Benvenuta nella tua tomba

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Precipitammo, precipitammo nelle tenebre, risucchiati verso il basso.

Per un istante tutto vorticò, poi scivolammo semplicemente, come dentro l'acqua, solo attirati verso il basso invece che verso l'alto, da una forza irresistibile. Non vedevo nulla. Non ero neppure tanto sicura di esistere ancora, sul momento. Il vuoto era totale, assoluto, completo.

Per qualche istante non udii alcuna voce, e fu come essere annientati.

Pensai a September, a lui nelle grinfie della vampira. Solo io ero precipitata giù? Solo io mi stavo perdendo nelle profondità della terra? Dov'era lui? Dov'era il cacciatore e dove il mostro morto, l'aberrazione orribile e pallida che aveva rapito il mio migliore amico?

Cercai di calmarmi. Stavo entrando in crisi.
Oltre la caduta, c'era un pavimento, ne ero sicura, lo sentivo con le mani. E il pavimento era ruvido e caldo, più o meno come terra che era rimasta troppo tempo sotto il sole.

E poi, all'improvviso, qualcosa si mosse nel buio, qualcosa che mi fece capire che ero ancora viva, sicuro, e che c'erano ancora molte cose che potevano succedere.

Uno scintillio colorò l'aria di rosso. Tanti piccoli agglomerati di luci danzarono di fronte ai miei occhi, come stille di sangue. E chissà se non fossero davvero schizzi di sangue... solo che erano lucenti.

Pensai lì per li di trovarmi in un universo parallelo. Faceva caldo, sudavo, avevo la felpa appiccicata alla pelle, i pantaloni terribilmente aderenti alle cosce.

Uno sparo risuonò nel buio. Cercai di spostarmi da lì, ovunque fossi finita, e di ritrovare September. Qualcosa fischiò a qualche centimetro dal mio orecchio sinistro. Un proiettile? La traiettoria era troppo strana, perché poi lo sentii girare, compiendo un ampio cerchio intorno a me. O forse mi sbagliavo, forse erano centinaia di proiettili diversi, perché vorticavano, vorticavano, e poi cessarono all'improvviso.

Tutto era cessato.

Assenza di suono, assenza di movimento, e poi, ecco, ci fu lo scoppio.

Una luce potente illuminò ogni cosa, e ogni cosa era il niente, niente tranne la luce... la luce del fuoco, un fuoco che lì per lì mi parve invincibile, un fuoco bruciante di malignità. Nessun vampiro avrebbe potuto sopravvivere a quelle fiamme. Ma neppure nessun umano. E probabilmente neppure io.

«September!» Gridai, e la mia voce fu l'unico rumore oltre il crepitare delle fiamme e si innalzò, si perse nel rosso e nel nero, oltre il brillio delle pire, oltre i roghi che puniscono le streghe e i vampiri.

Il fuoco, purificatore. Il fuoco, di cui io... di cui io... io avevo paura.

Il calore sulla pelle, i peli sugli avambracci frementi, e sopra le dita delle mani, bruciati, strinati, la pelle ripiena di calore come un pop corn. Ero nel bel mezzo di un incendio scoppiato nel nulla, in un luogo che non conoscevo.

Avevo paura. Il demone rosso, il fuoco, si innalzava al cielo, ed io ero lì.

C'ero finita davvero, alla fine: nel bel mezzo dell'inferno. In fondo a un buco oscuro, circondata da fiamme. Paralizzata. Paralizzata da un istinto ancestrale, un istinto che riconobbi come paura.

Per la prima volta nella mia vita la sentivo davvero, ed era forte, un sentimento orrendo, sgradevole, sanguigno, che mi faceva sudare freddo e mi tratteneva con dita gelide lo stomaco. Ardeva, il demone rosso era invincibile. Non si può uccidere il fuoco, non si può estinguere a mani nude.

Non conoscevo nient'altro che non potessi risolvere usando le mie mani. Potevo nuotare attraverso gli oceani, superare le onde, scalare montagne, potevo distruggere il più forte fra i nemici più forti, e perfino un vampiro non era nulla in confronto alla forza delle mie mani.

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