17 Come neve al fuoco

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Marinette si divincolò da quella presa e si alzò dalla poltrona.
«Adrien...ti ringrazio per avermi fatta entrare così nella tua vita, per esserti aperto a me e avermi raccontato la verità.»
Il biondo si alzò da terra e la guardò cercando di capire se ci sarebbe stato un "ma" ad attenderlo con un pugnale.
La donna posò la scatola di dolci sul divano e si avvicinò ad Adrien, senza dire nulla lo abbracciò forte, stringendogli le braccia al collo.
«Mi dispiace per tutto quello che hai dovuto subire da questa vita.» Sussurrò tra i suoi biondi capelli.
«Vorrei levarmi la maschera, in tutti i sensi, con voi, principessa.» La strinse anche lui cingendola per la vita.
«Non ho mai saputo cosa sia veramente l'amore, ma se dovessi decidere ora, direi che sicuramente è ciò che sto provando adesso.» Si rilassò ancora di più tra le sue forti braccia.
«Dite sul serio?» Non poteva crederci. Lo aveva forse perdonato?
«Ti amo, Adrien.» Sospirò poggiando la testa sulla sua guancia.
Al ragazzo sembrò esplodere il cuore.
Non aveva mai provato tanta gioia in tutta la sua vita. La strinse maggiormente.
«Così mi soffochi.» Scherzò la principessa.
«E questo non è niente!» La lasciò andare per riprenderle il viso tra le mani e iniziarla a baciare veloce in qualsiasi parte del volto.
Lei scoppiò a ridere e lui si sentì il volto dipinto di gioia.
«Fermo, fermo.» Riuscì a bloccarlo e a guardarlo negli occhi. «Basta con le altre donne. Promettimelo. »
«Ma che me ne faccio di loro se ho la donna che ha fatto invidia a Notre Dame?» Scherzò su quella stupida diceria e nel farlo la sollevò prendendola in braccio.
«Sei pazzo?! Mettimi giù!» Rise di nuovo con tutto il cuore.
Fece come gli era stato detto e Marinette si rimise a sedere mentre continuava a ridere con la mano sul petto.
Aveva mai riso davvero fino a quel momento?
Ora che provava tutta questa gioia si chiese se nella sua vita fosse stata mai veramente felice o se solo questa volta era vera contentezza.
«Cosa leggete?» Riprese il libro da dove lo aveva lasciato e glielo riporse.
«È un libro che ho trovato qui.» Se lo rigirò tra le mani prima di lasciarselo sulle ginocchia e dedicarsi ai suoi amati maccarons.
«Chi vi ha insegnato a leggere?» Chiese al giovane che si era seduto sul bracciolo della sua poltrona.
«Prima mia madre, poi ho continuato a fare pratica per fatti miei, ma mi ha aiutato molto anche la moglie del locandiere.» Le rubò un dolce dalla scatola.
«Com'erano i tuoi?» Aveva timore di essere troppo invadente ma voleva conoscere tutto di lui.
«Mia madre era una donna molto...in realtà non ho molti ricordi. Immagino fosse come dovrebbe essere una madre. Di mio padre ricordo il perenne muso lungo e le grida.» Non perse il suo volto rilassato, quasi come se non si stesse parlando dei suoi genitori e della sua famiglia.
«Quanti anni avevi quando...»
«Undici anni, Rose ne aveva cinque. Un giorno semplicemente non sono rientrati a casa, non ho più avuto loro notizie.» Alzò le spalle.
«Ma è...terribile.» sussurrò con sguardo malinconico.
«In realtà sono cose che capitano, sai incidenti sul lavoro, persone cattive, basta finire nel posto sbagliato al momento sbagliato. Quando ho provato a cercarli un signore mi ha perfino detto di aver visto mio padre a terra e mia madre salire scortata su una carrozza, ma non l'ho preso seriamente, questo è famoso per le storie che racconta sotto l'effetto dell'oppio.» Fece un risolino divertito.
«Come fai ad essere così tranquillo parlandone?»
«Cosa dovrei fare? Sono passati nove anni. Se sono morti ora saranno corpi putrefatti, se sono vivi tanto peggio, non hanno avuto nemmeno la decenza di ricordarsi di avere due figli.» Mangiò un altro dolce.
«Tua sorella?» Aveva ancora più paura a chiedergli di lei, aveva notato come invece si intristisse a nominarla.
«Lei era dolce, gentile e premurosa. Rideva spesso, ma non passavo molto tempo con lei, dovevo pensare a mettere cibo in tavola e a non farci levare la casa. Poi quando si ammalò...ho solo lavorato di più per cercare di comprarle ciò che le serviva, ma non è bastato e ora penso che avrei dovuto passare più tempo con lei. Era sempre sola in casa.»
Marinette lo vide stringere i pugni e abbassare lo sguardo, così portò le sue mani su quelle di lui per accarezzargliele e fargli allentare la stretta.
«Hai fatto il possibile, sei stato un bravo fratello.» Lo guardò dolcemente.
Adrien non voleva tutta quella pesantezza, era contento di essere riuscito a parlare con lei, di essersi sfogato e liberato dai pesi della sua vita, ma non voleva più essere triste. Lei era lì, bella da impazzire e sua.
Le prese il libro dal grembo e iniziò a sfogliarlo.
«Il Giusto stava eretto sui solidi fianchi:
Un raggio gl'indorava la spalla; cominciai
A sudare: "Vuoi vedere risplendere i bolidi?
E ascoltare, in piedi , come ronza il flusso
Degli astri lattei, e gli sciami d'asteroidi?
"La tua fronte è spiata dalle farse notturne,
O Giusto! Devi trovarti un tetto. Di' la tua preghiera,
La bocca nel tuo lenzuolo dolcemente espiato;
E se qualche sperduto busserà al tuo ostiario,
Fratello, vai altrove, io sono storpio!" E il Giusto restava in piedi, nello spavento
Bluastro d'erba dopo la morte del sole:
"Dunque, vorresti vendere le tue ginocchiere,
O Vecchio? Pellegrino sacro! Bardo d'Armor!
Piagnone degli Ulivi! Mano che la pietà inguanta!
"Barba della famiglia e pugno della città,
Credente molto dolce: o cuore caduto nei calici,
Maestà e virtù, amore e cecità,
Giusto! Più sciocco e disgustoso di una cagna!
Io sono colui che soffre e che si è ribellato!
"E mi fa piangere sul mio ventre, o stupido,
E ridere, la famosa speranza del tuo perdono!
Sono maledetto, lo sai! Sono ubriaco, pazzo, livido,
Quello che vuoi! Ma vatti a nascondere, va' dunque,
Giusto! Non voglio niente dal tuo torpido cervello.
"Insomma, tu sei il Giusto, il Giusto! Basta!
È vero che la tua tenerezza e la tua ragione serena
Sbuffano nella notte come cetacei!
Che ti fai proscrivere, e snoccioli lamenti
Su spaventose maniglie fracassate!
"E saresti tu l'occhio di Dio! Vigliacco! Anche se le piante
Fredde dei piedi divini passassero sul mio collo,
Tu saresti un vigliacco! Oh fronte che brulica di pidocchi!
Socrate e Gesù, Santi e Giusti, che schifo!
Onore al sommo Maledetto nelle notti sanguinanti!"
Questo avevo urlato sulla terra, e la notte
Calma e bianca occupava i cieli durante la mia febbre.
Rialzai la fronte: il fantasma era fuggito,
Portandosi via l'ironia atroce del mio labbro...
Venti notturni, venite dal Maledetto! Parlategli!
Mentre, silenzioso sotto i pilastri
D'azzurro, prolungando le comete e i nodi
Dell'universo, enorme rivolgimento senza disastri,
L'ordine, che eterno veglia, rema nei cieli luminosi,
E dalla sua draga in fiamme lascia filare gli astri!
Ah! che se ne vada, lui, la gola incravattata
Di vergogna, ruminando sempre la mia noia,
Dolce come lo zucchero sui denti cariati.
Simile alla cagna che dopo l'assalto dei fieri maschietti
Si lecca il fianco da cui pende un budello strappato.
Proclami pure la sua sudicia carità e il progresso...
- Odio tutti quegli occhi da cinesi panciuti,
E chi canta: nanna, come un mucchio di bambini
Vicini alla morte, dolci idioti dalle improvvise canzoni:
O giusti, noi cacheremo nei vostri ventri d'argilla.» Lesse ad alta voce.
«Rimbaud.» Disse la donna, rapita per la scelta inusuale di quella poesia.
«Giovane, ma tremendamente disincantato.» Spiegò.
«Come te...» Si ritrovò a sussurrare involontariamente.
Adrien fu scosso da quel pensiero, chiuse di nuovo il libro e avvicinò il volto a quello imbarazzato di lei.
«Prima di conoscervi, madame.»
Si baciarono di nuovo, sta volta più dolcemente.
«Fatemi vedere se riesco ad indovinare la vostra poesia.» Si tirò di nuovo su con la schiena e riprese a sfogliare le pagine ruvide.
«Non ci riuscirete mai.» Lo canzonò sorridendo.
Sfogliò diverse poesie prima di trovare quella giusta per la sua dama.
«O pallida Ofelia! bella come la neve!
Tu moristi bambina, rapita da un fiume!
- I venti piombati dai grandi monti di Norvegia
Ti avevano parlato dell'aspra libertà;
E un soffio, torcendoti la gran capigliatura,
Al tuo animo sognante portava strani fruscii;
Il tuo cuore ascoltava il canto della Natura
Nei gemiti dell'albero e nei sospiri della notte;
L'urlo dei mari folli, immenso rantolo,
Frantumava il tuo seno fanciullo, troppo dolce e umano;
E un mattino d'aprile, un bel cavaliere pallido,
Un povero pazzo, si sedette muto ai tuoi ginocchi.
Cielo! Amore! Libertà! Quale sogno, o povera Folle!
Ti scioglievi per lui come la neve al fuoco:
Le tue grandi visioni ti strozzavan le parole
E il terribile Infinito sconvolse il tuo sguardo azzurro.»
Marinette prese il libro dalle mani di Adrien e lo adagiò sul tavolino in legno dinanzi a loro, insieme ai pochi maccarons rimasti, tornò a guardarlo e accarezzandolo sia con gli occhi che con le mani tremanti, lo baciò inesorabilmente innamorata. Lentamente, dolcemente, come le onde calme su una riva bianca e deserta.
Adrien chiuse gli occhi e si chinò di più su di lei, poggiò i palmi delle mani sull'altro bracciolo per reggersi e tenerla prigioniera sotto il suo copro.
Si lasciò baciare.
«Come neve al fuoco.» Sussurrò il giovane faticando a respirare.

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