47 O insieme o la morte

208 18 3
                                    

Si stava preparando per il ricevimento che i genitori avevano dato per festeggiare le imminenti nozze, il sorriso era da molto che non albergava più sul suo bel volto e il doversi sforzare, questa sera, per mostrarlo all'alta società intera non era una cosa che la entusiasmava particolarmente.
Si guardava allo specchio e faceva le prove per non sembrare così tanto plastica e finta.
I capelli erano sistemati ordinatamente in dei boccoli raccolti, il vestito rosso era pomposo ed ingombrante, con una scollatura forse troppo profonda e qualche ricamo nero. Stava solo aspettando che Alya la venisse a chiamare.
Chissà per quale motivo l'aveva fatta rimanere così a lungo nella sua stanza, poi senza nessuno intorno ad aiutarla a prepararsi. Questa cosa un po' le puzzava. Chissà cosa stava nascondendo la sua dama.
Continuava a guardarsi allo specchio e a fingere sorrisi, quando un ricordo vivido di una sensazione ormai sconosciuta al cuore, si impossessò della sua mente. L'attesa. Ecco qual'era il sentimento. L'attesa che nella sua vita accadesse qualcosa di bello, di inaspettato. Come quando passeggiava per il mercato e cercava il viso di quel qualcuno che le aveva dato appuntamento al banco dei fiori.
Sarebbe tanto voluta tornare indietro a quando c'era, a quando non si sentiva il cuore pesare così tanto, a quando non si costringeva ad amare un'altro uomo. Pensava a quanto era cambiata negli ultimi tempi.
Guardò la sua vita da fuori.
Come era cambiata lei per non morire. Come era cambiata per amore. Cosa era stata portata a fare per non soffrire più. Cosa aveva fatto per cercare di ricominciare.
Non si riconosceva nemmeno più.
Era cambiata davvero. I suoi gesti erano più pensati, ogni sua parola la pesava con cura, era rigida e fredda, la madre finalmente era fiera di lei per questo cambiamento così repentino che, a detta sua, la rendeva una sovrana migliore. Lei non si sentiva nemmeno più umana. Aveva tradito i suoi stessi sentimenti, aveva forzato l'uomo che amava ad una vita che non avrebbe mai scelto per se e tutto per il suo egoismo, perché non poteva sopportare la colpa della sua morte.
Quegli occhi verdi, se l'avessero guardata adesso, non l'avrebbero riconosciuta.
Anche l'ultimo giorno che si erano visti lui le aveva domandato chi fosse diventata. Lui si stava già accorgendo del suo cambiamento.
Sentiva freddo, ma nella stanza non tirava un filo di vento.
Si chiese se lui si stava strapazzando il cuore sopra un letto di bottiglie rotte. Magari in compagnia.
Ma forse non aveva il diritto di chiederselo, non lei che stava giocando ad innamorarsi sapendo che qualcuno comunque ci avrebbe rimesso.
Ecco com'era cambiata lei per non morire in una vita che non voleva, ecco chi era diventata per dimenticarsi un amore logorante, per non soffrire ancora e per ricominciare.
Dentro di sé si spense un'altra luce. Lo vide dallo specchio. Percepì proprio il momento esatto in cui successe.
Quante volte avevano pianto i suoi occhi? Forse ancora non abbastanza.
Quante incertezze aveva smarrito fingendosi forte?
Le mancava sentire il soffio della vita su quel letto che avevano condiviso, mentre gli toccava il cuore con le dita, senza paura per l'arrivo del giorno seguente, perché sarebbero stati ancora insieme.
Si, lei era cambiata e nessuno si era accorto che, nel cambiamento, c'era una tristezza ingombrante.
Sentì dei rumori provenire dal suo balcone e si voltò velocemente.

Mentre saliva scalando la terrazza, pensava a cosa avrebbe provato vedendola, a cosa avrebbe detto o fatto, a come sarebbe realmente finita tra di loro.
Un'infinità di volte si erano detti addio, quante altre volte avrebbero dovuto soffrire?
Pregava che la sua amata città non lo tradisse, se era davvero la capitale del romanticismo doveva dimostrarglielo sta sera. Le chiedeva solo le stelle più brillanti e la luna più vicina. Un atmosfera solo loro. Voleva che le mostrasse i brividi sulla pelle per via del venticello estivo, voleva una serenata di grilli per rendere tutto più poetico.
Arrivò e la vide già guardare nella sua direzione.
L

'aveva sentito arrivare? Non era proprio capace ad essere silenzioso.
La vide alzarsi e scuotere il capo con le mani a coprirsi la bocca per lo stupore.
Cosa ci faceva li? Perché non era già andato via? Cosa voleva ancora da lei?
<< Cosa stai facendo tu qui?>> Si avvicinò velocemente al ragazzo.
<< Non ti arrabbiare. Volevo solo parlarti, dirti cosa ne penso davvero del tuo accordo ed esporti invece le mie soluzioni.>> Le prese le mani per bloccare i suoi movimenti nervosi.
<< Se ti vede qualcuno...>>
<< Puoi stare tranquilla? Sono agitato anche io.>> Alzò gli occhi al cielo.
<< Dovevamo già esserci detti addio.>> Gli fece notare con disapprovazione.
<< Ma come faccio io a starti lontano? Devo dirti tante di quelle cose.>> Le prese il volto tra le mani e la baciò velocemente e senza che lei potesse ritrarsi.
Sapeva fosse lì per farle cambiare idea, sprizzava lo stesso entusiasmo che aveva avuto la prima volta che si era dichiarato sulla fontana di piazza della concordia.
Guardò la luna e le chiese di aiutarla a rimanere inflessibile nella sua decisione, gli chiese di offuscare le stelle e di brillare lei stessa un po' di meno. Aveva bisogno anche che Dio gli mettesse una mano in testa per farle dire di "no", tanta era la passione che leggeva nello sguardo del giovane.

La prese e la costrinse a sedersi sul letto, lei lo seguì incuriosita da tutto ciò che lui voleva dirle.
<< Prima di tutto volevo dirti che...ho incontrato mio padre, era anche lui in carcere, vicini di cella. Che storia eh? Mi ha raccontato tutto. Praticamente lui e mia madre si amavano ma lei era promessa ad un altro, un nobile, scapparono e misero su famiglia, i genitori di lei la trovarono e la portarono via, lui la cercò ovunque ma quando la trovò lei scelse di restare con il riccone, lui in un impeto di gelosia lo uccise ed ora è in carcere per questo. Assurdo, vero?>>
Marinette era rimasta spiazzata da quella storia, ma capiva perché lui avesse rischiato tanto per parlargliene, era sempre stato molto importante per lui e anche lei, al posto suo, avrebbe fatto di tutto per raccontargli una cosa simile.
<< È bellissimo che tu sia riuscito a fare luce sul tuo passato, anche se avresti sicuramente sperato di meglio, ma sono felice per te, per aver potuto parlare ancora con tuo padre. Ora però ti prego, devi andare.>> Cercò di alzarsi ma lui la rimise seduta.
<< Non ho finito.>>
<< Adrien...>>
<< Juleka è...morta.>> disse con sguardo basso cercando di non perdere l'entusiasmo di prima. Gli riuscì impossibile.
<< Mio Dio, Adrien, mi...mi dispiace.>> Si portò una mano sul petto e una sulla bocca in una smorfia di dolorosa sorpresa.
<< Ed è anche per questo che non posso lasciarti andare. Le promisi che avrei sempre lottato per la mia felicità e che avrei sempre messo l'amore prima di tutto. Lei è morta perché io ho messo prima l'amore. Non posso buttare tutto alle fiamme. Rinunciare a te sarebbe come farla morire invano e senza una promessa mantenuta.>> Si inginocchiò ai suoi piedi a testa bassa. Marinette non riusciva a trovare le parole.
<< Dicono che il tempo non abbia tempo, che se lo hai lo devi prendere prima che scappi via, che un attimo, se te lo imprimi nel cuore, può essere eterno, io non lo so se sei riuscita a farmi uscire dal tuo cuore, ma so che le emozioni che abbiamo avuto, ora, sono eterne e so che ho bisogno di te per sostenere tutto questo peso che sento dentro, perché noi quel tempo eterno ce lo siamo conquistato, rimettendoci certamente altro, ma lo abbiamo ottenuto in quel poco che abbiamo vissuto insieme e non posso andarmene di qui accettando una sconfitta, sento che ho ancora un'altra battaglia, forse l'ultima opportunità. Me la concederesti? >> Disse quasi tutto d'un fiato cercando sempre di mantenere il contatto visivo con i suoi occhi celesti e confusi.
<< Credo di non aver compreso bene...>>
Non le fece finire la frase.
<< Si che hai capito, Marinette. Non voglio stare senza di te e so che neanche tu lo vuoi, so che mi cercherai ancora e che ti chiedi, ancora, quale destino ci avrebbe mai potuto attendere e, giuro su tutto ciò che mi è rimasto da vivere, che io mi rischio tutto su questi sentimenti, non importa se vinco o perdo. Sei l'unica cosa che voglio, l'unica cosa che chiedo alla vita. Quando eri tra le mie braccia sentivo di avere così tanto che mi mancava il fiato, sentivo di sapere esattamente chi fossimo e cosa stessimo facendo, non importava quanto fosse grande il problema fuori da quella radura, eravamo io e te amore mio, senza bisogno di andare da nessun'altra parte perché eravamo insieme.>> Prese le mani della donna tra le sue e le strinse forte.
<< Secondo te come potevo andarmene da qui? Secondo te come posso andare via senza cercare di portarti con me? Come potevo accettare quella sistemazione che ci avrebbe lasciato morire entrambi senza amore?>>
Marinette si alzò allontanandosi da lui e dandogli le spalle. Si sentiva il suo sguardo bruciargli la schiena.
<< Mi stai facendo capire che non accetti le condizioni della tua liberazione.>> Sussurrò abbattuta.
<< Assolutamente no, mi fa schifo il solo fatto di averle prese in considerazione per un solo istante.>> Si avvicinò di nuovo a lei prendendole una mano tra le sue, ma senza costringerla a voltarsi.
<< Non lascerai Parigi?>> Abbassò la testa, i boccoli lasciati fuori dalla capigliatura caddero accarezzandole il collo.
<< O muoio qui, guardandoti dritta negli occhi sopra il patibolo, o resti con me.>> Disse solennemente.
<< Morirai in qualunque caso.>> Sussurrò lei a denti stretti per il nervoso che le dava la sua cocciutaggine.
<< Pazienza, almeno non morirò da codardo.>>
<< Ma nemmeno da eroe! >> Si voltò velocemente.
<< Morirò da stupido, ma guardando in volto la donna che amo.>> Le accarezzò la guancia.
<< Come faccio a convincerti?>> Chiese disperata, ma beandosi di quel tocco.
<< Non puoi. O insieme o la morte. Questa è la mia offerta.>>

Chat NoirDove le storie prendono vita. Scoprilo ora