Capitolo 60

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"Dannazione!" Imprecai, in tono forse troppo alto, sfregando nervosamente il tovagliolo sulla goccia di salsa di soia che mi era appena caduta addosso, sporcando i miei pantaloncini. Fortunatamente il loro colore scuro non lasciava trasparire troppo la macchia, rendendola poco visibile.
"Non sai nemmeno mangiare!" Si prese gioco di me, per l'ennesima volta, in tono beffardo, il ragazzo dai capelli color nocciola che sedeva davanti a me all'interno del ristorante di sushi.
Gli feci la linguaccia prima di lasciare spazio a un sorriso che, inevitabilmente, fece sorridere anche lui.

Si chiamava Nicola ed era un perfetto idiota nonostante, a tratti, si lasciava sfuggire qualche parola dolce che, pronunciata dalle sue labbra, creava proprio un enorme contrasto con la sua ordinaria personalità da cattivo ragazzo menefreghista.
Non era certo il tipo di ragazzo che avrei visto bene al mio fianco, assolutamente no. Il posto nel mio cuore, così come quello al mio fianco, l'avevo sinceramente dedicato all'unica persona le cui mani si incastravano perfettamente nelle mie, unendo anche i nostri cuori con il filo di un aquilone variopinto che, presto, non divenne altro che un doloroso filo spinato: Tancredi.
Nonostante i numerosi tentativi di togliermelo dalla testa, nulla servì a imporre al mio subconscio di smettere di pensare a lui, perciò l'unica cosa che mi restava da fare era tentare di proseguire per la mia strada, ammettendo a me stessa che, per quanto la nostra relazione fosse stata meravigliosa e fiabesca, era ormai anche giunta al termine e probabilmente non vi sarebbe mai stato nessun sequel.
Erano ormai trascorsi diversi giorni da quando avevo fatto ritorno a Roma e, da quel momento in poi, non avevo più avuto alcuna notizia di Tancredi. Lele mi scriveva ogni giorno per assicurarsi del mio stato mentale e fisico: era davvero preoccupato, più per me che per il suo grande amico che mi aveva fatto così tanto male. Voleva accertarsi, giorno dopo giorno, che io stessi bene; voleva assicurarsi che non venissi colpita da crisi di panico o cattive idee che avrebbero potuto compromettere la mia persona. Intanto tra lui e Cecilia le cose andavano a meraviglia: si erano fidanzati ed erano enormemente felici entrambi. Anche tra Marta e Gian andava a gonfie vele: capitava spesso che, nella homepage di intagram, mi imbattessi in foto e video che ritraevano perfettamente la magia dell'amore che li legava così profondamente. Diego ed Elisa, invece, avevano recentemente litigato, per qualche motivo a me totalmente sconosciuto ma evidentemente superfluo dato che bastó poco per recuperare la meravigliosa complicità che li caratterizzava. Edoardo e Rosalba parevano sempre più affiatati che mai, probabilmente spinti dalla troppa mancanza reciproca che hanno provato nel periodo in cui nessuno aveva notizie dell'altro.
Sorrisi amaramente al pensiero che, evidentemente, eravamo io e Tancredi troppo diversi per poter stare insieme, troppo contrastanti per poter funzionare.

"A cosa pensi?" Domandó Nicola distraendomi per un istante da quei bellissimi ricordi che ancora mi facevano battere il cuore più del dovuto.
"Oh, nulla." Sorrisi scuotendo il capo, proiettando i miei occhi nei suoi prima di abbassare nuovamente lo sguardo sul piatto di nigiri che stavo gustando.

Faceva freddo, quella sera: uno degli ordinari temporali estivi aveva occupato gran parte del pomeriggio, cessando giusto in tempo per permetterci di raggiungere il ristorante completamente asciutti. I miei shorts neri erano totalmente coperti da quella felpa che, anche se enormemente larga per il mio corpo, da pochi giorni fino a per sempre, avrebbe fatto parte del mio guardaroba. Sospirai stringendomi nelle spalle e abbassando lo sguardo sulla stampa di Topolino che decorava il tessuto scuro.
Mi manchi così tanto, pensai.
Feci un tiro della sigaretta che stringevo saldamente tra le dita prima di lasciar uscire dalle labbra una grande nuvola di fumo sotto gli occhi persi di Nicola.
Sorrisi incontrando il suo sguardo così diverso dal solito. Certo, varie volte l'avevo sorpreso a scrutarmi attentamente, come ipnotizzato, o forse rapito, da qualcosa che ancora non riuscivo a capire ma, quella sera, nei suoi occhi vi era una luce diversa, quasi insolita.
"Sei bellissima." Disse in un sussurro, con un filo di voce quasi impossibile da udire, come se quell'affermazione avesse dovuto restare solo un pensiero silenzioso a cui non aveva davvero intenzione di dare voce.
Notai un velo di imbarazzo che, in pochi secondi, si impossessó del suo viso, imponendogli di spostare lo sguardo dalla parte opposta in modo da evitare totalmente il mio.
"Grazie." Risposi, alzando leggermente le spalle, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Stavo bene, con Nicola. Nonostante lo conoscessi da pochi giorni, quel ragazzo all'apparenza schifosamente sfacciato ed enormemente menefreghista nascondeva, dentro di se', un cuore d'oro, un cuore che sarebbe stato capace di donare pienamente alla persona che l'avrebbe rapito acquisendo il posto d'onore al suo interno. Quella sera ebbi l'opportunità di guardarlo più da vicino: i suoi occhi parlavano, parlavano più di quanto qualsiasi labbra avrebbero potuto fare. Parlavano di cose belle, di pace e tranquillità.
Perché in fin dei conti, si sa, gli occhi sono lo specchio dell'anima e le parole, per quanto dolci e sincere possano essere, restano quasi una nullità in confronto a due occhi che sanno esattamente come guardarti, cogliendo le tue insicurezze e trasformandole in pure perfezioni.

"Vieni qui." Disse Nicola, distraendomi dai miei pensieri, allacciandomi un braccio in vita e torandomi a se'. Posai la testa sulla sua spalla mentre la sua mano si muoveva lentamente accarezzando il mio braccio tremante dal freddo.
Chiusi gli occhi cullata dal canto delle cicale che dominavano gli alberi del grande parco, poco distante dal ristorante, in cui ci eravamo trattenuti dopo cena. Respirai a pieni polmoni inalando ogni goccia del profumo di Tancredi che tanto amavo e che ancora era impregnato nella sua felpa che vedevo così bene addosso a me. Presi a pensare a come sarebbero potute andare le cose se solo entrambi avessimo riposto ogni sforzo nel proseguire la nostra relazione, se entrambi avessimo tenuto a noi nello stesso modo, se lui avesse realmente amato solo me come diceva. Le sue parole iniziarono a ripetersi in loop nella mia testa, mandando letteralmente all'aria ogni mio neurone ancora intatto.

Ti amo; sei mia; per sempre; voglio solo te; resta con me; non lasciarmi mai; non andartene.

Sorrisi. Dopo tutto, lui dov'era? Era stato proprio lui il primo a mollare la presa, senza neppure un valido motivo! Le cose tra noi andavano così tremendamente bene, o almeno per me, almeno era ciò che sentivo io. Quella meravigliosa sensazione di essere al sicuro, di essere nel posto giusto, tra le braccia giuste, regina di un cuore che, a detta sua, batteva solo per me. Ma non erano altro che parole, parole di carta gridate nel forte vento che le ha poi spazzate via senza alcun ritegno, senza neppure lasciarmi il tempo di metabolizzare una fine che ancora non avevo preso in considerazione.

Il mio cellulare prese a squillare insistentemente mostrando, sul display, una videochiamata in entrata da parte di Lele. Lanciai un'occhiata a Nicola che scrutava, interessato e incuriosito, lo schermo illuminato.
"Chi è?" Domandó.
"Scusami, devo rispondere." Fu l'unica cosa che fui in grado di dirgli mentre, dentro di me, una piccola scintilla di felicità fece divampare un fuoco ardente di desiderio.
Sperai, per un istante, che dall'altro capo del telefono ci fosse Tancredi; sperai di poter sentire nuovamente la sua voce, anche solo per pochi istanti; di poter vedere il suo viso, i suoi occhi verdi così profondi, gli stessi che sono sempre stati in grado di farmi sentire bella; e le sue labbra, così morbide e rosee, che sapevano trasmettermi tutta la passione di cui avevo bisogno.

Scossi la testa prima di trascinare la cornetta verde con il cuore palpitante di agitazione.
Presi un respiro profondo e tirai un sorriso, forse leggermente forzato, quando il viso di Lele, affiancato da Cecilia, apparve sul mio schermo.
"Amore mio!" Mi salutó il mio amico guadagnandosi uno sguardo storto ma divertito dalla sua fidanzata. Lo guardai ridere e, in pochi secondi, il mio cuore si alleggerì scacciando via ogni peso.
"Ci manchi, Sof!" Disse facendo il labbruccio.
"Anche voi, tantissimo!" Risposi mentre, nella mia testa, iniziò a prendere forma l'immagine di Tancredi.

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now