L'inizio di un nuovo viaggio

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Il giorno ci trovò sdraiati l'uno accanto all'altra, ancora per metà ricoperti dalla pelliccia, per l'altra metà protetti solo da vestiti logori e zuppi. Io mi svegliai per prima, con le palpebre incollate di lacrime e un leggerissimo mal di testa che sarebbe passato in fretta.

Sentivo dell'acqua che ticchettava, come gocce d'acqua, accanto alla mia testa e per un attimo andai nel panico, come se avessi paura di affogare, poi mi accorsi che si trattava solo di un cespuglio bagnato sopra una porzione di erba fradicia, che gocciolava piano.

Era strano che mi ricordassi per intero la sera precedente, di solito non riuscivo mai a rievocare i ricordi delle notti in cui la luna mi governava.

Annusai l'aria, poi mi sedetti a gambe incrociate, in quella che più tardi imparai a conoscere come la posizione del loto, e osservai il mio compagno della sera precedente, per analizzarne le fattezze umane. Era basso, molto più basso che nella sua forma da plenilunio, tarchiatello, vestito con una tuta da ginnastica umidiccia, senza più maniche, di colore bluastro tendente al grigio. Aveva capelli rossi come fuoco, morbidi, folti come una criniera, ma non particolarmente lunghi. La frangia era sollevata e lasciava vedere una fronte chiarissima, ampia, marchiata da un piccolo tatuaggio a forma di croce celtica. Mi chiesi cosa volesse dire quel simbolo in quel punto e lo sfiorai con l'indice.

L'uomo tremò e si rannicchiò un pò. Il suo respiro si fece appena più affannato, poi ritornò normale.

Ritrassi immediatamente la mano, con il timore di averlo infastidito.

Lui aprì gli occhi e scattò subito a sedere. Il colore delle sue iridi era sempre lo stesso, diversamente dal mio che diveniva giallo, i suoi occhi erano ancora verdi, anche se meno luminescenti della sera precedente.

Mi guardò stupito, poi parve avere l'intenzione di studiarmi, infine si decise a parlarmi

«Tu sei quella di ieri sera?» mi chiese. Aveva una voce abbastanza roca per essere così piccolo, con note nasali e gutturali che si mischiavano dando uno strano risultato. Pensai fosse tedesco.

Annuii lentamente

«Si» risposi, tentando di darmi un tono di voce che fosse materno e rassicurante, ma accorgendomi di avere un timbro proprio strano, un po' forzato «Ero io»

«Ah. Certo. Da quanto tempo sei così come me?»

«Boh. Parecchio» mi strinsi nelle spalle «Immagino di non ricordarmelo, ma non dev'essere la prima volta»

«Per me si. Per me è la prima volta» mi confessò lui, confuso.

Io risi, non potei trattenermi. Era così strano.

Mi guardò con lo sguardo di chi si è offeso, ma non lo era affatto

«Perché ridi?» mi chiese

«Perché sei buffo » risposi io, poi indicai il segno sulla sua fronte «Cos'è quello?»

«Questo?» si portò la mano alla fronte e se la sfregò vigorosamente, lasciandosi il segno arrossato. Aveva la pelle molto sensibile. Mi guardò di sottecchi, poi rise lui

«Non sai che è una croce celtica?» chiese, sorpreso, spalancando gli occhi

«Si che lo so» ribattei, sorridendo, anche se in realtà non avevo la minima idea di che cosa fosse o significasse «Ma perché ce l'hai sulla fronte?»

«Perché me lo hanno fatto»

«Si, ma perché te lo hanno fatto?»

«Dev'esserci per forza un perché?»borbottò, con uno strano divertimento nella voce

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