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Marinette tornò davanti a lui, a dividerli solo pochi passi, lo guardò curiosa e gli sorrise timida.
«Qualcosa non va?» Si interessò.
«Stavo pensando.» Rispose tornando a sorriderle.
«A cosa?»
Lui azzerò le distanze e le prese le mani, le sorrise dolce e gioioso.
«Sposiamoci.» Gli occhi brillarono da fare invidia allo smeraldo sulla corona della regina.
Marinette sgranò gli occhi.
«Ma...ma cosa...m...» Iniziò a balbettare.
Il ragazzo rise ancora e la prese tra le sue braccia, alzandola da terra e girando su se stesso.
«Si, sposiamoci e andiamo via di qui. Scappiamo. Solo io e te, madame.» Si fermò, ma non la rimise a terra. La guardava speranzoso.
«Io non so che dire.» La sua faccia era una maschera impassibile. Forse per via delle sorpresa.
«Di sì, dimmi di sì. Niente più sbarre di una gabbia d'oro, niente più principi scelti da vostro padre, niente più furti o vicoli luridi di Parigi. Una nuova vita solo per noi.»
La rimise a terra, ma non levò le sue braccia dal suo busto, ne gli occhi dai suoi che, però, sembravano volergli sfuggire.
«Che ne è stato dei discorsi di ieri notte?» Chiese lei.
«Non voglio più riportarti in quel palazzo. Non voglio che nessun altro ti guardi o ti accarezzi come faccio io. Non ho mai voluto riportarti indietro.» Le ricordò la conversazione a cui si riferiva lei.
«Dammi del tempo per pensare.» Annuì cercando di sembrare risoluta e non spaventata com'era.
Pensò che effettivamente le doveva del tempo. Era una scelta difficile per lei. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe lasciato la sua famiglia e il suo dovere per seguire il cuore o lo avrebbe messo da parte?
Non voleva dare troppo peso a quella situazione di stallo. Sapeva di essere stato troppo avventato, anche se era veramente ciò che voleva, sapeva che entrambi, lei più di lui, avevano da perdere. Voleva solo farle sapere che esisteva un'altra via, oltre quella che le era stata stesa davanti come un tappeto di velluto rosso, ci voleva solo più coraggio e una dose di follia.
Si accorse del tremore che la scuoteva lieve.
«Andiamo dentro a scaldarci.» La prese in braccio a mo' di principessa ed entrò in casa.
Lei si era accoccolata al suo petto, la testa piena di domande e pensieri contrastanti su cosa avrebbe dovuto fare della sua vita.
Come poteva rinunciare alla sua realtà? Aveva dei doveri nei confronti del suo popolo e della corona. Il re aveva posto fiducia in lei per unificare due grandi potenze in un matrimonio che avrebbe aiutato economicamente tutti. Era stata cresciuta per quello.
Ma Adrien...gli attimi trascorsi con lui erano stati pochi ma intenzi e quell'amore germogliato così in fretta la stava facendo vivere per la prima volta di allegria.
Cosa avrebbe dovuto scegliere?
Perché doveva scegliere?
Sospirò affranta.
Arrivarono nella camera da letto e lei ricordò improvvisamente le lenzuola.
Adrien la fece scendere con i piedi a terra e andò a cercare se nel guardaroba c'era qualcosa per asciugare entrambi.
«Le hai cambiate te le lenzuola?» Chiese arrossendo.
«Te ne sei preoccupata presto.» la prese bonariamente in giro.
«Le ho bruciate.» Disse poi fiero di sé.
«Bruciate?»
«Il sangue non va via e, in base alla vostra scelta, principessa, dobbiamo fare sparire qualsiasi prova.» Si voltò e si avvicinò a lei, con un panno asciutto le strofinò i capelli. Marinette aveva la testa bassa ed era ancora più rossa per l'imbarazzo.
«Allora...credo...grazie.» sussurrò incerta.
«Ora levatevi i vestiti bagnati.»
Lo disse come se fosse naturale vedere una donna spogliarsi difronte a lui.
«Io...» Per lei non era affatto semplice.
«Scherzate, vero? Marinette, vi ho vista nuda...io...noi abbiamo...»
Non poteva crederci.
«Non è la stessa cosa!» Ribatté stizzita.
Adrien avvicinò con arroganza le labbra al suo orecchio.
«Vi devo spogliare io?» Sussurrò malizioso.
«Girati.» Prese le distanze con estremo imbarazzo.
«Non ci credo. Fate sul serio?» Stava cercando con tutto se stesso di trattenere le risa.
Lei si limitava a fingere uno sguardo fiero e lui capì che non avrebbe potuto vincerla quella battaglia. Infondo l'importante era solo che si mettesse qualcosa di asciutto addosso per non ammalarsi. Fece come gli era stato detto, scuotendo la testa divertito.
Mentre cercava di tenere a freno la curiosità si guardava attorno aspettando di potersi girare, rimase felicemente sorpreso nel constatare che la finestra rifletteva l'immagine di lei. Senza farsi scoprire iniziò a spiarla da lì.
Si fece scivolare la veste bianca, appiccicata al corpo e ormai trasparente, lungo il busto e le gambe, fino a farla rovinare a terra. Il ragazzo deglutì il nulla nella gola secca. Prese l'asciugamano e iniziò a tamponarsi le braccia, il collo, il petto...
No non poteva resisterle.
Velocemente si voltò e la raggiunse.
«Adrien!» Lo rimproverò mentre sentiva le sue braccia stringerle la vita da dietro.
«Non posso. Siete bellissima.» Iniziò a baciarle il collo e la spalla.
I suoi capelli bagnati persero delle gocce che si infransero sulla pelle di lei e le vide scendere sul suo seno nudo. La fece voltare verso di lui.
Lei lo guardò attentamente, i capelli d'oro erano bagnati e gli ricadevano sul volto lasciando attaccato qualche filamento. Era tremendamente bello.
«Anche tu sei...bello.» arrossì ma era troppo incantata per distogliere lo sguardo. Quando sorrise poi la fece sciogliere.
L'unica cosa che riuscì a fare fu liberare il volto da una ciocca umida caduta davanti agli occhi.
Lui non perse tempo a baciarla e a prenderla di nuovo, seduto sul bordo del letto con lei a cavalcioni.

~•~•~•~•~•~

Era una settimana che faceva fare avanti e indietro ai suoi compagni per non muoversi da lì, per non lasciarla mai sola. Si stavano insospettendo tutti, quindi sta volta sarebbe tornato in città lui.
Passavano le giornate a lanciarsi occhiatine fugaci e a cercare attimi di solitudine per potersi parlare, le notti insieme erano ancora più belle perché fingere di non appartenersi, durante il giorno, rendeva tutto più eccitante.
Parlavano di tutto e, quando non avevano parole, gli occhi raccontavano ciò che l'anima avrebbe voluto urlare al mondo.
Un amore così, i cieli di Parigi, non lo avevano mai visto.
Erano sdraiati, lei lo teneva stretto al suo petto e lui la teneva legata a sé per la vita. Le coperte li coprivano interamente, come una tenda.
«Quindi mi state dicendo che, voi, scusate la venalità, ma ricca da far paura, principessa di Francia, quando eravate piccola vi travestivate sempre allo stesso modo?» Era divertito.
«Non precisamente, ogni volta il vestito era diverso, ovviamente, ma il senso era sempre quello...» Gli spiegò.
«Una coccinella, avete detto?»
«La coccinella.» annuì.
«Sono carine le coccinelle.» Rifletté ad alta voce.
«Sono molto più che carine. Sono eleganti e portano fortuna. Mi hanno sempre messo allegria.» Sorrise.
«E al re e alla regina andava bene? Insomma la principessina sempre in fissa con un...insetto.»
«Fidati, era l'ultimo dei loro problemi. Erano altre le cose su cui avevano interesse a dettare legge.» Roteò gli occhi al cielo ricordando la sua infanzia.
«Tipo?» Chiese curioso.
«Tipo con chi potevo parlare. Mi ricordo che c'era un bambino molto vivace, era il figlio della contessa Baulein, un lontano cugino, mi faceva molto ridere, ma ai miei non divertiva il fatto che mettesse troppa allegria nei miei comportamenti. Dovevo rimanere posata ed educata.»
«Questo è molto triste.» Constatò accigliandosi.
«Poi non andava bene ridere troppo, non andava bene correre, non stava bene urlare o giocare con la servitù. Non potevo mangiare quello che volevo. Avevo la giornata sempre piena di impegni, lettura, disegno, canto, lezioni di pianoforte e ricamo. So parlare l'austriaco e l'italiano.»
«Wow...» Lo disse ma sapeva quanto fosse falso.
«Già. Non che adesso sia diverso.»
«Ma ora non siete una bambina, potete ribellarvi, no?» La guardò cercando di capire la sua vita in quella prigione d'orata.
«Cosa? Alla regina? Posso vantarmi solo di piccole vittorie, ma ci ho provato davvero in tutti i modi.»
La vide sbadigliare e si intenerì.
«Avete sonno?»
«Si, ma non voglio dormire. Domani mattina tu non ci sarai.» Sembrò intristirsi.
«Ma tornerò la sera.» La rassicurò.
«Rimani con me finché non dormirò profondamente.» Si strinse a lui.
«Veglierò su di voi, madame.» La baciò con dolcezza.
La vide chiudere gli occhi e per aiutarla le accarezzò delicatamente la schiena con i polpastrelli. Grazie a quel gesto continuo si rilassava sempre di più, fino a perdere i sensi e cadere nel sonno.
«Non fatevi mai tappare le ali, mia dolce coccinella.» Le baciò la testa prima di alzarsi e prepararsi per tornare in città.
Il suo turno di guardia era terminato.

Chat NoirWhere stories live. Discover now