Capitolo 5

3.3K 138 14
                                    

Il Sole splendeva alto, nel cielo sereno che dominava la città di Reggio Emilia, nel giorno che sanciva la fine della prima settimana di settembre: era ormai arrivato il sabato, quel sabato.

Nel corso della settimana la nostra conversazione era proseguita per il meglio: mi rispondeva a ogni messaggio con la sua dolcezza che definirei unica.

Non era come gli altri, Tancredi. Non pensava solo alla fama e il suo chiodo fisso non era affatto la consapevolezza di essere conosciuto e amato. Lui era ben altro. Era un vortice di sentimenti ed emozioni che soffiavano dentro il suo cuore come un uragano: quelle belle, felici, le mostrava ai suoi fan attraverso video, stories e dirette instagram. Quelle tristi, invece, le celava dietro l'imperscutabilità dei suoi occhi color smeraldo; ed erano proprio quelle che avrei fatto i salti mortali per scoprire e, magari, riuscire ad alleviare.

Dopo scuola salii sul primo autobus diretto alla stazione: alle quattordici e trenta sarei salita sul treno che mi avrebbe portata, invece, verso la realizzazione del mio sogno.

Il binario numero tre era affollato di persone di ogni età che imprecavano contro il mezzo perennemente in ritardo. Una bambina con una lunga coda di cavallo bionda si avvicinó a me: teneva le braccina incrociate dietro la schiena mentre mi scrutava con i suoi enormi occhioni azzurri da cerbiatta.

"Ciao." Le rivolsi un sorriso togliendomi le cuffiette e inginocchiandomi davanti a lei. Fece oscillare la sua piccola manina in segno di saluto prima di rispondere al mio sorriso con uno ancora più grande.

"Come ti chiami?" Le domandai. Lei abbassó lo sguardo mentre le sue guance si tinsero di un leggero rosso: "Ariel" Fece una pausa: "E tu?".
"Ariel, che bel nome! Io sono Sofia." La bimba annuì.
"La tua mamma dov'è? Ti sei persa?".
Senza nemmeno farlo apposta, come se l'avessi chiamata telepaticamente, una donna giovane e bella affiancó me e Ariel richiamando la bambina.

"Oh, Ariel! Non importunare le persone!" Disse. "Scusami." Sorrise poi rivolgendosi a me.
"Oh, non si preoccupi. Non mi crea alcun fastidio." Mi alzai gardando negli occhi della donna: erano di un azzurro perfettamente combaciante con quello di Ariel. Anche i capelli erano dello stesso colore, raccolti in una treccia laterale che lasciava scoperto il lato destro del suo viso pallido e puro colorato da un blush troppo rosa.

"Mamma, lei è Sofia." Rise divertita la bambina.
"Oh, si. Piacere, Sofia." Dissi tendendole la mano. Lei l'afferró stringendola: "Agatha, piacere mio.".

Tra una chiacchiera e l'altra, qualche battuta e tante risate, finalmente arrivó il treno tanto atteso.
"Tu dove vai?" Mi chiede Ariel allargando i suoi occhioni.
"Vado a Milano, piccolina.".
"A fare cosa?".
"A realizzare il mio sogno più grande.".
Il suo sguardo si fece confuso e incuriosito, mi scrutó attentamente facendomi spuntare un sorriso divertito.

Era così dolce quella bambina: di tanto in tanto pareva mi leggesse dentro e ciò mi metteva un po' a disagio. Ero io, solitamente, a scavare nelle persone, nessuno aveva mai perso tempo a farlo con me e il fatto che fosse proprio una bimba così piccola e inncente mi faceva esplodere il cuore.

"Come si chiama?".
"Cosa?" Domandai assumendo un'espressione confusa e sbalordita.
"Lui, il tuo sogno. Come si chiama?".

La sua domanda mi lasció a bocca aperta. Le ipotesi erano due: o quella bambina era veramente così saggia, o avevo visibilmente incisa negli occhi l'immagine di Tancredi.

"Si chiama Tancredi, vuoi vederlo?".
"Si!" Squittì gioiosa battendo le mani.

Estrassi il cellulare dalla tasca della felpa, lo sbloccai e cliccai l'icona della galleria.
"Ecco." Dissi porgendole il cellulare.
I suoi occhi si illuminarono e le sue labbra rosee e sottili si allargarono in un sorriso che emanava una dolcezza infinita.
"È bellissimo!" Commentó stupefatta senza staccare gli occhi dallo schermo. Oh si, lo è davvero tantissimo, pensai. "È il tuo fidanzato?" Mi domandó guardandomi finalmente negli occhi. Sorrisi amaramente. "No, piccolina.".

"Tesoro, noi dobbiamo scendere qui." Disse Agatha richiamando l'attenzione della figlia che sfoggió subito un'espressione triste.
"Uffa, va bene. Ciao Sofi." Mi saltó al collo stringendomi forte prima di lasciarmi un piccolo bacio sulla guancia. Ricambiai il gesto con il cuore colmo di gioia. "Ciao piccola." Sorrisi seguendola con lo sguardo finchè sparì giù dalla porta aperta tenendo la mamma per mano.

Mentre Milano era sempre più vicina, le cuffiette nelle mie orecchie risuonavano la melodia di La musica non c'è di Coez.

"[...]E in fondo tutto quello che volevo lo volevo con te
e sembra stupido ma ci credevo, e ci credevi anche te
e non è facile trovarsi mai, oh mai, oh mai
e tu mi dici è meglio se ora vai, ormai è tardi[...]"

Mi si strinse il cuore al pensiero che, se mai fossi riuscita a incontrarlo, quella sera sarei dovuta tornare nella mia città, lontana da lui, con l'anima un po' più piena e il cuore un po' più vuoto.

"Siamo in arrivo a Milano centrale".

Un brivido corse lungo la mia schiena quando la voce roca registrata annunció l'imminente destinazione. Sorrisi, una lacrima rigó la mia guancia, sorrisi di nuovo. Il mio corpo tremava come una foglia mossa dal vento in pieno autunno, così vicina a staccarsi dal suo ramo per spostarsi, leggera e leggiadra, sull'umido asfalto freddo.

Quando le porte si aprirono, sgattaiolai velocemente giù dalle scale del sottopasso diretta verso l'uscita della stazione. Era la prima volta a Milano, non ne sapevo nulla se non che a Piazza del Duomo sorgeva alta e incantevole l'omonima Cattedrale.

Quella sarebbe stata la mia prima destinazione, raggiunta con la speranza di trovare i suoi occhi in mezzo a quelli delle altre persone.

Attivai GoogleMaps e seguii il tragitto indicato fino a raggiungere, in breve tempo, l'insormontabile Cattedrale. Restai sbalordita davanti a quell'immensa struttura, ancora più bella di come mi aspettavo. La Piazza era colma di turisti che si facevano fotografare, in pose degne da shooting, ai piedi del Duomo. Altri tentavano di attirare gli stormi di piccioni che sovrastavano la zona offrendo loro qualche briciola del panino che tenevano tra le mani. Notai alcuni gruppi di ragazzi, probabilmente di zona, troppo abituati alla loro città per guardare ancora la meraviglia che si trovavano davanti con gli occhi di un bambino a cui è appena stato fatto un regalo: parlavano a testa china con gli occhi fissi sui loro cellulari, qualcuno di loro fumava, altri ridevano.

Cercai Tancredi tra tutte quelle persone troppo vuote per essere lui. Saettai lo sguardo in ogni angolo della Piazza nella speranza di poterlo vedere, corrergli incontro, abbracciarlo e pregare che durasse per sempre.

Qualcosa, o per meglio dire qualcuno, mi distrasse dai miei pensieri.
"Sofia!" Rabbrividii quando sentii una voce già troppo familiare provenire dalle mie spalle. Mi sentii avvampare: dovevo sicuramente avere un'espressione imbarazzata e impacciata, ornata dal rosso acceso delle mie guance. Mi voltai lentamente prima di sprofondare in lacrime scaturite da mille emozioni.

===

Eccoci qua con il quinto capitolo! Cosa ne pensate? Cosa succederà tra Sofia e Tancredi? Domani arriverá anche il sesto capitolo, spero vi piaccia! Un bacione😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now