Sebastian Barren

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C'era un sacco di gente all'interno, tutti tipi raffinati che conversavano fra loro a gruppi facendo un sacco di smorfie e gesti a volte esagerati. Soprattutto le donne, con i loro vestiti ridicolamente scomodi e le loro acconciature complicate, mi facevano pena, ma c'erano anche certi ometti vestiti a mo' di clown che a mio parere non sarebbero stati bene nemmeno nel contesto circense più decaduto d'Europa.

Ci degnarono, anzi mi degnarono, di alcuni sguardi curiosi e qualche formale "salve", ma nulla di più per mia fortuna. Non volevo avere niente a che fare con loro, volevo sapere dove si trovavano i cacciatori. Ero certa che avrei saputo riconoscerlo un rude cacciatore di licantropi, qualora lo avessi visto, e finora il più duro degli invitati che avevo visto era una ragazzina di non più di sedici anni che aveva avuto il sommo coraggio di vestirsi da punk in mezzo a tutta quell'accozzaglia di gente formale ed assolutamente ignara.

«Guardali» mi disse September, fiero «E non sanno chi sei. Potrebbero intuire anche che sei un licantropo, ma non cosa sei davvero... »

«Perché, cosa sono?».

Set mi guardò allibito, con la bocca aperta. Sembrava che qualcosa nella sua testa si fosse rotto e che se lo avessi scossi avrebbe fatto il rumore "clank clank". Richiuse la bocca con un gesto rabbioso

«Tu sei un goldenwolfen»

«Prego?»

«Goldenwolfen, aurolupus, la grande bestia d'oro... non lo hai, non lo hai letto?»

«Dove?» chiesi, sicura di essermi persa qualcosa

«Nel libro che ti ho dato! Mi hai detto che lo hai letto»

«Beh...» giocherellai con il tessuto del mio colletto «Non proprio fino in fondo, in realtà»

«Che cosa?» sibilò, ma non aggiunse altro, limitandosi a girare la testa dall'altra parte.

Io fissai le sue spalle, capendo di aver saltato l'occasione giusta per capire cos'ero e goderne al massimo. Ne stavo combinando una dietro l'altra e stavo facendo arrabbiare September. Però mi accorsi che qualcosa non andava. Qualcosa non quadrava, ma non era detto che ciò mi dispiacesse.

Guardai il cielo. Era nero, costellato di stelle.

Riabbassai gli occhi verso September e lo vidi umano come di giorno. Non avrebbe dovuto essere un grosso, incontrollabile, feroce lupo antropomorfo? Da quello che ne sapevo si, non lo avevo ancora visto che si liberava dalla sua maledizione.

Gli battei delicatamente sulla spalla con l'indice ed il medio congiunti

«Ehi, Set, posso farti una domanda?»

«Cosa c'è?» sbuffò lui, seccato. In realtà si stava solo sforzando di sembrare seccato e non lo era affatto.

Gli sorrisi con colpevolezza, come a voler ammettere i miei errori

«Come mai non ti trasformi?» chiesi «Insomma, come mai non stai mangiando nessuno? Non eri maledetto... insomma...»

«Furia! Sono mesi che non mi trasformo più!»

«E perché?»

«Lo sapresti, se avessi letto quel libro»

«Oh, quel libro... » sbuffai io, stavolta «Lo so, ho sbagliato, va bene? Ti prego... dimmi perché non ti trasformi»

«Beh, è perché... »

«Buonasera» disse una voce di donna alle mie spalle.

Serrai i pugni. Mi sarei volentieri voltata per strozzarla, ma Set non avrebbe gradito, molto probabilmente. Mi voltai lentamente, trovandomi faccia a faccia con una donna alta, quasi un metro e ottanta. Aveva i capelli lunghissimi e scuri, striati di colpi di sole, tirati all'indietro sulla fronte e tenuti da una fascia candida. I suoi lineamenti erano sufficientemente delicati, il colorito della sua pelle, bronzeo, strideva in modo strano con la robaccia con cui si era colorata le palpebre, di un azzurrino brillante, e con il rimmel nero. Le sue labbra erano terrificantemente rosa, brillanti anche quelle, come la cromatura di un'automobile.

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