Capitolo 28

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"Sei bellissimo." Dissi ammirando Tanc che non faceva altro che specchiarsi da una buona mezz'ora torturandosi i capelli che, a detta sua, non stavano come voleva.
"Voglio fare bella figura." Ammise arrossendo leggermente e stirandosi la felpa con le mani lungo i fianchi.
"Amore." Lo ripresi per la decima volta negli ultimi quindici minuti, posizionandomi davanti a lui e allacciandogli le braccia alla vita: "Piacerai a tutti, hai già conquistato anche mamma!".
Mi rivolse un sorriso dolce prima di stamparmi un bacio sulle labbra.

Svegliarmi con lui al mio fianco fu una rinascita per la mia anima che finalmente aveva raggiunto lo stato massimo della felicità. Lo guardai girare per casa, vestirsi e specchiarsi nella mia camera, fare colazione nel mio salotto e lavarsi i denti nel mio bagno: ancora non mi spiegavo come, in ogni suo movimento, potesse essere così dannatamente perfetto e impeccabile.

"Siete pronti?" Ci interruppe mamma bussando alla porta chiusa della mia stanza. Tanc si staccó da me sussultando e portandosi una mano dietro la testa a grattarsi il capo. Sorrisi prima di schioccargli un bacio sulla punta del naso.
"Andiamo.".

Gli tesi la mano, sospiró prima di afferrarla e seguirmi verso la porta d'ingresso dove mamma ci attendeva pazientemente.
"Siete così belli, insieme." Disse, sottolineando con voce più squillante l'ultima parola.
Insieme. Ora era ufficiale: non eravamo più io e Tanc, tutto ciò che ci riguardava era finalmente racchiuso in un noi destinato a non finire mai.

Quando arrivammo alla macchina, aprii la portiera posteriore sotto gli occhi intimoriti del mio ragazzo. Gli rivolsi un cenno del il capo in segno di incentivo nel prendere posto accanto a mamma nella parte anteriore dell'auto.

"I nonni saranno felicissimi di conoscerti!" Squittì mamma con troppo entusiasmo, "Il nonno sembra sempre duro e diffidente, ma ti ci abituerai." Concluse sfoderando una risatina nervosa.
"Mamma!" La ripresi assestandole una leggera pacca sulla spalla.

Il resto del viaggio fu tranquillo e pieno di risate che riuscirono ad alleviare la tensione che Tanc racchiudeva nel corpo. Mentre la radio in sottofondo ci regalava La musica non c'è di Coez, le nostre voci si unirono cantando in coro:

"[...] C'è troppa luce dentro la stanza, questo caldo che avanza io non dormirò
e scusa se non parlo abbastanza ma ho una scuola di danza nello stomaco
e balla senza musica con te
sei bella che la musica non c'è[...]".

"Ciao!" Dissi allegramente lasciando un piccolo bacio prima sulla guancia di nonna e poi su quella del nonno, senza mai lasciare la mano di Tanc che, intimidito, si nascondeva dietro le mie spalle usando il mio corpo come uno scudo.

"Ma che bel giovanotto! È lui Tancredi?" Domandó nonna sfoderando un grande sorriso e battendo le mani gioiosa.
"Si, nonna. È lui." Risposi dolcemente spingendolo leggermente verso di lei.
"Piacere, Tancredi." Gli tese la mano che la nonna afferró emozionata.
"Io sono Angela, lui è Giorgio." Disse indicando nonno.
"Piacere." Sorrise Tanc porgendo la mano all'uomo che se ne stava comodamente seduto sul divano a guardare la tv.
"È un vecchio scorbutico, non dargli peso!" Scherzó nonna provocando una risata generale.
"A breve arriverà Daniele, volete mettervi a tavola intanto?".
"No, nonna. Aspettiamo lui." Sorrisi seguendola con lo sguardo finchè sparì dietro la porta della cucina.

"Vieni con me." Sussurrai a Tanc afferrando la sua mano. Mi seguii in giardino dove lo feci accomodare sul dondolo prima di sedermi accanto a lui e posare la testa sulla sua spalla.
"Come ti sembrano?" Domandai accarezzandogli la guancia dolcemente. In risposta ricevetti un'espressione tesa e difficilmente decifrabile; sorrisi spostandogli leggermente il cappuccio della felpa e stampandogli un bacio nell'incavo del collo che lo fece rabbrividire.

Presi qualche istante per ammirarlo in tutta la sua estrema bellezza e impacciataggine mentre torturava, come suo solito, i polsini delle maniche. Quei capelli, che tanto detestava e si ostinava a coprire con cappelli di diversi colori, gli ricadevano sulla fronte sfiorando le sue ciglia chiare e folte che vibravano ad ogni battito di palpebre; dagli occhi, così persi e luminosi, sgorgavano timore e agitazione portati dalla paura di non piacere alla mia famiglia, di non essere in grado di fare una buona impressione; il suo collo, che vantava una pelle morbida e liscia, era il punto perfetto per i miei baci, per i miei segni; la pelle delle sue mani era rovinata, all'altezza delle nocche, da qualche graffio portato sicuramente dai pungni al muro assestati per sfogare il nervosismo, la rabbia. Una fitta mi colpì il petto al pensiero che la causa dei suoi gesti potessi essere io: non ne avevo la conferma ma ero certa che, se per qualche assurda ragione avesse deciso di testare la forza delle sue mani contro al muro, la causa scatenante di questo atto aveva un nome ben preciso: il mio.

"Che hai da guardare?" Domandó sorridendo e distraendomi dai miei pensieri.
"Nulla. Solo...sei stupendo.".
"Mai quanto te, piccola.".

Abbassai il capo per nascondere un sorriso timido seguito dal rossore delle mie guance; posó un dito sotto al mio mento imponendomi di alzarlo nuovamente fino a immergersi totalmente nei miei occhi.

"Guardati, Sof. Guarda questi occhi così profondi e rassicuranti; questo sorriso, bello da far invidia all'universo intero; e questo cuore, il più forte e, allo stesso tempo, fragile mai visto; guarda queste braccia, che ogni volta che mi stringono mi fanno sentire a casa; e queste mani, che quando mi accarezzano mi sembra di volare; e queste labbra, che ogni volta che mi baciano mi fanno toccare il cielo con un dito. Tu non hai idea, Sofia! Non hai proprio idea di cosa sei per me." Concluse stampandomi un bacio fugace sulle labbra, con la paura che qualcuno potesse vederci.

Era incredibile quanto mi sentissi bene in sua presenza, sotto il suo sguardo, tra le sue braccia. Era incredibile come, solo sfiorandomi la mano, riuscisse a provocarmi brividi in tutto il corpo, come scosse di terremoto con l'epicentro dritto nel mio cuore.
Quella sensazione di soddisfazione che provavo quando il suo sorriso si accendeva, illuminando ogni cosa attorno a noi; la consapevolezza di esserne io la causa; l'orgoglio nell'averlo finalmente e ufficialmente al mio fianco.

"Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata." Disse accarezzandomi leggermente la guancia con la mano.
"Tu sei tutto ciò che ha reso la mia vita una cosa migliore." Risposi prima di posare nuovamente la testa sulla sua palla e goderci il silenzio della natura.

Amavo di lui, oltre a tutto il resto, il fatto che fosse la persona più adatta a condividere discorsi chilometrici e, al contempo, silenzi disarmanti. Amavo di lui, il suo modo di porsi dinnanzi alle altre persone, la sua timidezza che lo faceva apparire ancora più tenero, come un bambino intimorito dalle maestre il primo giorno di asilo. Amavo ogni dettaglio che lo contraddistingueva dagli altri, quella sua unicità racchiusa in un corpo esile e perfetto da stringere. Amavo tutto, di lui. Ma, ancor prima, amavo noi.

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Ciao fiorellini, spero vi piaccia anche questo capitolo! Grazie di cuore per tutto il sostegno che mi state dando, siete una gioia immensa. Domani arriverà il continuo. Un bacio😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now