LYDIA

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Faceva un caldo asfissiante quel giorno, sentivo le goccioline di sudore grondarmi dalla fronte fino ad arrivare ai piedi.
Il sole era alto nel cielo, una palla infuocata che illuminava la città. Chiusi gli occhi. Nel silenzio tombale riuscii a captare il frastagliarsi delle onde contro gli scogli. Le risate dei bambini, l'abbaiare dei cani e il miagolare dei gatti. La leggera brezza calda che scostava le fronde degli alberi e mi smuoveva i lunghi capelli.

Mi buttai subito in mare per placare quel fastidio che il mio corpo sudato avvertiva. Mi immersi per raggiungere il fondale, non appena il mio ventre sfiorò la sabbia sentii l'acqua farsi più fredda.
Uscii da lì non appena i pesci cominciarono ad addentare la mia carne provocandomi un bruciore che a contatto con il sale aumentava a sempre di più.

"Maledetti" commentai trascinando il mio corpo sulla terra ferma. Di Derek non c'era nemmeno la traccia.

"Sembra che ci tenga più io a questa gara" affermai tra me e me. Non aveva senso allenarsi da sola se poi tanto la competizione si sarebbe svolta in coppia. Saremmo arrivati lì senza sapere minimamente cosa fare ed io mi sarei dovuta subire le ramanzine.

"Perché non indossi la muta?" mi voltai di soprassalto non appena udii la sua voce. Mi portai flebile una mano sul cuore.

I suoi occhi guardavano altrove, non riuscii nemmeno a scovare le pupille all'interno delle sue iridi verdi.
Mi stava osservando le gambe?
Forse le stava osservando con troppa insistenza.
Con lo sguardo percorse ogni centimetro di esse ed io mi sentii a disagio.

"Perché sto schiattando di caldo" proferii invitandolo a guardarmi in faccia. Non avevo intenzione di indossare quella stupida divisa e crepare di caldo. Avrei preferito allenarmi in acqua piuttosto.

"Lydia...mettiti quella maledetta muta" socchiuse gli occhi, come se si stesse rilassando, lo guardai stranita senza capire il suo comportamento, un'altra volta. Non sarei sottostata ai suoi comandi. Non aveva il diritto di dirmi cosa fare, tantomeno cosa indossare.

"No" la mia risposta fu decisa. Non l'avrei indossata solo perché lui per qualche strano motivo voleva così.

Poi da che pulpito, parlava lui con il torace in bella vista. E che torace. Mi soffermai su di esso per un po', poi mi voltai dall'altra parte in modo da continuare ciò che stavo facendo prima che Mr. Arroganza mi interrompesse.

"Ti prego, mettila" Derek era dietro di me. Percepivo l'aria spostarsi al suo passaggio. Non mi accorsi della sua vicinanza fino a quando la mia schiena non venne a contatto con il suo petto nudo. Rabbrividii. Il suo respiro spingeva contro la mia pelle e la sua mano si posò leggera sul mio fianco.

"Perché dovrei?" sentii le sue dita affondare in esso, stringere la carne, prima di udire le sue parole sussurrate deboli al mio orecchio.

"Perché quello a schiattare sarò io se non metti quella cazzo di muta" esalò tra i denti.

Mi paralizzai, ignara sul da farsi.

Sentii il viso andare in fiamme, come se qualcuno mi avesse appena immersa in un mare di fuoco. Mantenni quel silenzio dirigendomi verso il capannone nell'intento di prendere una bottiglietta d'acqua. Non l'avrei indossata, neppure sotto tortura. Ma glielo feci credere.

"Vorrà dire che schiatterai, perché non ho la benché minima intenzione di indossarla" scandii ogni singola parola guardandolo dritto negli occhi, senza interrompere neanche per un secondo quel contatto visivo. Lui mandò giù un groppo di saliva, mettendo in risalto il pomo di adamo.

"Avvisa la mamma che ci vorrà più tempo del previsto perché sua figlia si è comportata male" quella frase mi provocò una leggera risata che lui riuscì ad udire.

until the last breath-fino all'ultimo respiro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora