Capitolo 18

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"Un piatto di pasta ti va?" Gli domandai inserendo la chiave nella serratura della porta di casa mia.
"Va benissimo." Sorrise dolcemente seguendomi lungo il corridoio.
Posai lo zaino nella mia camera prima di togliere le scarpe, legare i capelli in un coda di cavallo alta e dirigermi in cucina.

"Hei, piccola. Che c'è?".
Il mio sguardo era fisso sulla pentola piena d'acqua che avevo appena messo sul fuoco, la mente viaggiava in un'oscurità lievemente dolorosa.
"Nulla." Forzai un sorriso.
"Non mentirmi.". Sentenzió. Restai in silenzio.
"È per loro, vero? Per i giudizi degli altri. Ho notato gli sguardi su di te, ho sentito i bisbigli e le battutine...forse non avrei dovuto presentarmi lì." Disse abbassando lo sguardo.
"No, hei! Non è colpa tua, Tanc!" Lo rassicurai prendendo il suo viso tra le mani e stampandogli un bacio sulle labbra. I nostri sorrisi si proiettarono uno nell'altro, i nostri occhi si desideravano.

"Non voglio complicarti la vita, Sof.".
"Tancredi Galli." Lo chiamai in tono autoritario, "Non pensare nemmeno per un secondo che tu mi stia complicando la vita. Me l'hai solo migliorata, la vita. E sì, fa male essere la mira di ogni giudizio troppo affrettato, ma prima o poi capiranno, e smetteranno. E io non ho nessuna intenzione di seprarmi da te, nè ora nè più avanti. Soprattutto a causa loro!".

Il sorriso che mi mostrò mi scaldò il cuore come una fiamma ardente su un pezzo di plastica.

Quando l'acqua prese a bollire, buttammo la pasta attendendo la giusta cottura con lo stomaco che brontolava dalla fame.

"Sai anche cucinare! Sei proprio quella giusta!" Ironizzó Tanc assaggiando la pasta che definì ottima.
Gli feci la linguaccia seguita da una smorfia divertita.
"Avevi dubbi?" Domandai ridendo.
"Assolutamente no." Si affrettó a dire alzando le mani in segno di resa.

Erano meravigliosi i momenti trascorsi in sua compagnia. Sapeva farmi provare quelle senazioni che fanno sentire una persona piena e completa, come se avessi tutto ciò che desideravo e anche di piu. Che, in fin dei conti, era anche vero: lui era tutto ciò che desideravo, e anche di più.

Non capivo ancora cos'avessi mai fatto di così straordinario per meritarmi tutto quello che stava accadendo: il mio sogno più grande era quello di incontrarlo, di poterlo abbracciare anche solo per pochi secondi. E in quel momento mi trovavo a casa mia, seduta al tavolo, a pranzare con lui. Cosa potevo chiedere di più? Nulla, non c'era altro che desiderassi se al mio fianco, a tenermi la mano, c'era lui. A sorridermi come un bambino a cui i genitori hanno appena comprato un grande pacco di caramelle di vari tipi, a guardarmi come se quel grande pacco di caramelle fossi proprio io.

Sorrisi passandogli una mano tra i capelli mentre, sdraiato sul divano, teneva la testa posata sulle mie gambe. Mi accarezzava la coscia mentre sentii il suo corpo rilassarsi fino ad addormentarsi con il sorriso stampato in viso.

"Hei piccolo." Gli scompigliai i capelli quando lo sentii muoversi riaprendo gli occhi. Sorrise.

Il viso stanco, i capelli arruffati, gli occhi semi-chiusi, un sorriso storto e un'espressione stralunata.
Non riuscivo a trovare un solo difetto nell'immensa bellezza che emanava nonostante fosse appena risorto da un lungo pisolino.

Assunse la posizione seduta prima di allacciare le sue braccia al mio collo e stamparmi un bacio inaspettato sulle labbra.

"Mi fai stare così bene." Confessó arrossendo leggermente. Ricambia il gesto accarezzandogli la guancia.
"Anche tu. Non immagini quanto.".

"Tu vieni con me stasera." Sentenzió convinto.
"Cosa? Dove?" Domandai leggermente spaesata.
"A Milano. Ai ragazzi manchi, io voglio stare con te. Tu dormi con me stanotte." Disse in tono autoritario.

Come l'avrei spiegato a mamma? Come avrei giustificato la nottata fuori casa? Non potevo certamente dirle che avrei dormito con Tanc in una casa con altri tre ragazzi.

"Sei pazzo! Non posso!" Dissi contrariata.
Ed era vero, non potevo. Ma, Dio, lo volevo così tanto. Il suo sguardo si fece triste, le labbra si piegarono verso il basso.

"Peró..." Iniziai, "Potrei.". E subito un enorme sorriso scacció la negatività della sua espressione.
"Devo solo capire cosa dire a..." Un rumore interruppe la mia frase. Come una chiave inserita nella serratura. Come una cosa che non doveva succedere, non in quel momento.

"Mamma!" Esclamai sorpresa saettando lo sguardo da Tancredi alla donna stupita che ci guardava dalla porta del salotto.
"Ciao, Sofi." Disse con espressione interrogativa domandandomi spiegazioni con lo sguardo.

"Mamma, lui è Tancredi." La informai con gli occhi bassi e il cuore che batteva all'impazzata.

Sgranai gli occhi quando la vidi avvicinarsi a lui e tendergli la mano sorridendo. "Piacere." Disse.
Tanc si alzó velocemente dal divano sistemandosi la maglietta prima di stringere la mano di mamma. "Piacere mio." Sorrise.

Mi aspettavo una sfuriata, qualche critica e un paio di urla. Invece...

"Resti con noi a cena?" Domandó mamma. Le mie mani presero a tremare.
"Oh, no, grazie. Ho il treno alle diciotto per tornare a Milano." Rispose Tanc sbuffando rattristato.

Mamma ci aveva colti sul fatto, non potevamo più mentire. Nessuna giustificazione riguardo a un'ipotetica nottata fuori casa avrebbe retto: ormai era chiaro che sarei scappata a Milano con lui, e lei non me l'avrebbe permesso.

Il resto del tempo che avevamo a disposizione prima della sua partenza lo trascorremmo a chiacchierare con mamma. I due si conobbero e pareva si trovassero in sintonia. Il comportamento di mamma mi fece capire che era un sì, che le piaceva molto Tancredi e che al mio fianco l'avrebbe visto benissimo.

Un punto a mio favore!, pensai. Magari sarei riuscita a convincerla.

"Mamma." Richiamai la sua attenzione mettendo fine al suo discorso con Tanc.
"Dimmi, tesoro.".
"Stasera Tanc e i suoi amici faranno una piccola festa  casa loro. Ci saranno anche altre ragazze. Posso andarci?".

La mia domanda lasció entrambi sbalorditi. Lo sguardo del mio Tanc era leggermente perso e confuso mentre quello di mamma era fortemente contrariato. Lanciai uno sguardo a Tanc sperando mi reggesse il gioco, e così fece.

"Domani la riaccompagnerò in stazione. Se è necessario posso accompagnarla anche a casa." Disse tentando di convincere mia madre.

Sapevo che sarebbe stato un no, ma dovevo almeno tentare, no?

L'espressione della donna mutó velocemente: dai suoi occhi riuscii a intravedere un forse. Eravamo già a buon punto.

"Domani a pranzo dobbiamo andare dalla nonna, tesoro.".
"Torneró in mattinata, te lo prometto! Per favore!" La pregai indossando un'espressione da cucciolo desideroso e incrociando le mani davanti al viso.

"E va bene. Ma domattina alle undici ti voglio a casa!" Disse gettando le armi e assecondando il mio forte desiderio.

Un leggero senso di colpa mi assalì: non c'era nessuna festa e non ci sarebbe stata nessun'altra ragazza. Ma era una bugia a fin di bene, no? Solo una piccola menzogna, ma sarebbe andato tutto per il verso giusto.

Sorrisi abbracciandola forte e ringraziandola. Mi aveva appena reso la ragazza più felice del pianeta.

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Ecco il 18esimo capitolo! Vi piace? Scusate se ho impiegato più del previsto a pubblicarlo.
Vi voglio un bene immenso, grazie per tutti i bei commenti che mi state lasciando. Un bacione😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now