La Città Senza Nome

151 17 8
                                    

Il vento smosse i granelli che aveva sollevato, creando una sorta di nebbiolina argentea intorno a lui, e li portò via.

Vlad era come morto e, ora che ci penso, era buffo crederlo, visto che in fondo il suo corpo era già morto.

Quello che più mi preoccupava era la sua anima o qualunque fosse la cosa che gli dava la scintilla vitale... il sole poteva distruggere anche quella?

La sua giacca era rimasta sulla sabbia, lontanissima, rossa come una macchia di sangue.

Nel guardarla mi sorse come una specie di impressione poetica... ma il corpo immobile di fronte a me, rimasto in camicia, era più importante di qualunque poesia destata da una stupida giacca rossa.

«Vlad!» Lo chiamai, voltandolo supino.

I suoi occhi rossi erano spalancati, pieni di sabbia. Era stecchito, semplicemente, e mi dava l'impressione di un cadavere ormai indigesto. Non volevo toccarlo, ma dovevo farlo.

«Vlad» Ripetei, mentre sentivo September chinarsi accanto a me «Svegliati, per favore» gli diedi uno schiaffo, che gli voltò la testa da un lato.

Gli riaggiustai la testa prima di colpirlo ancora. Lui non si mosse. Cosa diavolo gli era preso? Era terminato? Il suo corpo non avrebbe dovuto sciogliersi in una polvere sottile e grigia? Ebbi paura che, da un momento all'altro, la sua pelle pallida potesse trasformarsi in una poltiglia cinerea. Ebbi paura che fosse davvero terminato, e che non avrei mai più rivisto quel volto dal colore strano, quei baffi sottili e neri, che mi piacevano davvero, e soprattutto i suoi capelli, degni di coronare la pelliccia del re dei licantropi.

Era così, lui non avrebbe dovuto essere un vampiro... il suo destino era di diventare un licantropo, ma a volte, la vita, ci gioca brutti scherzi, e quando gli scherzi sono veramente brutti si può anche trasformare in una non-vita e farci diventare... polvere al sole.

«Non puoi andartene adesso» Mormorai.

I suoi occhi erano freddi, senza alcun velo, senza lucidità, senza movimento. Niente battito cardiaco e niente polso, mi sembrò anormale anche per un vampiro, tutta quest'assenza di... tutto. Non faceva niente, era come una bambola rotta, il suo corpo spezzato nella sabbia. Sollevai da terra la parte anteriore di quell'involucro apparentemente vuoto fra le braccia, avvicinai il suo volto al mio. Di cosa aveva bisogno un vampiro per riprendersi?
Era un vampiro... un vampiro! Ma certo, se ancora un minimo di essenza era rimasto a fare da guardia a quel cadavere, il sangue lo avrebbe risvegliato.

Riappoggiai il busto di Vlad sulla sabbia.

September mi guardò, forse comprendendo quello che stavo per fare

«Che sciocchezza stai per commettere, lupo?» mi chiese «Dobbiamo andarci cauti... potremmo non sopravvivere, in questo deserto, se facciamo grosse cavolate. E questa città...» guardò in alto, verso la torre «Questa città in cui avevamo riposto le nostre speranze... non è altro che un mucchio di macerie. Moriremo tutti se non stiamo attenti, perciò dimmi cosa stai per fare»

«Voglio solo svegliarlo» dichiarai, guardandomi il polso

«E come vorresti farlo, di grazia?»

«Con il sangue» mi morsi il polso.

Fu orrendo: l'automutilazione in qualunque forma (compreso un semplice morso), è comunque una cosa orribile. Andava contro il mio istinto di conservazione. Mi ci volle tutto il mio coraggio, tutta la mia forza di volontà, per affondare i denti nella mia stessa carne. Sentii la pelle dapprima ritrarsi fastidiosamente e successivamente lacerarsi, con dolore, sotto i canini inferiori, poi gli incisivi che toccavano la pelle e il sangue che mi bagnava la lingua.

Urban LegendsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora