55.Un Codice Scritto.

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Pov's Ciro.
Sono nel panico. Mio padre non può averlo fatto davvero. Futura cosa penserà di me? Della mia famiglia? Ho paura che se lo venisse a sapere, e lo saprà per certo, non mi parlerà più, e io non voglio perderla.

Mi guardo intorno cercando di capire cosa fare ma intanto mi arriva un messaggio e vedo che è proprio da parte di mio padre, quindi lo leggo subito.

"Ciro, aspettami a casa sto arrivando." mi dice.

Io già mi trovo qui, devo solo entrare dentro. Mi metto ad aspettarlo ansioso. Appena apre la porta con le chiavi di casa, in un lampo mi precipito da lui.

"Oh, allora?" gli dico.

"Niente, Ciro tutto apposto. A quell'infame l'ho fatto uscire nuovo nuovo. Puoi dire a Futura che 'mo si può stare tranquilla che non le darà più fastidio."

"L'hai picchiato?" gli chiedo.

Lui annuisce e poi si accende una sigaretta.

"Io lo avevo avvisato che l'avrei cercato per tutta Napoli. Ciro ma è inutile che fai questa faccia, tu ti devi saper comportare con certa gente e io ti ho sempre detto che le femmine non si toccano."

Lo guardo e mi incazzare il suo essere menefreghista quando gli ho esplicitamente detto di non fare nulla.

"Ti avevo detto di non fare niente."

"Eh vabbuò lui mi aveva provocato, si doveva fare."

Sospiro e mi accendo anche io una sigaretta.
È inutile a parlare con lui.

"Comunque io oggi me ne ritorno a Poggioreale - caccia il fumo di sigaretta dalla sua bocca - quello che dovevo fare per una parte l'ho fatto. 'Mo tocca a te finirlo."

"No, io non faccio niente."

"Ciro per una volta fai come ti dico io. Fa contento a papà tuo." mi da uno schiaffetto sulla guancia e poi mi sorride.

"Il tuo amico Sasà non può farlo?" gli chiedo.

"Lui ti aiuterà ma non può farlo lui, lo devi fare tu. Prima o poi devi diventare uomo."

"Non è così che si diventa uomini."

"Va bene, come dici tu. 'Mo mi fai compagnia in ospedale? Andiamo a prendere tua madre."

Inarco le sopracciglia. Finalmente mia madre esce dall'ospedale e torna a vivere con me.

Prendiamo la macchina e arriviamo in ospedale. Mia madre ci aspetta nella sua stanza con il borsone già pronto e appena la vedo l'abbraccio. Sono contento che stia bene.

Mentre mi parla, guardo fuori mio padre che dà soldi a un dottore senza farsi vedere, poi gli fa l'occhiolino. Devono essere una ricompensa per aver tenuto mia madre per un periodo più lungo del previsto qui dentro. Poi si avvicina a noi nella stanza.

"Ue ue, Carmè. Come stai bella sorridente stamattina, è perché hai visto a me?" le dice spavaldo.

Il sorriso sul volto di mia madre scompare subito, e compare uno sguardo di disgusto.

"Vedi di finirla, è per mio figlio."

Non contento della risposta, mio padre rotea gli occhi. Ci prova a farla riavvicinare a lui, ma lei non cede. Da quando hanno divorziato lei finalmente è più serena, anche se continuo a pensare che di lui ne sia ancora innamorata. Ma non ci ritornerà mai più insieme perché mi ha fatto soffrire e questo lei non glielo ha perdonato, a differenza di tutte le altre stronzate che ha fatto in passato. Ricordo ancora cosa mi disse quando lo portarono a Poggioreale a ventisei anni. Io avevo solo otto anni.

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