Licantropi for dummies

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Chinò il capo sul petto e la frangia color fuoco ondeggiò, ombreggiando il suo volto chiaro.

«Credo che dovremo passare a... un altro metodo».

Si alzò in piedi lentamente, aiutandosi con le mani che, svelte, si muovevano fra il bordo del tavolo e la parete. Sembrava quasi che stesse cercando qualcosa con il tatto. Si abbassò dietro la scrivania e armeggiò su un piccolo box simile ad una cassaforte. Mi sporsi a guardare cosa stesse facendo e lo vidi che, trionfante, sollevava un libro. Non era uno di quei libri polverosi, rivestiti in cuoio, con un'aria antica e mistica: avevo una copertina di stoffa verde scura, come i cocci delle bottiglie portati dal mare, e senza dubbio sembrava solo un libro moderno troppo usato. Set si rialzò in piedi e me lo porse

«De lupus et homo» disse «La storia del licantropo, le sue caratteristiche morfologiche eccetera, eccetera...» ridacchiò e mi batté il volumetto sul dorso della mano «Va a dargli una guardata, va!».

Presi il libretto ruvido e me lo rigirai fra le mani. Scoprii così che avevo semplicemente guardato il volume dalla parte sbagliata, perché non era disadorno. C'era un bel disegno dorato della testa di un lupo messa di profilo, con le fauci aperte, e di sotto era vergato in lettere eleganti il titolo del libro.

«De lupus et homo» Ripetei, dandomi un tono interessato e diffidente insieme, come chi valuta le informazioni fornitegli da un venditore sui propri prodotti esposti «Cos'è, latino?»

«Solo il titolo» mi rispose Set, grattandosi un orecchio «Dentro è italiano, fidati»

«Ma la traduzione è fedele?»

«No, è fedelissima, traslitterato praticamente» ridacchiò «Non è stato tradotto dal latino, comunque. Sai, è tutto fuorché un testo antico e sono fiero di dire che lo ha redatto un mio grande amico»

«Chissà perché» ironizzai, infilandomi il volumetto sottobraccio «Non mi fido dei tuoi grandi amici»

«Non saprei» rispose lui, ticchettando incurante con l'indice sulla scrivania, guardando altrove «Piuttosto informati, fa in fretta, abbiamo un mucchio di cose da fare!».

Obbedii. Scesi al piano inferiore, entrai in salotto e mi buttai sul divano, aprii il libro e iniziai a leggere.

Cercai di ignorare Michele che passava la scopa elettrica, seguito passo passo da Cuscino, e poi tornai a concentrarmi perfettamente sui segni neri che componevano le frasi sulla carta bianca.

Quello che c'era scritto non mi era del tutto nuovo, ovviamente: era come se buona parte di quelle informazioni, la caccia o la gerarchia, fosse già scritta nei miei geni.

Quelle pagine parlavano del nostro modo di comunicare attraverso gli ululati, della lingua dei lupi e della capacità per un licantropo di comprendere parzialmente cosa gli animali dicessero, tutte esperienze che avevo ampiamente vissuto.

I licantropi sono esseri a metà, sospesi fra due mondi, quello dei primati e quello dei canidi, come se il loro DNA non avesse saputo decidersi fra l'uno e l'altro e alla fine avesse pensato che entrambi andavano bene.

I licantropi sono infettivi: se avessi morso qualcuno, quel qualcuno si sarebbe trasformato a sua volta in un licantropo... oppure sarebbe morto, se non aveva la necessaria predisposizione genetica. Per trasformarsi in licantropi dopo un morso, è necessario aver ereditato i tratti lupini da qualcuno dei propri antenati ed è persino possibile scorgerli nella faccia di un essere umano non trasformato: sopracciglia folte, mascella pesante, occhi luminosi e dal tapetum lucidum assai sviluppato erano alcune delle caratteristiche che di solito significavano che si aveva una qualche ascendenza licantropica, ma potevano essere completamente assenti in una persona comunque capace di trasformarsi.

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