16 Un solo sguardo

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Erano in casa, Nino con Alya erano in cucina a preparare la cena, Adrien era seduto al tavolo spartendo il bottino, decidendo quanto dare all'orfanotrofio e quanto alla coppia all'angolo della strada. Aveva anche deciso di dare una percentuale un po' più alta ai ragazzi, se l'erano rischiata molto, ma avevano messo grinta. Se lo meritavano. La sua parte come al solito sarebbe andata in medicine per la figlia del locandiere, la sorella più piccola di Chloé.
Aveva anche promesso a Lila che sarebbe andato in orfanotrofio a trovare Juleka. Doveva trovare il tempo.
Si versò altro vino nel bicchiere e lo mandò giù in un sorso solo.
Marinette era ancora nella sua stanza? Non aveva proprio intenzione di uscire da li e farsi guardare un po'?
Dio, stava perdendo la pazienza. Perché doveva fare così la difficile? Era vero, era andato con altre donne, ma perché non poteva avere lei. Non poteva prendersela tanto.
Bevve ancora.
Ti diverte, fingere che le tue bugie non abbiano ripercussioni sulla gente e su di te, te le porti a letto e poi te ne vai come se non fosse niente, come se non ti riguardasse.
Quelle parole gli risuonavano ancora nella mente e più beveva più rimbombavano prepotenti e facevano crescere in lui la rabbia.
Che ne sapeva lei di lui? Che ne sapeva lei delle porte chiuse in faccia e dei "no"? Nessuno le aveva mai detto di no. Nessuno l'aveva lasciata marcire in un angolo della strada a pregare di morire il prima possibile.
Non aveva vuoti da colmare, non aveva sentimenti da sfogare, non aveva pensieri da seppellite o dolori da guarire. Non poteva giudicarlo. Non aveva alcun diritto di dirgli che fingeva che le sue bugie non avevano ripercussioni su di lui e sugli altri. Lo sapeva molto bene e non fingeva il contrario, ma ormai era un circolo vizioso. Per stare bene doveva solo continuare a mentirsi ancora. Sapeva che quelle donne non avrebbero sostituito un vero amore, ma glielo avevano fatto dimenticare. Finché poi non era arrivata lei. E allora cosa avrebbe dovuto fare? Abbandonare totalmente la sua vita per una donna che neanche lo guardava?
Ma poi lo aveva guardato. Poi gli aveva parlato. Poi lo aveva baciato.
Poi, poi, poi.
Finì l'ennesimo bicchiere.
«ChatNoir, falla finita di bere.» L'amico si avvicinò a lui e gli levò la bottiglia di vino con il bicchiere di nuovo pieno. Voleva ribattere ma gli era rimasta abbastanza lucidità da capire che aveva ragione lui. Doveva mantenersi sveglio e abbastanza cosciente se mai ci fossero state complicazioni. Oggi al mercato avevano visto un gran via vai di guardie reali, ma tra il popolo non si vociferava ancora nulla. Forse non volevano far entrare Parigi nel panico.
«Vado a chiamare la principessa.» Disse Alya prima di abbandonare la stanza.
«Mi dici che ti prende? Non hai mai bevuto durante un lavoro.» Lo rimproverò Nino. Ultimamente accadeva spesso.
Non ebbe il tempo di rispondergli perché, mentre cercava le parole adatte, nella sala da pranzo entrarono le due donne.
«Ora mangio e mi riprendo.» Disse per rassicurarlo.
Alya portò le pietanze a tavola e lui riuscì a vedere la principessa sorriderle per ringraziarla.
Era così dannatamente bella.
Ma era diversa, non sembrava più la stessa, sembrava rassegnata, avvilita, la pelle meno radiosa come se la mancanza di felicità l'avesse spenta.
Ma che problemi aveva? Come poteva far stare così una creatura meravigliosa come lei?
Perché non lo guardava?
La vedeva, li seduta, con il suo cuore tra le mani.
Rimembrò i giorni in cui si ripeteva che gli sarebbe passata, che bastava non vederla più, ma più andava avanti e più si accorgeva che non passava mai e che vederla solo una volta alla settimana non bastava. A causa sua aveva davvero toccato il fondo, mai come in quei giorni aveva cercato compagnia.
Quando voleva solo essere guardato da lei, quando era solo una leggera sbronza che credeva sarebbe finita, invece era solo aumentata, come la voglia che aveva adesso di sbatterla al muro e baciarla.
Si sentiva uno schifo. Dentro di lui urlava chiedendo un perdono che probabilmente lei non gli avrebbe concesso.
Marinette si sentì osservata e cedette guardandolo, anche se solo per una frazione di secondo.
Dio, lo faceva impazzire. Non gli era capitato mai con nessuna.
Litigare così come con lei, non aveva senso con le altre, ma lei lo aveva veramente fatto uscire fuori di testa.
Eppure voleva lei. Solo lei.
E non avrebbe permesso che passassero i loro unici giorni, in cui potevano fingere un "per sempre", in quel modo. Non sarebbero arrivati direttamente al "mai più" in così poco tempo.
Non si erano neanche detti effettivamente un "ti amo". Lei lo amava?
Anche se erano così diversi, anche se la sua pelle di seta era in contrasto con la sua che, come un'armatura, l'aveva protetto dalla vita.
Pregava di essere guardato. Se lei lo guardava, anche solo un'altra volta, significava che l'amore lo stava guardando e allora non si sarebbe fatto trovare ceco. L'avrebbe di nuovo fatta sua.
«È delizioso Alya, davvero.» Si congratulò Marinette.
«Mi ha aiutato lui.» Indicò sorridente il moro.
«Ma che dici? Ti ho solo tagliato le patate.»
Nino sembrava...in imbarazzo. Si era forse preso una cotta per la dama di Compagnia?
«Comunque complimenti.» Sorrise ancora.
Maledizione se era bella.
«Tu che dici, Chat?» L'amico si rivolse a lui.
«Buonissimo, sul serio. È un peccato che non possiate cucinare per sempre per noi.» Finse un sorriso, ma pensava davvero quelle cose e Alya lo percepì e lo ringraziò per il complimento.
Adrien si alzò dalla sedia e iniziò a sparecchiare la tavola.
«Ci penso io.» Si alzò veloce la dama castana.
«Hai già cucinato, davvero, non vi abbiamo presa per farci da serva.» le sorrise gentile invitandola a rimanere seduta.
Quando arrivò al fianco di Marinette, e si chinò per prenderle il piatto, fece in modo sfiorarle il braccio con la mano. Lei non si ritrasse, anzi, sospirò come se lo desiderasse quel contatto.
«Posso prenderla, mia signora?» le indicò la forchetta che teneva ancora in mano. La osservò diventare rossa ed annuire.
Perché qualsiasi cosa dicesse sembrava farlo con malizia?
Il biondo, soddisfatto della reazione, portò la mano su quella di lei e, accarezzandole le dita arrivò ad afferrare l'oggetto.
«Dovreste lasciarla, però.»
Era arrivata al limite e, invece di lasciare la posata, si alzò in piedi facendo strusciare la sedia dietro di sé, si voltò verso il giovane che aveva ritirato la mano dall'oggetto, nell'attimo di quello scatto, e la posò sul piatto che teneva in mano prima di andarsene di li.
Adrien era divertito. Sapeva di poter ancora aggiustate le cose. Questa era stata la prova. Lei lo voleva ancora.
Si diresse in cucina, lavò i piatti e li rimise al loro posto. Nella credenza aveva nascosto una piccola scatola contenente qualcosa che aveva comprato per la sua principessa. La prese e controllò di essere rimasto solo con lei per potergliela portare.
«Dove sono la tua dama e...»
«Sono andati a passeggiare.» Lo interruppe.
«Potete levare quel libro?» Le si posizionò davanti.
«Abbiamo forse altro da dirci?» Lo sfidò guardandolo dalla poltrona su cui sedeva.
«Si, io ho altro da dirvi.» Le sfilò il libro dalle mani e glielo posò sul davanzale della finestra. La vide sbuffare.
Prese coraggio.
«Avete ragione. Sono un idiota che cerca di fare finta che gli vada bene sostituire l'amore con il sesso, ma non ricordo nemmeno più da quanto sia così. Vi chiedo scusa ma ora voglio parlarvi di me.» Le porse la scatola decorata e lei, incerta e diffidente, la prese, l'apri e spalancò la bocca sorpresa. Quelli erano i macarons della sua pasticceria preferita. Ma lui come...
Lo guardò con stupore e lui le sorrise dolcemente.
«Vi ho detto quanto vi ho osservata.» Si mise seduto a terra, davanti alla donna.
«Li avete comprati questo pomeriggio per me?»Chiese cercando di nascondere il sorriso.
«Si, poi tra la lite e altro non sono riuscito a darveli.»
«Vi ringrazio. È un pensiero davvero gentile. Ma non mi comprerete con dei dolci.» Disse seriamente.
«Lo so, principessa. Dovete ascoltarmi. Vi prego.»
Marinette annuì dopo averlo guardato negli occhi. Sembrava sincero.
«Sono una pessima persona, sono tutto ciò che vostro padre, il re, vuole espellere dal paese. Mi ubriaco, vado a donne e a volte ho fatto uso di oppio. Sono un ladro, se è per salvarmi la pelle uccido. Ma non sono un bugiardo, non ho mai ingannato una donna, tutte sanno cosa voglio da loro e sta bene ad ognuna. Le due di cui hai sentito parlare sono Lila e Chloé, la prima lavora in una bettola ed è la governante delle prostitute, gestisce le camere e i clienti, in realtà siamo molto amici, la conosco da tempo e aiuto l'orfanotrofio in cui è tenuta la sorella minore.»
«Adrien...»
«No, fammi finire. La seconda è la figlia di un locandiere che mi ospita da quando ero un moccioso, in cambio rubavo medicine per la figlia piccola che era malata, lo è tutt'ora. Lui mi ha salvato da in mezzo alla strada, mi ha dato un tetto quando nessuno poteva o voleva farlo. Chloé può risultare insopportabile e a volte lo è davvero, ma con me riesce ad aprirsi e ad essere se stessa e non è male, riesce anche ad essere simpatica. Purtroppo è cresciuta nell'ombra della madre. Comunque prima di andare a letto con loro io...sono stato innamorato.» Si fermò di sua volontà. Prese un respiro profondo.
«Se non volete parlarne non è un problema, ma non capisco come potete farvi perdonare raccontandomi delle vostre altre donne.» Disse stizzita.
«Non vi sto raccontando di loro per farmi perdonare. Voglio solo raccontavi di me.» Spiegò.
Marinette era in realtà rimasta molto colpita dal racconto del giovane. La sua storia lo interessava davvero, quindi aspettò che continuasse.
«Era una prostituta. Era da poco nel mestiere. Mi ricordo che quando la vidi per la prima volta pensai che sarebbe stato bello perdere la mia innocenza di ragazzo con lei, così andai a rubare e tornai indietro con i soldi per poterla avere. Lei mi prese in giro perché ero molto impacciato, il problema era che mi piaceva e non volevo fare una pessima figura. Inutile dire che andò uno schifo. I giorni seguenti andavo a rubare per pagare il suo tempo, ma parlavamo, parlavamo un sacco di tutto.» Sorrise a quei ricordi. Da quanto non ne parlava così ad alta voce? Forse non lo aveva mai fatto. No, non aveva mai parlato di lei.
«Mi innamorai. Più parlavamo e più mi innamoravo. Anche lei diceva di amarmi e sono sicuro fosse vero, non sapeva mentire. Abbiamo fatto l'amore, davvero, lo abbiamo fatto sincero e sta volta non c'era stato impaccio o pressioni di alcun tipo. Solo che più passava il tempo e più la paura di essere beccati cresceva e cresceva la mia gelosia. Andare via e vedere la faccia del prossimo che l'avrebbe avuta...oppure andare da lei e dover aspettare il mio turno. Ma più di tutto temevo per la sua vita, una prostituta non può innamorarsi. Così decisi di lasciarla, lei mi pregò di restare, finimmo con il litigare e io...» Gli tremò la voce e abbassò la testa. Era così difficile parlarne.
Sentì una carezza sulla guancia e tornò a guardare Marinette. La sua Marinette. Riprese coraggio per continuare.
«Io mosso da una ceca gelosia la presi, senza amore, dicendole se...se era meglio ora che...ero come tutti gli altri. Non la baciai nemmeno quella volta. Mentre mi allontanavo, con ancora la rabbia nel petto, sentii un grido. Aveva urlato il mio nome e io non sapevo cosa fare, ero paralizzato dalla paura ma poi, al diavolo, corsi da lei ma era troppo tardi. L'avevano uccisa. Io riuscii a scappare.»
«Adrien...io...» Le lacrime le rigavano le guance ma non facevano rumore.
«Io non volevo più amare, avevo paura Marinette, avevo il terrore. Tutti quelli che amavo mi venivano portati via, in un modo o nell'altro. I miei genitori, mia sorella minore, lei...ed è per questo che ho iniziato ad annegare i dolori nell'alcool e a nascondere il mio cuore nei letti altrui. Faceva meno male, anche se a volte mi immaginavo di essere amato da quelle donne, poi lasciarle non era così doloroso.» Si inginocchiò ai suoi piedi e le prese il volto tra le mani per avvicinarlo al suo e farsi guardare.
«Poi siete arrivata voi, come un fulmine mandato da Dio, mi avete rapito il cuore e io per colmare il vuoto ho iniziato a cercare sempre più piaceri, non volevo amare ancora. Ma ora sono qui e non ha funzionato nulla perché...vi amo. Dico davvero, io vi amo.» Appena finita la frase si fiondò sulle sue labbra e iniziò a baciarla con urgenza.

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