Capitolo 36 - LA VERITA' -

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Mancavano dieci minuti alle undici ma ero già nel giardino di ingresso dell' affittacamere ad aspettare Fabio. Se avesse chiesto di me, avrebbe scoperto che non c'era nessuna signorina Sirmioni, per cui lo avevo anticipato. Faceva piuttosto caldo, lo aspettai per circa cinque minuti. Arrivò a bordo di una opel corsa nera, si fermò e io salii in auto.

"Ciao Claudia, scusa se ho qualche minuto di ritardo..."

"Non preoccuparti"

"Allora prima di ripartire ti spiego: il paesaggio circostante è piuttosto brullo, c'è qualche casolare qua e là dove ci sono campi coltivati ma i paesi più vicini non sono a meno di 20- 25 km da qui. Insomma non è il massimo della vita". Si affrettò a spiegare gesticolando e davvero volenteroso di aiutarmi ed io mi sentii tremendamente in colpa approfittandomi della sua buona fede. Conoscevo benissimo quei posti, quelle campagne e anche molti dei paesi circostanti, ma iniziai la mia recita.

"Sì, ho letto qualcosa sulla zona...dimmi tu quanto tempo hai a disposizione e decidiamo come fare"

"Un paio d'ore...secondo me possiamo visitare almeno un paese dell' entroterra, non sul mare come questo, così per farti un' altra idea e poi fare un giro per i casolari"

"Va benissimo" e partimmo.

La ventina di chilometri che percorremmo furono per lo più muti, parlammo del caldo e del paesaggio. Era timido e probabilmente scarrozzare un' estranea non era il massimo del divertimento. Io, dal canto mio, avrei voluto instaurare un dialogo, ma ogni volta che provavo ad aprire bocca, desistevo perchè mi sembrava sempre il modo sbagliato.

Arrivammo in quel paese arroccato e infuocato dal sole, facemmo un giro e io scattai qualche foto per sostenere la mia tesi. Risalimmo in macchina dopo una mezz'oretta e facemmo la strada a ritroso. D'un tratto lui ruppe il silenzio:

"Ma tu sei di queste parti?ogni tanto il tuo accento tradisce un' inflessione meridionale..."

<Cazzo!La mia riconoscibilissima cadenza!Devo inventare qualcosa!> Pensai e risposi:

"I miei sono meridionali...è sicuramente la loro influenza!" e scoppiai a ridere nervosamente.

"Aaaa ecco!Comunque sono qui se vuoi chiedermi qualcosa..."

"Giusto!Hai detto che sei cresciuto qui e che i tuoi erano di qui, raccontami della tua famiglia..." colsi la palla al balzo, lanciai la bomba e attesi.

"Non c'è molto da dire, mia madre se ne è andata quando avevo tre anni, ha lasciato me e mio padre ed è sparita nel nulla. Non ricordo niente di lei, mio padre ha distrutto tutte le foto e mi ha sempre detto che non ci amava abbastanza dato che aveva potuto fare a meno di noi. Io ho sentito dire in paese che era stanca di lui, che a volte era violento e per questo è scappata; ma non ho mai capito perchè non mi abbia portato con sè".

Mandai indietro le lacrime con tutte le mie forze e dissi solo "Deve essere stato molto difficile crescere da solo con tuo padre"

Sospirò e rispose "sì" poi aggiunse "questo è uno dei casolari di cui ti parlavo, scendi che facciamo un giro". Non mi ero neppure accorta che eravamo di nuovo al punto di partenza, poco distante dal centro del paese.

Era quasi l'una quando risalimmo in macchina.

"Devo tornare a casa e penso vorrai sapere ancora qualcosa, perciò se vuoi, pranziamo insieme che dici?"

Non mi sembrava potesse essere tutto così facile ma era la mia occasione e accettai.

Parcheggiò in una stradina fitta di casette colorate ad un piano solo, davanti ad un cancello rosso. La casa era ocra con portone e finestre bianche.

"Siamo arrivati! Mia moglie Anna sarà contenta di conoscerti, te l' ho detto, qui ci annoiamo a morte!" e scoppiò a ridere evidentemente a suo agio adesso.

Cosa che io non ero. Non mi aspettavo altra gente e mi irrigidii a quella notizia. 

Quando varcammo la soglia Fabio disse: "Anna ci sei?Ho invitato Claudia a pranzo da noi!"

Una ragazza con i capelli ricci chiari legati in una coda alta e due grandi occhi verdi ci accolse con un grande sorriso e con un bebè accoccolato su una spalla. "Ciao Claudia!Entra e accomodati, cerco di far dormire Greta e sono da voi" poi aggiunse "ciao amore" lanciando un bacio volante a Fabio. Rimasi immobile per una marea di motivi ma forse, quello più forte di tutti, era che in quella casa si respirava a pieni polmoni l'aria della famiglia. Era inebriante.

Arrivammo in cucina, la tavola era già apparecchiata, Fabio mi fece accomodare e poi si scusò mettendosi ai fornelli. Dopo un po' riapparve Anna e iniziammo a mangiare. Lei era tutt'altro che timida, era chiacchierona e coinvolgente. Fabio annuiva e sorrideva divertito mentre lei parlava. Mi raccontò che stavano insieme da quando avevano quindici anni, si erano sposati da un anno e da un mese era nata Greta, il loro angelo. E concluse con queste testuali parole: "finalmente Fabio ha tutto l'amore che si merita" e lui arrossì. 

"Sì mi ha detto di sua madre... Sai Anna, per la storia che sto scrivendo mi serve un po' di ispirazione e ho chiesto a Fabio di raccontare qualcosa della sua famiglia... "

"Di suo padre non ha detto nulla?sarebbe da scriverci un libro..."

"Dai Anna!"la riprese lui

"Fabio, lo sai che affrontare i tuoi demoni non ti fa altro che bene, poi parlarne con una sconosciuta, con tutto il rispetto Claudia, ti aiuterebbe a non sentirti giudicato come dici sempre"

"È questo paese che giudica. Senza conoscere."

Io in tutto ciò ero muta e speravo che parlasse di lui, di suo padre. Mi fissò e disse: 

"Vuoi davvero conoscere tutta la storia?"

Non riuscii a proferire parola e feci cenno con la testa. Lui si passò le mani tra i capelli e iniziò il racconto che avrebbe cambiato tutto. 

"Mio padre era il meccanico del paese, ed è il solo motivo per cui faccio questo lavoro, me l'ha insegnato lui fin da bambino e non so fare altro. Quando mia madre se n'è andata, ha chiuso i ponti con tutti i suoi parenti, non ha voluto che si occupassero di me, erano la sua famiglia e come lei l'avevano tradito. Vivemmo con mia nonna paterna fino alla sua morte, poi non volle l'aiuto di nessun'altro. Era un tipo, diciamo, complicato...Era irascibile e dovetti imparare presto a non esasperarlo perché aveva le mani pesanti"

Si bloccò un attimo, solo per riprendere fiato mentre io ero tesa e rigida e ascoltavo impaziente. "Non ha mai accettato l'abbandono di mia madre, non lo ha mai metabolizzato. Tanto che la sua unica e sola relazione è finita nel peggiore dei modi ed è stata poi anche la causa della sua morte..."

<Non parla di mia madre...non può essere...non capisco cosa voglia dire...> la mia testa non riusciva a contenere i pensieri e rischiavo di perdere la testa. " Scusa spiegati meglio, non capisco il nesso..." chiesi io.

"Avevo dieci anni quando intraprese una relazione con una donna del paese. Lei era sposata, lo sentivo dire in officina e quando lei decise di lasciarlo, lui, che non poteva reggere un nuovo abbandono, l' ha uccisa".

A quelle parole mi mancò l'aria, respiravo a fatica e riuscii solo a dire: "Non puoi essere certo che sia stato lui..."

"Sì, purtroppo" disse chinando la testa "dopo la sua morte ho trovato una sua lettera in cui spiegava tutto"

Iniziai a sudare freddo e mi alzai di scatto dalla sedia.

"Claudia stai bene? Sei cadaverica!"disse Anna ma io non le risposi e mentre le lacrime iniziavano a scendere indisturbate guardai Fabio negli occhi e dissi solo " Io sono Claudia Petrelli" .

Lo vidi sbarrare gli occhi e stringere i pugni, deglutì e disse " Vai fuori da casa mia!" .

E fu quello che feci.

Vivi e Ama ©  #Wattys2019.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora