Capitolo 26

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Diedi l'ultima passata di mascara sulle mie ciglia lunghe e folte pochi secondi prima che qualcuno suonasse il campanello.

Avevo trascorso una buona mezz'ora a scrutare la mia immagine nello specchio, non troppo convinta della mia apparenza: l'abito gentilmente e inaspettatamente donato da Andrea era davvero incantevole e la taglia era perfetta: mi calzava a pennello, foderando il mio corpo ed evidenziandolo nei punti giusti. Anche per il make-up avevo dato il meglio di me: la sottile linea di eye-liner sulle palpebre mi regalava uno sguardo da pantera, in contrasto con il rosa chiaro, nude e tenue, del mio rossetto.

Cosa penserebbe Tanc se mi vedesse?, pensai stirando la gonna del vestito con le mani. Sorrisi al mio riflesso nel tentativo di impartirmi un coraggio che non sentivo del tutto mio, liberai un sospiro incentivante prima di raggiungere la porta di casa.

Come già avevo immaginato, avvolto in una camicia bianca infilata in un paio di jeans neri, Andrea si trovava sulla soglia in tutta la sua bellezza. Il sorriso stupito e imbarazzato in cui si incurvarono le sue labbra davanti alla mia immagina mi scaldó il cuore riempiendolo di gioia, nonostante il mio morale fosse completamente a terra.

"Sei bellissima." Disse quasi senza fiato.
Sentii le mie guance avvampare colorandosi di un rosso più acceso del normale, accennai un sorriso.
"Grazie. Anche tu stai davvero bene.".

"Ascolta, Andre...dobbiamo proprio andare?" Gli domandai mettendomi comoda sul sedile della sua auto e allacciando svogliatamente la cintura.
"Mi ringrazierai per averti obbligata a venire." Sorrise senza distogliere lo sguardo dalla strada che si estendeva davanti a noi.
"Non sono dell'umore per una festa. Tu mi conosci, sai che non vado matta per questo genere di serate. E in più sei totalmente al corrente della mia situazione con Tanc. Perché lo stai facendo?".

Non sapevo se fosse una conseguenza della mia irremovibile mente proiettata unicamente su Tancredi, ma giurerei di aver sentito Andrea tossire leggermente quando pronunciai il suo nome.
Gli rivolsi uno sguardo interrogativo che fece di tutto per evitare: nell'abitacolo dell'auto regnava un'atmosfera tesa e nervosa, ero ormai certa del fatto che i miei amici fossero tutti d'accordo, che mi stessero nascondendo qualcosa. Ma cosa poteva essere?

Quando arrivammo davanti alla meravigliosa villa di Patrik, una quantità esagerata di ragazzi e ragazze attendevano, in fila indiana, che la guardia, muscolosa e dallo sguardo sinistro, gli desse il permesso di fare il loro ingresso all'interno dell'abitazione. La musica troppo alta disturbava il mio udito imponendomi di coprire le orecchie con le mani mentre Andrea mi guardava divertito. Notai una luce nel suo sguardo. I suoi occhi sorridevano insieme alle sue labbra ed emanavano un leggero velo di un'emozione che faticavo a comprendere: pareva quasi un'unione contrastante tra una fiamma di speranza e un fuoco ardente di timore.

Non appena ci trovammo davanti alla porta d'ingresso, il mio sguardo passó in rassegna ogni ragazza presente nella lunga fila di persone. Erano tutte bellissime, avvolte nei loro abiti troppo corti che lasciavano davvero poco spazio all'immaginazione ma senza risultare volgari. Non avevo mai avuto particolari problemi con il mio corpo, ma in quel momento mi sentii una vera e propria nullità.

"Sei molto più bella di loro." Mi sussurró all'orecchio Andrea come se mi avesse letto nel pensiero.
Quella era una caratteristica che ammiravo molto in lui, forse proprio quella che mi spinse ad affezionarmi non appena lo conobbi: sapeva leggermi dentro in qualsiasi situazione, gli bastava uno sguardo per capire a fondo le mie paure, preoccupazioni e i miei pensieri. Inevitabilmente sorrisi allacciandomi al suo braccio e posando la testa sulla sua spalla.

"Voglio tornare a casa." Mi lamentai sospirando.
"No, signorina. Tu ora vieni con me.". Disse per poi trascinarmi davanti alla porta, saltando tutta la fila e guadagnandosi numerosi sguardi stizziti da parte dei ragazzi.

Assunsi un'espressione enormemente confusa quando, dal mezzo degli attendenti, colsi alcune voci femminili e sconosciute: "È lei.", "Guardala!", "Eccola!".

Tutti gli occhi erano rivolti verso di me mentre venivo trascinata dal mio amico, evidentemente controvoglia.

"Cosa vogliono da me? Cosa sta succedendo?" Domandai ad Andrea che fulminó tutti con un solo, fugace sguardo.
"Non farci caso. Andiamo." Si limitó a dire continuando a strattonarmi per il braccio.

"E voi chi pensate di essere? Dovete fare la fila come tutti gli altri!" Tentó di intimorirci il buttafuori con voce dura e una postura retta e imponente.
"Siamo Andrea e Sofia." Disse il mio amico con un cenno del capo.
A quel punto il grande uomo dinnanzi a noi sgranó gli occhi affrettandosi a scusarsi per il suo comportamento.

"Prego, entrate pure." Disse, poi, spostandosi da un lato e aprendo la porta con un braccio.

"Mi puoi spiegare cosa diavolo succede?!" Gridai tentando di sovrastare la musica e spintonando il mio amico. "Chi sono tutte quelle persone? Perchè mi conoscono?".

Per un attimo provai una strana sensazione, un senso di vuoto nel petto che pesava più di una roccia. Mi sentii presa in giro dai miei più cari amici nonostante fossero tutti a conoscenza della mia tremenda crisi riguardo a Tancredi.

"Andrea, non è il momento giusto per farmi questi scherzi! Cos'avete architettato? Cosa diamine succede qui?!".

Urlai finchè sentii la voce morire nelle mie corde vocali, strozzarsi in gola provocandomi un fastidioso pizzichio. Solo dopo mi accorsi delle lacrime che bagnavano il mio viso; non sapevo per quale assurdo motivo stessi piangendo, ma di una cosa ero certa: Tancredi mi mancava come l'aria e mi sentivo un vero schifo solo per aver accettato quello stupido invito a quell'odiosa festa.

Avrei dovuto dirglielo, chissà se mi starà pensando, chissà lui cosa starà facendo, chissà se gli manco, se anche lui vorrebbe vedermi...

Lanciai qualche occhiata fugace in ogni angolo del salotto, scorgendo solo un gran numero di ragazzi già ubriachi che muovevano il loro corpo, privi di coordinazione, a ritmo di musica.
Andrea era fermo davanti a me, non accennava a parlare e nemmeno a muoversi. Teneva gli occhi fissi sulle sue mani, tra le quali torturava i polsini delle maniche della camicia.

"Basta, io me ne vado!" Gridai fermandomi a guardarlo ancora per qualche istante. Nessuna reazione.
Mi voltai prendendo a camminare verso la porta. Fu proprio in quel momento che l'orrenda musica house si interruppe lasciando spazio a una canzone fin troppo familiare.

La voce di Diego con il ritornello di Vienimi a prendere riempì le casse del dj mentre le pareti della villa parevano tremare.

"[...]E sono solo qui in camera d'hotel non resisto più tu vienimi a prendere
e stavo bene quando stavo bene quando stavo con te e ci ripenso come se fosse un sogno[...]".

I miei amici avevano superato il limite: che razza di scherzo era quello? Perchè proprio la canzone di Diego?

I miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime. Restai immobile, come rapita, quando sentii qualcuno afferrarmi il polso. Presi un respiro profondo e mi voltai, pronta a urlare contro ad Andrea, sfogando ogni goccia di rabbia repressa che ribolliva dentro di me ma, con mia grande sorpresa, vidi che la mano saldamente stretta attorno alla mia pelle non era quella del mio amico.

Le lacrime che sgorgavano dai miei occhi presero ad aumentare di velocità. Non era più un pianto portato dalla forte rabbia, bensì non erano altro che milioni di lacrime di gioia.

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Ciao ragazzi! Chi sará mai apparso a fermare Sofia? Come andranno le cose? Spero vi piaccia. Un bacio😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now