Capitolo 33

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I miei buoni propositi di proseguire con costanza e impegno i miei studi, negli ultimi giorni restanti prima della fatidica partenza, andarono in frantumi nel momento in cui, alle 7:00 di un martedì mattina dominato unicamente dalla sensazione di vuoto perenne che regnava dentro me da ormai due giorni, uscendo dalla porta di casa diretta verso la solita fermata dell'autobus mi imbattei nella coppia di occhi verdi più inconfondibili e indimenticabili che mai.

"Cosa ci fai qui?" Sorrisi, con il cuore sollevato, saltellando allegramente verso di lui prima di allacciargli le braccia al collo. La sua forte stretta mi trasmise emozioni di un'intensità tale da catapultarmi in una nuiva realtà, una realtà fatta su misura per me, per noi.
In pochi secondi mi accorsi di quanto il suo corpo stesse tremando tra le mie braccia, di quanto il suo respiro si spezzasse sul mio collo, di quanto il suo cuore assunse un battito tremendamente irregolare.

"Tanc." Lo richiamai sciogliendo l'abbraccio, fino a ottenere una precisa proiezione dei nostri guardi l'uno nell'altro, mantenendo una vicinanza tale da permettere ai nostri nasi di sfiorarsi.
"Piccolo, non voglio vederti così." Dissi rivolgendogli un sorriso rassicurante, forse tendando di tranquillizzare più me stessa che lui.
Gli passai delicatamente una mano sul viso, accarezzandogli la guancia sulla quale asciugai una lacrima sfuggita dai suoi occhi così tristi e sconsolati. Non parlava, non accennava movimenti nè cambiamenti di espressione. Pareva quasi smarrito all'interno di un mondo tutto suo, un mondo che stava esplorando unicamente con i suoi occhi persi nel vuoto. Solo quando afferrai le sue mani, stringendole tra le mie, ebbi la possibilità di vedere la pelle arrossata e sgualcita all'altezza delle sue nocche: qualche crosta, alcuni residui di sangue ormai secco e amaro quanto la disperazione che l'aveva portato a compiere quel gesto così doloroso.
Capii che non aveva bisogno di parlare, in quel momento. Nè di frasi fatte o rassicurazioni poco stabili che sarebbero servite solo ad aumentare l'agitazione che già dominava il suo corpo. Lo abbracciai nuovamente, annullando ogni minimo centimetro di distanza che seprava le noste pelli, unendo i nostri battiti cardiaci che avevano ormai perso il regolare ritmo dell'unisono.

"Non posso permetterti di andartene." Sussurró, con voce secca e impastata, tra i miei capelli mossi dal vento settembrino che riempiva le strade.
"Non saró mai troppo lontano per esserti vicina.".
"Non sarai nemmeno abbastanza vicina per potermi scaldare il cuore quando il freddo arriverà a impossessarsi del mio corpo.".

Non seppi più come controbattere, mi aveva atterrata con poche semplici parole la cui evidente realtà fece breccia dritta nel mio cuore, scagliando una freccia appuntita e arrugginita che logoró lentamente ogni briciola di sana speranza che mi era rimasta. Sapevo che avrei fatto il possibile per dimostrarmi disponibile e presente nonostante i chilometri ma, in fin dei conti, aveva ragione. Non sarei mai stata abbastanza vicina o, forse, non sarei mai stata abbastanza.
Fu in quel momento che una lampadina alimentata dal terrore si accese nella mia testa: si era presentato sotto casa mia per lasciarmi? Per dirmi che una relazione a distanza non sarebbe riuscito a sostenerla? Per infliggermi il colpo di grazia provandomi della sua presenza nella mia vita?

Cercai il suo sguardo allarmata: era fisso verso il basso, senza alcun cenno a voler incontrare il mio, come a tentare di incastrare mentalmente parole troppo difficili a pronunciare, come se il mio sguardo infastidisse il suo concentrato ragionamento.
"Tanc, guardami, ti prego." Lo supplicai piagnucolando. Incredibilmente i suoi occhi si posarono sui miei, spogliandoli come un albero secco in pieno inverno, leggendoli come un lbro aperto. Il luccichio che conservavano regolarmente era svanito nel nulla, lasciando spazio solo a un velo di tenebra che pareva celare dietro di se' anche le meravigliose sfumature della sua iride.

"Sei venuto qui per lasciarmi, non è così?" Domandai balbettando, insicura di voler davvero ricevere una risposta.
Temevo di dover sentire una risposta affermativa uscire dalle sue labbra, ch'erano tanto rosee e morbide quando avrebbero potuto essere terribilmente devastanti. Cercai un qualsiasi genere di replica nel suo sguardo imperscutabile che non mi dava alcun modo per comprendere almeno in parte ciò che gli stava passando per la testa in quel momento. Fu proprio a quel punto che ebbe inizio il lento disgregarsi dei frammenti dolorosi del mio cuore, che lo abbandonarono lasciando solo la palpitante speranza che fosse tutto un brutto incubo.

Non solo a breve sarei stata costretta ad allontanarmi da lui, ma l'avrei addirittuta perso, forse per sempre. Dovevo immaginare che non sarebbe stato possibile imporre a un sentimento, apparentemente così forte, di vivere lontano da ciò da cui scaturiva. Forse, in realtà, avevo già messo in preventivo questa dolorosa piega che avrebbe potuto prendere la situazione, solo, non ero ancora stata in grado di accettarla. Lasciai trascorrere ancora qualche istante di silenzio durante il quale mi impegnai a metabolizzare la sua ormai certa decisione di scrivere la parola fine tra noi.

"No." Disse poi, quasi in un sussurro che inizialmente faticai a comprendere. "Non voglio lasciarti, ma nemmeno allontanarmi da te.".
"Non sarà per sempre, Tanc. Non è facile nemmeno per me, credo tu lo sappia. Forse dovremmo solo provare a cambiare punto di vista, focalizzarci sui possibili lati positivi, impegnarci affinchè che il nostro sentimento si rafforzi al punto di sovrastare anche questa distanza temporanea." Dissi tutto d'un fiato, poco convinta delle mia parole.

Ero la prima a possedere la consapevolezza che, in tutto ciò, non vi era alcun lato positivo se non quello di constatare la reale forza del nostro legame ma, l'estremo dolore che mi provocava vederlo in quello stato, mi portava a tentare ogni ipotesi minimamente plausibile e funzionale pur di levare quell'espressione affranta dal suo viso.

"Sofia." Mi richiamó in tono serio.
"Si?".
"Tu sai, vero, che non resisteró a saperti così lontana e probabilmente mi ritroverai a Roma prima del previsto?" Disse donando alla domanda un senso retorico e accennando una flebile risata che venne poi soppressa da qualche singhiozzo. Sorrisi scuotendo il capo con la consapevolezza che le sue non erano solo parole, con la certezza che l'avrebbe fatto davvero.
"Saró apertamente pronta a ospitarti nella mia nuova dimora." Esordii con fare teatrale provocando un altro sorriso sulle sue labbra. In pochi istanti lo baciai, quel sorriso tanto attraente nonostante strabordasse di tristezza, aspirando ogni sua emozione negativa e donandogli in cambio la speranza di rinascere più forti e uniti di prima. Fu un bacio lento e passionale, che emanava il desiderio di non lasciarsi mai e il timore di non riuscire a superare ogni ostacolo a cui la vita ci avrebbe condotto per complicare il nostro cammino sulla strada dell'eterna felicità.

Ma io lo sapevo, in fondo, che un amore come il nostro, nonostante fosse ancora nella tenera fase iniziale, non si sarebbe lasciato distruggere nemmeno dal peggiore dei demoni. Io lo sapevo che questo imprevisto trasferimento sarebbe servito a seprare i nostri copri, ma non sarebbe mai stato abbastanza per dividere le nostre anime.

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Perdonatemi la presenza di alcuni errori grammaticali che talvolta mi sfuggono🤭
Come sempre, spero vi piaccia il capitolo. A breve succederanno tante cose...
Un bacione😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now