Capitolo 30

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Il lunedì mattina non era mai stato così traumatico: tre ore dopo il mio improvviso risveglio nel cuore della notte, fu il fastidiosissimo suono della sveglia a interrompere il mio dolce dormire. Tuttavia non fu certo quello a sconvolgere l'inizio della giornata.

"Tesoro, sei sveglia?" Sussurró mamma aprendo leggermente la porta della mia stanza e infilando la testa nella fessura.
"Si." Mugugnai con la voce ancora impastata dal sonno.
"Tesoro, ascolta, ho bisogno di parlarti." Inizió.

Mi sollevai sulle braccia assumendo una posizione seduta a gambe incrociate, ancora coperta dal mio amato piumone in cui erano racchiusi i miei sogni più belli.
Il viso teso di mamma mi fece rabbrividire, dando sfogo a numerosi complessi mentali riguardo a quale avrebbe potuto essere il motivo di questo suo tono così serio e insicuro. Tutto avrei potuto pensare, tutto tranne ciò che realmente mi disse.

"Allora?" Domandai con un cenno del capo incoraggiandola ad aprire bocca. Sembrava quasi che ciò che stesse per dire la ferisse al punto di non trovare le parole per farlo.
"Tesoro, vedi...stiamo avendo alcuni problemi a lavoro e..." Fece una pausa sospirando.
"Mamma, cosa succede?" Domandai allarmata.
"Dovró assentarmi qualche giorno, forse qualche settimana." Disse tutto d'un fiato.
"Assentarti? Dove andrai?".
"Sono stata temporaneamente spostata nell'altra sede della nostra azienda, a Roma. Là hanno bisogno di me ora.".
"A Roma? Stai scherzando? E io?".
"Vorrei portarti con me, ma non puoi permetterti di saltare le lezioni per un tempo così indeterminato. L'alternativa che ho pensato per te è stare dai nonni. Cosa ne dici?".
"Mamma, io amo Roma. Non puoi andartene e lasciarmi qui. E poi non so nemmeno quando tornerai!" Dissi tentando di trattenere alcune lacrime che minacciavano di scendere.
"Tesoro, cerca di capire...".
"No, mamma! Cerca tu di capire! Cosa dovrei fare io? Restare qui come una stupida a sperare di vederti tornare?" Squittì tra i simghiozzi che avevano ormai preso il sopravvento.

Sapevo che per lei era importante che io proseguissi i miei studi, che continuassi a condurre la mia vita qui, nella mia città natale. E anche per me era così, ma non potevo vivere i miei seguenti giorni senza sapere quando e se avrei mai rivisto mia madre.
Sapevo che questa mia decisione avrebbe implicato anche il mio temporaneo allontanamento da Tancredi e ciò mi provocava un forte fastidio nel petto, dove il mio cuore strillava spingendomi a pensarci meglio, a non prendere decisioni affrettate, ma la mia mente aveva già determinato il da farsi: costasse quel che costasse, non avrei mai lasciato andare mia madre da sola a Roma.

"Quando partirai?" Domandai con le mano tremanti torturando l'angolo del piumone.
"A fine settimana, domenica mattina." Ammise sconfitta.

Restai a bocca aperta per qualche istante che sembró durare un'infinità di tempo: domenica sarebbe arrivata in sei giorni, ciò significava che quello era il mio tempo a disposizione per trascorrere gli ultimi momenti felici con le mie amiche e, ovviamente, con Tanc.

Un lampo filmineo attraversó la mia mente: come avrei potuto dirlo a Tanc? Come l'avrebbe presa? Sarebbe impazzito o mi avrebbe capita?
Avrei preferito parlargli faccia a faccia ma la settimana era appena iniziata e io avrei dovuto impegnarmi il più possibile in quei giorni prima di lasciare ogni cosa a cui ero legata fin da bambina. Non avrei certamente potuto attendere il sabato per spiegargli la situazione: sarebbe stato troppo tardi, l'avrei avvertito con troppo poco preavviso. In fin dei conti, sarei partita la mattina seguente.
Afferrai il cellulare non appena mamma uscì a testa china dalla mia stanza, aprii la chat di Tanc e digitai a fatica un messaggio sullo schermo bagnato dalle lacrime.

"Buongiorno piccolo.".

Premetti il tasto invio prima di appoggiare la schiena al muro chiudendo gli occhi. Intanto tracciai mentalmente il piano della giornata, decidendo di aspettare la fine delle lezioni e chiamarlo non appena sarei rincasata.
Grazie all'estenuante notizia ricevuta quella mattina, ero già enormemente in ritardo per la scuola: avrei dovuto sbrigarmi se non volevo perdere l'unico autobus che mi avrebbe permesso di raggiungere l'istituto in orario.
Aprii l'armadio prendendomi qualche istante per passare in rassegna ogni capo di abbigliamento contenuto in esso: optai per mantenere il mio solito stile estraendo un paio di leggings neri e una felpa oversize azzurra. Raccolsi i capelli in uno chignon, colorai velocemente le mie ciglia con una nota di mascara e, dopo aver caricato lo zaino in spalla e salutato mamma con un bacio sulla guancia, uscii di casa correndo verso la fermata dell'autobus.
La raggiunsi appena in tempo e tirai un sospiro di sollievo vedendo il mezzo avvicinarsi per poi frenare e aprire le porte.

"Sofia!" Mi chiamó una voce femminile, familiare ma non troppo.
Oltrepassai tutti i sedili, sotto gli occhi degli studenti incuriositi, e raggiunsi il fondo dove Alice era comodamente seduta accanto a qualche amico.
"Ciao!" La salutai rivolgendo poi un sorriso ai ragazzi che la affiancavano.
"Ho saputo di quello che è successo alla festa! Avrei tanto voluto assistere alla scena!" Disse battendo le mani allegramente e saltellando leggermente sul suo posto a sedere, "Sei così fortunata ad avere degli amici come Jasmine e Andrea. Per non parlare di Tancredi!".

Risi divertita portandomi dietro l'orecchio una ciocca di capelli sfuggita dallo chignon: "Si, sono davvero fortunata.".
In una frazione di secondo, i suoi occhi allegri e brillanti assunsero un colore più scuro, facendosi cupi e tristi.

"Sono sicura che i tuoi amici avrebbero fatto lo stesso per te." Dissi nel tentativo di sollevarle il morale. Sorrise amaramente con gli occhi fissi in un punto non ben definito. Solo quando mi voltai seguendo il suo sguardo capii cosa passava per la sua testa. Mano nella mano con Elia, Vanessa fece il suo ingresso sull'autobus sfoderando il suo solito atteggiamento da diva, attirando gli sguardi di ogni ragazzo e le occhiatacce fulminee delle ragazze.

"Guarda." Mi disse Alice con voce spezzata, "Lui è il ragazzo che mi piaceva fino a pochi mesi fa." Disse indicando Elia con un cenno del capo.
"E lei, beh, era la mia migliore amica, fino a pochi mesi fa.".

Sgranai gli occhi davanti alla sua affermazione: per la prima volta ero rimasta davvero senza parole. Mossi le labbra per parlare ma la mia voce si rifutava di farsi sentire. Alice sorrise davanti alla mia reazione prima di abbassare nuovamente lo sguardo facendo spallucce.

"Non sono più riuscita a fidarmi di qualcuno dopo questo fatto. Motivo per cui ogni volta che mi incontri nel mezzo dei corridoi sono sempre sola.".
"Hei." Dissi posando una mano sulla sua e accarezzandola dolcemente, "Ora hai me.".

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Buonasera! Come state? Spero vi piaccia il capitolo. Un bacione stelline😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now