altro che peggiorare.

"Non credo sia una buona idea" affermai accendendo una sigaretta.

"Se non vuoi farlo per te, fallo per lei" mi posò un bacio sulla nuca prima di andarsene.

Fallo per lei.
Ci avrei pensato.
Valeva così tanto per me? O era solo dovuto ai miei cambi repentini d'umore? Quando ti ritrovi in certe situazioni non sai mai come comportarti, non ci pensi finché non ti ritrovi catapultato in prima persona ed allora lì sì, che ti rendi conto di cosa davvero sta accadendo nella tua vita, di tutti i cambiamenti che ci saranno da quel momento in poi.

Buttai la sigaretta dirigendomi nuovamente a casa.

"Dov'eri?" la ragazzina se ne stava seduta sul divano a mangiare i biscotti che preparai alcune ore prima. Era così piccola e fragile che la paura di romperla in piccoli mille pezzettini mi tormentava ogni singolo giorno. Ero pieno di lame, non potevo permettermi di avvicinarmi a lei, seta, e graffiare la sua pelle.

"Al mare" la mia risposta fu secca, forse non mi accorsi nemmeno del tono che usai.
Versai del wishky all'interno del bicchiere posto sopra il bancone. "Ti va di parlare?"

Non la guardai nemmeno "No" mi diressi in camera con i pensieri che mi frullavano in testa senza preoccuparmi minimante di come stesse lei. Le rubai l'essenza senza nemmeno degnarla di uno sguardo o di una carezza.
Un'altro cambio d'umore.

Bussò alla porta.

"Ti ho già detto che non voglio parlare" ribadii scazzato.
Volevo starmene solo senza nessuno tra i piedi e lei non faceva altro che aggiungere il peso da novanta. Non sarei riuscito a dirle alcuna parola di conforto.

"Perché fai così?" appoggiò la nuca allo stipite della porta che rimase socchiusa per due terzi.
Portai lo sguardo su di lei.

"Va' a casa Lydia. Inventati una cazzo di scusa e vattene"

Il mio tono era pacato. Ma quelle parole la tagliarono in egual modo. Vidi i suoi occhi spegnersi di colpo e le labbra schiudersi leggermente. Mi osservò per un paio di secondi prima di sbattere la porta ed andarsene.

Hai fatto la cosa giusta.

until the last breath-fino all'ultimo respiro Where stories live. Discover now