Una lupa tra gli umani

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Non sapevo dove mi trovavo. Non sapevo perché mi sentissi così terribilmente male.

Cosa avevo sbagliato ancora? Era tutto scuro e grigio. C'era puzza di umani e di metallo e il rumore di sottofondo dei motori che ronzava costante. Mi faceva male il petto. Cercai con il muso la presenza confortante di Cuscino e lo trovai raggomitolato accanto a me, pressato contro qualcos'altro. Qualcosa che mi parve una sbarra. Ringhiai. Non era possibile, doveva essere uno di quei sogni particolarmente vividi e angoscianti, uno di quei sogni senza senso che facevo così spesso, ma che alla fine non erano nient'altro che un'invenzione del mio cervello malandato...

Mi avventai contro la sbarra e la morsi. Uno dei miei canini scivolò sulla superficie liscia scheggiandosi e le mie labbra si poggiarono sul metallo freddo dandomi un brivido. Cuscino uggiolò, spaventato

«Non devi!» mi disse, con la sua vocina acerba.

Io lo guardai e lo toccai ancora con il muso

«Dove siamo? Cosa è successo?» chiesi, con l'angoscia che mi riempiva il petto ad ondate che s'infrangevano contro la mia carne, facendomi tremare «Io non ho visto niente, che è successo?».

Il cucciolo chiuse gli occhi e li riaprì due volte. Non aveva parole per descrivere quello che aveva visto, aveva imparato a parlare da troppo poco tempo, ma ugualmente si sforzò di farmi comprendere

«I due gambe» mi disse piano «Hanno due gambe su cui camminano e altre due che usano per afferrare le cose... come eri tu una volta, tanto tempo fa... sono brutti e puzzano e ci hanno messi qui dentro»

«Come hanno fatto, Cuscino, come?»

«Non lo so, hanno delle cose lunghe da cui sparano delle cose che se ci colpiscono ci addormentiamo».

I fucili con il sonnifero, ecco cosa avevano usato. Fucili con il sonnifero. Cos'era i fucili con il sonnifero? Come facevo a sapere che cos'erano? Digrignai i denti e scossi la testa.

Compresi che ci avevano catturati e che eravamo su un treno... no il rumore dei motori era troppo forte, l'avanzare troppo rettilineo, dovevamo essere su un aereo. Dentro una gabbia con le sbarre d'acciaio, come facevano nei tempi antichi. Non capii cosa volessero farci. Probabilmente non era una cosa legale, altrimenti saremmo stati più comodi. Dovevano averci presi per contrabbandarci o qualcosa di simile. Beh, non so quanto sarebbe resistito il tizio che ci avrebbe comprati. Avrei aspettato il momento propizio per balzargli alla gola e squarciargliela da parte a parte, avrei affondato il muso nel suo sangue caldo e...

D'improvviso udii un rumore più forte. Era una specie di botta contro la parete e passi di uomini con scarpe rigide e pesanti, come stivali. E con il rumore veniva su anche un odore di cuoio.

Poi vidi uno spiraglio di luce. Cuscino si stinse a me uggiolando quasi minacciosamente, con il pelo sul dorso ritto e ogni muscolo tremante. Credetti, molto probabilmente a ragione, che avevano osato picchiarlo, ma che lui non aveva avuto il coraggio di dirmelo per paura che mi arrabbiassi.

Qualcosa venne verso di me. Lentamente, con circospezione, si mosse nella penombra.

I miei occhi poterono vedere il bagliore di una pelle lucida e scura, abbronzata, in mezzo al tessuto bruno.

Era un uomo giovane, non più di vent'anni di età, le mani racchiuse in guanti di pelle spessa. Aveva gli occhi scuri, che sembravano due bottoni umidi nella faccia dai lineamenti ancora troppo acerbi. I capelli erano neri e spessi, gli ricadevano davanti agli occhi mentre si chinava verso di noi. Era entrato quasi a quattro zampe, come se la stanza fosse troppo bassa per lui.

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