Capitolo 40

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"Eccomi.".

Mi voltai in uno scatto filmineo prima che un sorriso si facesse spazio sul mio volto.
Con il fiato corto da una corsa contro il tempo, i capelli spettinati e un sorriso storto, Edoardo comparve sulla soglia della mia stanza stringendo tra le mani una vaschetta di gelato e due cucchiaini.
Avanzó a passo lento, probabilmente tentando di recuperare il fiato perso, prima di prendere posto accanto a me, seduto sul mio letto, e posare tra noi cioè che mi aveva portato.

Impiegai qualche istante per accertarmi che ciò che stava accadendo davanti ai miei occhi fosse vero.
"È più confortante sfogarsi davanti a un buon gelato, non credi? E questo è il migliore della città, puoi contarci!" Disse dolcemente allungando uno dei cucchiaini verso le mie mani. Lo afferrai timidamente prima di infilarlo nella prelibatezza che avevo davanti e assaporare i miei gusti di gelato preferiti che aveva incredibilmente azzeccato.
Portai alla bocca un paio di cucchiaiate prima di decidermi ad aprire bocca sotto il suo sguardo investigativo.

"Allora?" Mi domandó.
"Ecco...lui è..." Le parole mi si bloccarono in gola. Era già difficile ammettere a me stessa l'estenuante situazione che si stava verificando così lontano da me, e il fatto di doverlo dire a voce alta non era per nulla facile.
Chiusi gli occhi, presi un profondo respiro e proiettai lo sguardo in quello del ragazzo moro che pareva parecchio incuriosito da ciò che stavo per dirgli.
"È con un'altra." Dissi poi tutto d'un fiato, come se minimizzare i tempi facesse meno male. Ma non fu così: la lama seghettata che si trovava infilata nel mio petto prese a roteare, logorando ogni speranza ancora in vita dentro me.
"Oh." Si limitó a dire mentre nei suoi occhi comparve un velo di stupore e incredulità.
"Sai chi è lei?" Domandó poi.
Scossi il capo in segno di negazione: "Solo che è un'amica.".
"E tu ci credi?".
"Beh...mi fido di lui." Dissi con gli occhi bassi.
"Ti ho chiesto se ci credi, non se ti fidi.".
Esitai nel rispondere. Avrei dovuto crederci? Fidarmi di lui era davvero la cosa giusta?

"Non...non lo so." Squittii timidamente e tremendamente in difficoltà nel trovare una vera risposta dentro me.
"Sofia, ascolta, lui è innamorato di te?".
Sgranai gli occhi: ecco un'altra domanda a cui non sapevo rispondere. La nostra relazione era iniziata da troppo poco tempo per constatare se fossimo davvero innamorati, no?
"Beh, stiamo insieme da poco in realtà. È presto per dirlo.".
"Ok. Allora, lui sta bene con te?".
"Si.".
"In questi caso, credimi, non sentirà mai il bisogno di cercare un'altra persona. E se lo farà è perché, forse, non è così...preso, ecco. E anche molto stupido." Disse accarezzandomi dolcemente il braccio.
"Stupido?" Domandai assumendo un'espressione interrogativa.
"Si." Sorrise: "Tanto stupido da non capire cosa sta perdendo.".
Restai in silenzio mentre le sue parole si ripetevano in loop nella mia testa: cosa stava dicendo?
"Dài, Sofia, ti sei vista? Guardati, dannazione! Dove si trova, al giorno d'oggi, una ragazza vera come te? Una di quelle che ancora arrossiscono a un complimento? Che si immergono nei libri per scappare dalla realtà, tanto da creare un mondo fantasioso fatto su misura per loro? Che preferiscono una serata sotto le coperte, davanti a un film, piuttosto che mettersi in mostra nelle varie discoteche?".
Wow, rimasi senza parole. Boccheggiai incedula: perché Edoardo mi stava parlando in quel modo? Perché mi stava consolando? E perché tutti quei complimenti? Edoardo mi odiava, e io lo sapevo bene!
"Se mai questa ragazza dovesse rivelarsi la causa della fine della vostra relazione, credimi, lui se ne pentirà." Mi rivolse un sorriso caldo, uno di quelli che sanno portare l'arcobaleno anche dopo la tempesta più forte e violenta mai vissuta.
"Grazie, Edo." Dissi. Solo in quel momento, ascoltando la mia stessa voce spezzata, mi accorsi delle lacrime che stavano rigando le mie guance.
Edoardo passó delicatamente un dito sulla mia guancia, come se cancellare i solchi del pianto potesse in qualche modo allontanare anche il dolore che stavo provando.

"Vieni qui." Disse poi allargando le braccia.
Esitai prima di prendere coraggio e fiondarmi tra le sue braccia, bagnando la sua spalla di lacrime di dolore. Il contatto con il suo corpo seppe trasmettermi una strana sensazione, insapettata, come se per una volta mi sentissi davvero capita. Mentre la sua mano si muoveva lentamente tra i miei capelli, il mio respiro si calmava mettendo temporaneamente fine anche al mio pianto.
Quando il mio cellulare prese a squillare, mi staccai frettolosamente dal suo corpo caldo e mi fiondai sul dispositivo che mostrava il nome di Tanc. Risposi.

"Hei." Mi limitai a dire tentando di nascondere l'incrinatura della mia voce, ancora rotta dal pianto.
"Ciao, tutto bene?" Domandó con una leggerezza tale da farmi rabbrividire, come se davvero potesse in qualche modo andare tutto bene.
"Si, si certo. Tu?".
"Sono un po' stanco, ma tutto bene.".
"I Tiktok? Sono venuti bene?" Domandai, non perché mi importasse davvero il risultato finale di quelle registrazioni, ma per capire se davvero fosse solo quello il motivo della sua compagnia con quella ragazza.
Passó qualche istante dominato unicamente dal silenzio: non sapeva cosa dire? Stava forse pensando a quali Tiktok mi stessi riferendo? Forse perché non vi era alcun video realmente in programma quel pomeriggio.
"Ah, si, i Tiktok...si sono belli." Esordì infine in tono incerto.

Portai una mano sul petto stringendo le labbra tra loro: a quel punto ne ero certa, quella ragazza non poteva essere solo un'amica.
Lanciai uno sguardo fulmineo a Edoardo che, gesticolando con entrambe le mani, mi fece segno di mantenere la calma, ma come potevo riuscirci?
Presi un grande respiro e scossi il capo.
"Tanc." Lo richiamai tentando di mantenere un tono neutro e saldo.
"Si?".
"Chi è veramente quella ragazza? Non mentirmi.".
Eccolo di nuovo, il silenzio. A ogni parola non detta, il mio cuore pareva saltare un battito, il mio respiro perdeva la regolarità ch'era già in parte assente, il mio corpo tremava ripetutamente. Sapevo che non sarebbe stato facile, che avrei prima dovuto prepararmi a incassare il colpo finale, che avrebbe inflitto più dolore del necessario, ma avevo bisogno di sapere la verità.
"Te l'ho detto, è un'amica, Sof.".

La mia mente prese a viaggiare: immaginai una ragazza distesa sul letto, accanto a lui, ad accarezzargli il petto nudo in silenzio, in modo tale da non farsi sentire da me. Io che stavo solo dietro a una linea telefonica, troppo distante per poter effettivamente constatare la veridicità delle sue stupide parole.  Lei che rideva al solo suono della voce di Tancredi che pronunciava la solita frase: "È solo un'amica.", lui che la incitava a non emettere alcun suono fino alla fine della nostra telefonata, tappandole delicatamente la bocca con una mano, la stessa bocca che poco prima aveva baciato, la stessa bocca che non era la mia.

Riattaccai la chiamata senza dire una parola in più, presa da una sorta di crisi isterica. Mi gettai a terra, in ginocchio, afferrando la testa tra le mani e bagnando persino il parquet di una cascata di tristezza infinita che, a piccole dosi, stava logorando ogni cosa ancora in vita.
Come poteva, una sola persona, ridurne un'altra in quell'orrendo stato di lockdown fisico e psicologico? Nulla nel mio corpo pareva accennare alcuna somiglianza alla normalità: ogni reazione, sensazione, emozione era unicamente derivata da una costante surreale che non faceva altro che abbattermi maggiormente, rendendo il mio corpo un inutile foglio di carta scosso dal vento in un turbine di eterna desolazione.

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Ciao fiorellini! Perdonatemi la tristezza di questi capitoli ma, si sa, in una relazione, per quanto perfetta possa apparire, non può sempre andare tutto per il verso giusto! E voi cosa pensate? Sofia si sbaglia? O, al contrario, ha ragione? Spero vi piaccia, un bacio😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliKde žijí příběhy. Začni objevovat