Primo intermezzo narrativo

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Era sera, una sera calma, il cielo scuro trapunto di stelle sulle nostre teste, la luna uno spicchio di latte incandescente. Il fuoco ardeva vigoroso sui ceppi di legno di faggio, lanciando scintille su per l'aria satura del respiro degli uomini e dei cani, accucciati tutti insieme senza distinzione. C'era un po' freddo, e la pelle pungeva se ci si allontanava troppo dal fuoco, ma tutto sommato ne valeva la pena, dopo tutto quello che era successo in mezzo alla coltre verde e fitta.

I cacciatori si riposavano. Un uomo dai capelli castani, raccolti in una coda che ricadeva sulle sue spalle ampie, se ne stava seduto con le gambe raccolte e le braccia intorno alle ginocchia, fissava il fuoco con occhi neri, caldi e profondi, in cui si riflettevano i bagliori rossi danzanti e le scintille. Si chiamava Barney ed era il capo della comitiva. I cacciatori avevano fatto un bel bottino quella sera, avevano ucciso tre lupi adulti, due femmine ed un maschio, tutti con pellicce magnifiche.

Ora i loro corpi pendevano dalla sella del grosso cavallo baio di Barney, i loro occhi gialli non vedevano più nulla, dritti verso il suolo, con le pupille ferme, le zanne scoperte nella parvenza del loro ultimo ringhio di avvertimento, le orecchie immobili e flosce.

Barney rimuginava su cosa avrebbero dovuto fare con quei bellissimi, ma spietati, predoni della foresta. Uno di loro sarebbe diventato la pelliccia di sua moglie, la morbida stola color ferro e crema che lei avrebbe sfoggiato di fronte alle amiche vantandosi di quanto fosse forte suo marito, di quanto fosse stato abile nell'uccidere quella creatura spietata. Lei non sarebbe stata più felice neppure se lui le avesse regalato le più belle pelli di volpe del mondo, perché era una donna abbastanza pratica e capiva quanto più valesse quel lupo rispetto a qualunque altro animale.

Lui si alzò e si diresse verso le future pellicce, prese il mento di una di quelle creature e lo sollevò, osservandone le grandi iridi gialle e morte. Un brivido gli corse lungo la schiena. Ricordò di quando, nel folto del bosco, quell'animale lo aveva fissato, arso di rabbia e di angoscia come potrebbe essere un umano, e lui per poco non era scappato, in preda al rimorso. Eppure lui era un cacciatore, non poteva piangere la morte della sua preda, né averne paura. Sapeva che i lupi erano nemici, che i lupi sterminavano il bestiame dei contadini del villaggio, classe quest'ultima fra cui si annoveravano anche suo fratello e suo suocero. Non poteva permettere che quelle bestie vivessero, per questo ne aveva uccise molte nella sua vita. Ma non gli era mai capitato di guardarli negli occhi, non come in quella sera, quando il sole morente faceva ardere di luce ogni tronco del bosco e la pelliccia di ferro del grande lupo sembrava infuocata, non come quando aveva visto le pupille fermarsi sul suo volto, quelle pupille sfumate in un iride dorato e intenso, occhi spalancati.

Si diceva che gli stregoni potessero camuffarsi da lupi e rubare l'anima dei cacciatori con il solo sguardo. Barney pensò che fosse accaduta un cosa del genere, ma dopo aveva ucciso il lupo e sapeva di essersi ripreso la propria anima. Non aveva paura, sarebbe tornato presto a sterminare le bestie, come voleva il suo re.

Girò da un lato la testa del lupo, osservandone la gorgiera gonfia e bianca. Era davvero un bell'animale, il villaggio intero avrebbe parlato di quell'esemplare. Lo avevano soprannominato il Predone, lo avevano visto correre alla testa del branco, fiero e feroce, con i muscoli che si tendevano e guizzavano meravigliosi sotto la pelle e la criniera scossa dal vento. Chiunque avrebbe invidiato l'impresa di Barney. Ma l'uomo la aveva trovata anche troppo semplice, si era ricordato di come il Predone si fosse fermato a guardarlo negli occhi, lo aveva sfidato forse, o forse semplicemente implorato, facile bersaglio a neppure cinque metri da lui.

Gli altri cacciatori guardarono Barney che analizzava la sua preda

«Sei stato davvero fantastico!» disse uno di loro, il più giovane ed entusiasta di quella caccia fruttuosa, un ragazzino biondo, con gli occhi cerulei e il berretto tanto grande che gli arrivava fin sugli occhi «Si, incredibile, il Predone... e da solo».

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