#177.

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Harry stava osservando Ed suonare la sua chitarra ormai da più di un'ora.

Quella stessa mattina, si era presentato a casa dell'amico e, senza dargli troppo spiegazioni, gli aveva chiesto se poteva rimanere da lui per un po'. Ovviamente, il rosso, essendo per l'appunto Ed gentilezza Sheeran, aveva acconsentito con un sorriso dolce e lo aveva accolto invitandolo a 'fare come se fosse a casa sua'.
Il ragazzo più giovane aveva annuito e accomodandosi sul divano dell'altro, aveva ringraziato Dio per avergli donato un amico così accondiscendente: senza fare alcuna domanda, infatti, Ed si era seduto di fronte a lui e aveva iniziato a strimpellare diversi accordi sulla sua chitarra.
Rendendosi a malapena conto delle proprie parole, "Mi canti qualcosa?" aveva domandato Harry facendo, se è possibile, ampliare ancora di più il sorriso dell'amico che aveva cominciato a cantare una serie di armoniose canzoni.
Ed era un vero e poeta: quel genere di artista che in grado di curare le ferite delle persone meglio di qualsiasi medico. Con la sua voce soave, di fatti, riusciva sempre a far sentire bene chiunque: certo, spesso e volentieri, andavano sacrificate un numero smisurato di lacrime ma, alla fine, dopo una canzone del ragazzo, non ci si poteva sentire che rigenerati.

Il riccio si stiracchiò sul divano di tela asciugandosi le lacrime agli angoli degli occhi per poi nascondere il viso nel cuscino che teneva stretto al petto: quello spettacolo personale lo stava facendo sentire debole ma, allo stesso tempo, sapeva che avrebbe dovuto ringraziare il suo amico. Harry aveva bisogno di piangere: non poteva più tenersi tutte le sue fobie e le sue angosce incastrate tra le costole, rischiava letteralmente il soffocamento.

Schiacciato dalle sue emozioni, "Amo la tua musica." commentò stringendo più forte a sé il morbido cuscino quando Ed ebbe terminato di suonare le ultime note di una canzone che aveva scritto di suo pugno.

L'amico sorrise e, adagiando con cura la sua preziosa chitarra nella propria custodia, lo ringraziò tacitamente con un piccolo inchino della testa. Si alzò poi dalla sua posizione andando ad accarezzare i capelli mori di Harry e "Vado a preparare del caffè. Torno subito." annunciò prima di sparire velocemente in cucina abbandonando il riccio ai suoi pensieri.

Harry stava male.
Non sapeva spiegarsi né il perché, né il come ma non riusciva a fare altro se non sospirare pensando che no, la sua vita non stava affatto andando per il verso giusto.
Gli mancava Louis e, soprattutto, gli mancava il se stesso felice.
Voleva sorridere di nuovo ma, senza il ragazzo dagli occhi azzurri al suo fianco, sembrava davvero difficile anche solo provare a sforzare un mezzo sorriso. Beh, questo fino al momento in cui non appariva Xander: perché, probabilmente era assurdo, ma con il moro si sentiva stranamente bene. In qualche modo, tornava a respirare e, felicemente, si sentiva apprezzato.

Scosse la testa irritato da suoi stessi pensieri e, rimproverandosi, "Xan non è un sostituto di Boo!" pensò prendendosi i ricci tra le mani.

Era sbagliato, tremendamente sbagliato, anche solo immaginare Xander come una sorta di rimpiazzo: non era giusto nei confronti del moro ma, maggiormente, non lo era in quelli di Louis che non meritava, assolutamente, di essere sostituito a causa dell'egoismo di Harry.
Perché, in fondo, di questo si trattava: puro e spudorato egoismo ed il ragazzo, a malincuore, dovette ammetterlo a se stesso. Si stava comportando da bambino: voleva tutto e otteneva il niente.

"Devo smetterla con i capricci!" si riprese ulteriormente strofinandosi le mani sugli occhi ancora bagnati.

Ed rientrò nella stanza con due tazze fumanti tra le mani e, porgendone una ad Harry, tornò a sedersi comodamente di fronte al ragazzo.

𝒦iwi. 『 larry. 』Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora