Capitolo 61

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Guardavo i miei amici che, seduti attorno al tavolo di un bar, si scambiavano battute divertenti e sorridevano come dei matti mentre, di tanto in tanto, mi raccontavano qualche aneddoto accaduto nei vari giorni che ci avevano seprarati.
Era così bello averli lì, proprio accanto a me, proprio quando il peso sulle spalle era diventato troppo forte per riuscire a sostenerlo da sola.
Marta era seduta al mio fianco, teneva la sua mano ad accarezzare lentamente la mia coscia, lanciandomi alcuni sguardi per assicurarsi del fatto che non piangessi.
Stavo bene con loro, anzi! Dire solo che stavo bene era dire poco! Quel gruppo di pazzi sapeva sempre rendermi spensierata e piena, piena come se avessi tutto, piena come se non mi mancasse nulla nella vita. Ma sapevano; sapevano leggermi dentro come un libro aperto scritto a caratteri cubitali. Coglievano, nel mio sguardo, il nome di Tancredi, la sua insopportabile mancanza e la mia tremenda voglia di baciarlo, stringerlo, amarlo. Ogni mio gesto, parola o movimento parlava di lui, di quanto fosse stato così essenziale all'interno della mia vita e di quanto, purtroppo, ancora lo era.
Non avevo neppure provato a dimenticarlo, non era una cosa fatta per me, per noi. Sapevo con certezza che mai e poi mai sarei riuscita a smettere di pensare a un ragazzo tanto stupido quando enormemente perfetto, perfetto per me. Sapevo che nulla mi avrebbe imposto di mettere da parte il ricordo di una persona che mi aveva dato tanto, e sì, mi aveva anche fatto male, molto male, ma nonostante questo fu anche il solo a far davvero battere il mio cuore, farlo scoppiare d'amore e impazzire di passione.

"Posso...posso farti una domanda?" Chiesi a Lele quando restammo da soli. Qualcuno aveva deciso di uscire a fumare una sigaretta, qualcun altro era andato in bagno, perciò io e Lele cogliemmo l'occasione per restare un po' insieme, da soli, e parlare. E solo Dio sa quanto mi facesse bene parlare proprio con lui.
"Certo, dimmi." Mi rivolse uno sguardo di incoraggiamento, sapendo già quale sarebbe stata la mia domanda.
"Come sta...Tancredi? Insomma, con quella ragazza..." Tentai di dire con voce spezzata.
"Tancredi è un coglione, Sof. E lo dico io che sono suo amico da una vita! Quella notte era preso dall'effetto dell'alcol, lei si è fiondata sulle sue labbra e lui non ha saputo dire no. Come sta, vuoi sapere? Male, ma un po' se lo merita!".
"Male? Perché sta male?" Domandai incuriosita e preoccupata. Dannazione, quello stupido ragazzo mi aveva distrutta e io, ancora, provavo quel senso di irrequietezza solo sapendo che qualcosa in lui non andava. Qui, l'unica cogliona, ero io.
"Dice di essere ancora innamorato di te, di non aver mai conosciuto una ragazza che lo facesse impazzire al punto in cui sai farlo tu.". Sorrisi.
"E dice di aver sbagliato tutto a lasciarti andare. Voleva venire qui, con noi, oggi. Ma gliel'abbiamo impedito. Sapevamo per certo che ci saresti ricascata e ti avrebbe fatto del male di nuovo. Tu, Sofia, sei una ragazza splendida! Io voglio bene a Tancredi, gli voglio davvero un bene dell'anima, ma non siete fatti per stare insieme. Non funzionate, siete troppo diversi. Tu sei meravigliosa, Sofia! Lui non è altro che un eterno bambino!".

Sorrisi amaramente abbassando lo sguardo sul tavolino che divideva me e Lele, mi strinsi leggermente nelle spalle prima di sospirare silenziosamente.
Lele aveva ragione: se Tancredi si fosse presentato qui, con loro, probabilmente non avrei esitato ad allacciargli le braccia al collo e stringerlo a me come fosse la fonte di ossigeno di cui necessitavo per restare in vita. Ci sarei cascata di nuovo con la piena consapevolezza che, in breve tempo, avrebbe trovato un ulteriore pretesto per distruggermi, ancora e ancora, fino a quando non sarebbe morta anche l'ultima flebile fibra del mio corpo che pareva muoversi solo nella sua direzione. Non nego che mi avrebbe fatto piacere rivederlo, nonostante tutto, almeno per poterlo abbracciare un'ultima volta, per potergli stampare l'ultimo bacio, quello che mai avremmo dimenticato nemmeno a distanza di anni. Avrei voluto respirare ancora una volta il suo profumo, con gli occhi chiusi e il cuore aperto, la mente persa e l'anima impazzita. Avrei voluto fare tante cose con lui: viverlo fino alla fine, invecchiare al suo fianco, mano nella mano, poi mettere su famiglia, concepire due bellissimi bambini che sarebbero stati parte di noi per sempre. Avrei voluto scappare al mare, con lui; salutare il Sole che se andava, riflesso in un tramonto in riva al mare, per poi aspettare il suo ritorno, sulla spiaggia, in un'alba ineguagliabile. Avrei voluto anche rinchiudermi in una di quelle bellissime baite in montagna, con lui; circondati dal gelo delle nevicate invernali, a scaldarci con il calore dei nostri corpi, con la profonditá del nostro amore. Avrei voluto guardarlo dritto negli occhi mentre, davanti ad amici e parenti, infilava quella stupida fedina nel mio dito; avrei voluto dire quel "Si, lo voglio." tra le lacrime di un'emozione troppo forte per una sola persona. Poi avrei voluto preparargli il pranzo e la cena, nonostante io non abbia mai amato particolarmente l'arte della cucina, per il suo rientro a casa dopo il lavoro; salutarlo con un bacio sulla soglia della porta per poi spostarci in camera da letto e dipingere, con i nostri corpi, l'opera più bella di sempre che avrebbe fatto invidia anche al più grande e famoso artista. Avrei voluto fare tanto, con lui. Avrei voluto fare il semplice, che poi tanto semplice non era
perchè, se si trattava di lui, qualsiasi cosa era in grado di prendere la forma del gesto più profondo e significativo del mondo intero.

In quel momento fu solo il suono di una notifica proveniente dal mio cellulare a distrarmi dai miei pensieri; una notifica che, grazie alla suoneria personalizzata, sapevo bene da chi provenisse.

"Ti giuro che mi sto impegnando. Provo a evitare di contattarti, a mantenere le distanze. Sono stato un coglione e non me lo perdonerò mai. Ho sbagliato tutto, come sempre. Ho sbagliato a non comprendere a pieno l'importanza della persona che avevo al mio fianco. Ho sbagliato a lasciarti andare infilando quella stupida felpa nel tuo borsone quando io stesso avrei dovuto inseguirti e scappare via con te. Ma io, Tancredi, senza te, Sofia, non ci posso stare. Ricominciamo tutto da zero, ti va? Come se mai ci fossimo conosciuti, come se fossimo solo un nuovo inizio di una vecchia storia per cui ancora non eravamo pronti. Regaliamoci la relazione più bella che potremo mai vivere, insieme, io e te. Mi manchi da togliere il fiato, Sofia.".

Sorrisi stringendo il cellulare tra le mani prima di avvicinarlo al mio cuore, come se attraverso quel dannato schermo lui avrebbe potuto ascoltare il battito di vita che mi aveva appena donato.
In quel momento capii: io e Tancredi, insieme, eravamo un tale casino che nessuno, nemmeno il più celebre psicologo, sarebbe riuscito a placare ma, nonostante questo, non eravamo ancora pronti per dirci addio.
Mi aveva fatto male, si, ma quello era solo l'inizio. Non era ancora giunta la nostra fine e, se il mio cuore non si sbagliava, sapevo con certezza che non sarebbe mai arrivata. Perché io e Tancredi eravamo fatti così, tanto contrastanti quanto follemente desiderosi di vivere la nostra vita uno accanto all'altra, un po' come nelle favole. Perché io e Tancredi, dopo esserci conosciuti, non siamo mai più stati io e Tancredi. Eravamo noi, un noi che sarebbe durato per sempre.

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Ciao a tutti! Siamo arrivati al termine di questa storia e spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta!
Ammetto che in questo capitolo è scesa una lacrimuccia anche a me, ma forse faró un sequel...
intanto il prologo della prossima storia che avrà Diego come protagonista è già pronto, perciò tra oggi e domani penso di pubblicarlo! Continuo a ringraziarvi per i vostri commenti che mi riempiono il cuore di gioia! Siete davvero meravigliosi. Un bacione grande❤️

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now