Capitolo 22

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"Ti chiedo solo di ascoltarmi, per favore Sofia." Disse in tono alto e spazientito interrompendo i miei insulti dati dalla rabbia che, si sa, quando prende il sopravvento porta a dire cose che nemmeno si pensano davvero ma che, in quel momento, rappresentano l'unica via per alleggerire un'anima fragile e ferita. Mi zittii sospirando esausta e con la testa dolorante per il pianto disperato.

Ascoltarlo, questo dovevo fare. Ascoltare le milioni di scuse che avrebbe sfoderato per farmi credere ció che voleva lui, come piaceva a lui; ascoltarlo mentre descriveva la vita di un bacio scambiato con una ragazza che non ero io. Io dovevo ascoltarlo, ma lui sapeva quanto a me potesse fare male?

"Mi hanno detto che la notizia ha iniziato a circolare nello stesso momento in cui è successo...Dio, immagino cos'hai provato." Inizió con la voce spezzata.
"Non sai proprio niente, invece." Risposi secca e irritata.
"Sofia." Mi riprese. Il suo tono non era più alterato, anzi. Ogni sfumatura di negatività aveva ceduto il posto alla speranza, la speranza che credessi alle sue parole, che cogliessi la sua sincerità.

"Quella ragazza non l'avevo mai vista prima, te lo posso giurare. Si è avvicinata per abbracciarmi, pensavo davvero volesse solo un abbraccio. Non è successo niente di ció che credi, Sofia. Mi ha solo sfiorato le labbra e subito mi sono tirato indietro. Piccola, credimi, per favore. Quello che voglio sei tu. Solo tu.".

Per quanto poco lo conoscessi, avevo già imparato a comprendere le diverse tonalità di voce che usava, il sentimento che metteva in ogni sua parola, in ogni suo gesto. Credevo alle sue parole, avevo colto la sincerità che speravo con tutto il cuore di trovare. Sapevo che non stava mentendo, sapevo che le cose erano davvero andate in quel modo, ma non avevo la forza di andare avanti, non in quel momento, non in quelle condizioni.

"Credo sia smeglio smettere, Tanc." Dissi insicura con la voce rotta dai singhiozzi. Portai istintivamente una mano a coprirmi la bocca prima di asciugare le lacrime che bagnavano il mio viso.
Che stupida, pensai. Non poteva nemmeno vedermi ma temevo che anche i miei demoni potessero accorgersi del mio dolore. Così insicura e fragile da aver paura di piangere con me stessa, chiusa nella mia stanza in una sera grigia e tagliente.

"Smettere? Cosa? Sof, per favore, no." Rispose allarmato. Nonostante i chilometri che ci separavano, potevo sentire la sua tristezza attraverso il telefono. Una fitta mi colpì il petto facendomi emettere uno strano verso simile a una richiesta d'aiuto implicita.

"È meglio così, per entrambi, almeno per un po'. Ho bisogno di tempo per realizzare ciò che è successo. Ho bisogno di stare sola. Scusami, Tanc. Ti voglio bene." Dissi prima di premere la cornetta rossa e interrompere la chiamata.

Gettai il cellulare sul letto prima di fare lo stesso con il mio corpo affondando il viso nel cuscino. Per quanta forza di volontà stessi raccogliendo in me, neppure il morbido tessuto riusciva a sopprimere le mie grida di dolore, grida che uscivano più dal cuore che dalle labbra.

L'insistente vibrazione del telefono mi provocava lunghi brividi e lievi scosse in tutto il corpo, facendomi sussultare a ogni palpitazione. Sapevo che non sarebbe stato facile ma avevo già preso la mia decisione. Avrei dovuto mettere in preventivo fin dal primo istante che sarebbe potuto succedere di tutto, che qualcosa avrebbe certamente portato alla distruzione del mio incantevole sogno d'amore. Avrei dovuto sapere che Tancredi Galli era fin troppo desiderato da ogni ragazza per essere solo mio.

"Sof, ti prego, rifletti. Vuoi davvero finirla? In questo modo?".
"Non vuoi nemmeno vedermi? Lasciami spiegare di persona, per favore.".
2 chiamate perse da Tancredi.
"Sofia ti prego.".
2 chiamate perse da Lele.
1 chiamata persa da Diego.
1 chiamata persa da Gian.

Erano queste le ultime notifiche che occupavano la schermata del mio cellulare, ormai bagnata di lacrime amare, lacrime d'amore da parte di chi ha paura di amare.
Ignorarlo non faceva altro che aumentare il dolore che già riempiva la mia anima, ma sapevo che continuare ad ascoltarlo sarebbe stato solo peggio.

Avevo dimenticato il senso di abbandono che si prova quando la persona che consideri il tuo punto di riferimento calpesta il tuo cuore come un mozzicone di sigaretta gettato a terra; avevo dimenticato la debolezza che si prova dopo aver versato una quantità di lacrime tale da poter riempire un nuovo oceano; avevo dimenticato il dolore di una storia andata in frantumi come uno specchio gettato a terra, con i cocci taglienti a squarciarti anche l'ultimo velo di una flebile speranza che si manteneva in equilibrio su un filo di tremenda instabilità; avevo dimenticato la pelle pallida, gli occhi rossi e le gambe pesanti; avevo dimenticato il dolore, ma sapevo che non se ne sarebbe mai andato per sempre.

Mentre il cellulare continuava a vibrare, chiusi gli occhi esausta: sentivo davvero la necessità di staccare la spina, di scollegare la mente dalla presa elettrica che la teneva in vita, di sopprimere i miei mostri che non facevano altro che aumentare le coltellate. Collegai le cuffiette al cellulare e azionai la riproduzione casuale di Spotify.
Le parole di Tiziano Ferro con Non me lo so spiegare si insediavano nelle mie orecchie, calmando lentamente il mio cuore.

"[...] Solo che pensavo a quanto è inutile farneticare
e credere di stare bene quando è inverno e te
togli le tue mani calde,
non mi abbracci e mi ripeti che son grande,
mi ricordi che rivivo in tante cose,
case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale[...]".

Istintivamente compii l'azione più sbagliata che potessi fare in quel momento: aprii l'icona della galleria e presi a scorrere, una dopo l'altra, le immagini che ritraevano me e Tancredi, immortalate durante le nostre indimenticabili giornate trascorse insieme. Inevitabilmente i miei occhi esplosero nuovamente, con più ferocia e disperazione, annegando la mia anima e inzuppando il cuscino. Le mie corde vocali ormai sfregiate non producevano più singhiozzi, nè versi soffocati. Solo una lacrima dopo l'altra e il cuore che batteva a tempo. Sorrisi guardando la mia pelle pallida tingersi di un rosa più umano: nonostante mi trovassi in uno stato pietoso, dentro di me, nel profondo, sapevo che non era ancora giunta la fine.

Eravamo come uno di quei libri d'amore, uno di quelli i cui autori sanno leggerti dentro senza neppure conoscerti. Uno di quelli che sanno farti provare sulla pelle le emozioni, i desideri e persino il dolore dei personaggi in questione. Eravamo appena giunti al termine di un prologo drammatico, ma i capitoli più belli della nostra storia dovevano ancora iniziare.

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Ciao fanciulli/e! Sofia ha preso la sua decisione allontanandosi dal suo amato Tanc. Che ne pensate? Vi piace? Spero di riuscire a postare il prossimo capitolo domani! Un bacio😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now