27 Amare veramente

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Non aveva permesso a nessuno di addormentarsi, Marc e Max erano insonnoliti sulle sedie in legno, Kim e Nathaniel, che dovevano andare via, erano rimasti per ascoltare ciò che ChatNoir aveva da dire.
<< Riporteremo al castello la principessa e Alya.>> Disse poggiando i palmi delle mani sul tavolo.
<< Cosa? E perché?>> Chiese stupito e confuso Marc, o meglio, Reverser, in questi casi.
<< Perché non possiamo permetterci di stare con le mani in mano. È di intralcio.>> Pregò che Marinette non avesse sentito mentre era nella camera con Alya. Sarebbe stata solo una cattiveria in più da sopportare e poi dall'uomo a cui aveva affidato la sua purezza.
Dio se si odiava.
<< Non è andata bene all'orfanotrofio oggi, vero?>> Chiese Kim, ricordando la quasi conversazione della cena.
<< No, per niente. Non possiamo fermarci.>> Disse risoluto Adrien.
<< Hai ragione. Dobbiamo farlo il prima possibile allora.>> Annuì Max.
<< Le metteremo su un cavallo e le lasceremo libere di andare?>> Chiese Nathaniel.
<< E se dicessero del nostro covo?>> Chiese Max.
<< La principessa quando l'abbiamo portata qui non ha visto la strada, era impaurita, le lasceremo sulla strada principale e benderemo i loro occhi per uscire da qui e poi Alya non ci tradirebbe mai.>>
Si ricordò di quella notte, lei stretta a lui per la paura della velocità del cavallo.
<< Ora riposiamoci. Domani mattina prepareremo tutto.>> Si allontanò dal tavolo per andarsi a sedere sulla poltrona vicino alla finestra. Dove le aveva dato i maccarons. Sospirò.
Ripensò al rumore dei suoi passi sull'erba, dei suoi piedi scalzi nella camera da letto, dei tacchetti sul pavimento della sala e sui sanpietrini della via del mercato. Non li avrebbe più sentiti. Strano come una cosa così banale sarebbe arrivata a mancargli. Infondo chi ci presta mai attenzione al rumore dei passi? Ma alla fine lui non aveva mai neanche prestato attenzione a quello che gli diceva la gente, troppo preso a vagare nel suo eterno girotondo di alcol e donne e scontri armati. Era abituato agli alti e bassi. Saliva e scendeva come niente.
Già. Scendeva come neve dal cielo dei suoi occhi blu. Occhi che non avrebbe più guardato.
Cos'erano loro ormai? Anime perse che contavano le ore che mancavano alla loro separazione, ma tanto il tempo faceva come voleva. A volte sembrava durare in eterno, altre volte volava via senza dare la possibilità di afferrarlo davvero. Come in quella settimana.
Non gli rimaneva altro che lucidare la sua corazza e tornare a ripararsi dal freddo mentre la sentiva piangere lacrime così salate che sarebbero state in grado di cicatrizzargli le ferite.
Chissà se si sentiva anche lei strangolata dai ricordi in quella stanza. Come sarebbe stato per lei dormirci sola? Girarsi tra quelle lenzuola in cui lui era solito spogliarla. E, Cristo, se l'avrebbe fatto ancora. Si sentiva divorare lo stomaco dall'assurda voglia di averla tra le sue braccia e riavere la sua pelle morbida coricata su di sé che lo sfiorava, le labbra divenute rosse per i baci infuocati, la bocca sul suo collo. Faceva caldo come ad agosto.
Anche la luna sembrava più spenta.
Chiuse gli occhi e vide i suoi. Li riaprì immediatamente. Non era giusto.
Voleva essere cullato ancora in quel mare dolce prima di perderla.
In quel momento, realizzando di averla persa davvero, giurò amore eterno al suo sorriso.
Forse il punto era l'andare oltre l'amore. Si amavano, ma non si appartenevano e per questo avrebbero sofferto una vita intera.
Dove potevano appartenersi senza andare lontano? Quale parte del corpo di una donna avrebbe potuto sfiorare senza ricordarla?
Si era fatto avvolgere dall'odore della sua pelle in quelle notti dove sentiva di essere amato, si era lasciato guardare negli occhi per essere riconosciuto in mezzo a mille, solo per mostrarsi vulnerabile e farle capire che si affidava a lei.
I primi tempi, quando aveva voglia di incontrarla anche solo per sbaglio, si perdeva tra le bancarelle, ma la trovava sempre, come fossero destinati, ora lei sarebbe voluta andare via da lui e Adrien non avrebbe potuto far altro se non accontentarla e chiudere quella dannata porta.
Era straziante saperla persa nel dolore, chiusa in quella stanza, e non poterla andare a cercare per riportarla nel loro piccolo mondo felice.
Poteva davvero esistere un momento, un posto, nel mondo in cui non avrebbe provato amore per lei?
Folle, folle amore. Improvviso, indesiderato e troppo surreale.
Si era detto spesso che Parigi li voleva insieme, quindi dove sarebbero potuti scappare per lasciarsi andare davvero? Rimanere entrambi lì significava doversi rivedere, in un modo o nell'altro.
Le aveva lasciato le mani, l'aveva allontanata da se, aveva intenzione di dimenticarsi il suo tocco sulla pelle e i suoi occhi su di lui, ma sarebbe servito a scordarsi il domani che aveva sperato? Non l'avrebbe più guardata se fosse stato necessario, sarebbe andato in giro con una benda sugli occhi per non doverla più vedere, i suoi occhi, come le sue mani, l'avrebbero persa.
L'avrebbe dimenticata così? Magari dopo anni di cecità si sarebbe dimenticato il suo volto.
Chiuse gli occhi, tenne la testa bassa.
Pazzo amore, non c'era modo per farlo smettere, come non c'era il sole nell'ombra notturna.

~•~•~•~•~•~•~

Quello che diceva alla sua dama non era quello che il suo cuore, in verità, stava gridando.
Si sentiva come una città quando piove, l'atmosfera malinconica sembrava darle una nuova dimensione, sentimenti diversi e angoscianti. Nuove sensazioni e riflessioni le vorticavano per la mente.
La loro storia non poteva essere ripercorsa a ritroso, non era un qualcosa che si sarebbe ripetuto, quello era il loro "solo una volta nella vita" e lo stavano perdendo.
Alya le raccontava spesso di storie d'amore che seguivano quella filosofia e lei ne era sempre rimasta incantata.
Le loro mani che si sfioravano...era la loro sola volta?
Lui ormai era nella sua vita, ne era più che convinta, non se ne sarebbe mai andato, forse non sarebbero stati insieme perché avevano perso quell'occasione, ma lui sarebbe rimasto per sempre con lei. Come un nuovo colore nei suoi giorni.

In ogni istante avrebbe pensato a lui, qualsiasi cosa avesse mai fatto, qualsiasi posto avesse mai visto, lei avrebbe avuto lui vicino, in ogni "adesso". Nelle giornate di noia e di malinconia lui sarebbe stato la sua scappatoia.
Lui era stato come un fulmine, un lampo, tra le sue emozioni e i suoi complessi, il suo sguardo era stato una carezza, di quelle che mai aveva potuto avere, di quelle che portavano pace.
Però tutto era andato veloce e, mentre lei ora gli apparteneva per sempre, lui non gli era mai appartenuto davvero. Adrien le aveva solo insegnato come accendere il cuore e che anche lei poteva amare veramente, che poteva spostare l'attenzione dai suoi obblighi di reale su di lui e sul bene che voleva e che le dava. Anche i suoi "perché" erano poesia eterna, i suoi dubbi da bambino e quelli più complessi da persona cresciuta troppo in fretta.
Avrebbe sposato le sue mani, se avesse potuto averle su di sé per sempre.
Era stato l'unico a riuscire ad andare oltre il muro di silenzi che si era costruita, in così poco tempo, le aveva dato serenità e la prospettiva di una libertà troppo agoniata.
Credeva di aver capito, credeva che ora ai suoi occhi tutto sarebbe stato più chiaro, se lui la guardava sempre come sapeva guardarla solo lui, sapeva che non sarebbe stato impossibile amare veramente.
Stolta, lei si era illusa che anche lui sapesse amare, e l'aveva fatto arrivare dove nessun altro era mai stato, dove nessuno più sarebbe arrivato.
<< Marinette, basta piangere, ti prego. Mi si spezza il cuore.>>
Sentì la voce dolce della sua amica accompagnare una delicata e confortante carezza sulla schiena.

Era sdraiata sul letto con la pancia rivolta verso il basso e il volto premuto sul cuscino per nascondere le lacrime silenziose che non riusciva a trattenere.
<< È difficile realizzare che da domani lui non ci sarà più.>> Sussurrò la principessa. << Anche questa sera, aveva l'aria assente, come se non volesse vedermi, come se facesse finta che io fossi trasparente.>>
<< Forse faceva male anche a lui dirvi quelle cose.>> Cercò una spiegazione razionale.
<< Vorrei andare via, vorrei nascondermi e non pensare a quanto io sia stata sciocca e ingenua. Mi vergogno così tanto, Alya.>> Il suo sguardo era vuoto, la sua voce era atona. Alya non credeva di averla mai vista in quelle condizioni.
<< Non devi vergognarti tu, ti sei solo fidata, certo magari non avresti dovuto darti a lui con così tanta leggerezza, ma...>>
<< Sono come una delle sue amanti.>> La interruppe.
<< Cosa? No. Non intendevo questo. Non credo che alle altre riservi lo stesso trattamento. Sicuramente tu sei stata speciale e...>> Era davvero in difficoltà.
<< Così speciale da essere stata tradita alla prima occasione.>> La bloccò nuovamente.
Voleva nascondersi, ma restava immobile. Avrebbe voluto insultarlo, ma era rimasta in silenzio, era stata solo in grado di dargli un ceffone sulla guancia.

<< Prima o poi riuscirai a dimenticarlo, ad allontanare la sua immagine dalla mente e, magari, sarà proprio grazie alla devozione del principe Luka.>> Cercò di cambiare argomento Alya, per darle maggior conforto e speranza.
<< Riuscirei a vivere solo pensando che non fosse amore, ma io lo so che è amore e non potrebbe essere altrimenti.>> Strinse le lenzuola in un pugno.
<< Sopravvivrai. Tutti all'inizio credono di non riuscirci, ma il tempo aiuta a lenire le ferite e a dimenticare. Devi solo avere pazienza.>> Le accarezzò la folta chioma mora lasciata libera.
<< Neanche avendo sgamato le sue bugie mi sono stancata di sentirlo parlare d'amore.>> confessò Marinette.
Aveva raccontato tutto, aveva vuotato il sacco su ogni cosa accaduta in quell'assurda settimana e Alya l'aveva ascoltata come un'amica e sgridata come una madre apprensiva, ma ora la consolava come meglio poteva. L'aveva capita.
Aveva capito anche la sua assurda voglia di gridargli di non andarsene, di non lasciarla, anche se sentiva di detestare quella parte irrazionale.
Doveva imparare a vivere come se non fosse amore.

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