Capitolo 41

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Erano ormai trascorsi cinque giorni da quando il rapporto tra me e Tancredi era radicalmente mutato in qualcosa di difficilmente sostenibile. Tutta la mia dolcezza si era trasformata in freddezza, insicurezza, incertezza; mentre tentava ogni parola pur di convincermi di essere l'unica, io faticavo incredibilmente a fidarmi ancora di lui. Decisi di prendere una sorta di pausa dopo la sua confessione, la stessa che confermó ogni mio doloroso sospetto: il loro intento, quel giorno, era davvero quello di registrare qualche video, almeno finchè le labbra di questa fantomatica ragazza non si posarono sulle sue. Sentivo continuamente una stretta al cuore ogni volta che la mia mente proiettava l'immagine di Tanc tra le braccia di un'altra, il suo sorriso su quello di un'altra, i suoi occhi in quelli di un'altra. Mi giuró che non ci fu nulla di più, solo un insignificante bacio che lui nemmeno voleva. E, per quanto possa sembrare assurdo, credevo fermamente alle sue parole ma necessitavo comunque di prendere fiato, colta da quel forte colpo, mettendo temporaneamente in pausa la mia corsa verso l'eterna felicità.

Ció che più mi stupì nel corso di quei pochi giorni fu Edoardo: anche il suo comportamento era totalmente cambiato, mostrando una personalità dolce e docile totalmente opposta all'apparenza che si ostinava a dare. La sua grande premura nei miei confronti era però estremamente contrastata dal disprezzo che provava verso mia madre per aver preso un posto che, a detta sua, non le spettava all'interno della famiglia. Non che non fossi d'accordo, ma non condividevo pienamente il suo pensiero: insomma, per quanto lui sentisse la forte mancanza della sua vera madre, Cristian aveva comunque il diritto di proseguire per la sua strada, aprendo le porte della sua vita a chiunque desiderasse che ne facesse parte. Certo, anch'io avrei preferito che quel chiunque non fosse stata mamma: in altre circostanze mi sarei trovata ancora nella mia città, accanto ai miei amici e più vicina a Tanc, e la mia vita non sarebbe andata a rotoli, o almeno non così tanto.

Rivolsi un timido sorriso a Edoardo, seduto accanto a me, sul muretto ai piedi della statua della Lupa nella distesa del Campidoglio.
Mi guardava come fossi il più bel dipinto di Monet, con un sorriso storto stampato in viso e un lampo di luce negli occhi chiari, mentre il fastidioso vento scuoteva i miei capelli, spettinandoli in un turbine di ricci castani. Dinnanzi a noi stava avendo luogo il più bel tramonto di sempre, con un Sole ormai basso che stava salutando Roma sparendo dietro la Cupola di San Pietro, preparando il cielo all'arrivo della Luna, la sua amante irraggiungibile.

Forse eravamo questo, io e Tanc: il Sole e la Luna, tanto innamorati quanto distanti, che possono solo guardarsi da lontano sognando, un giorno, di potersi finalmente abbracciare, fondendosi l'uno con l'altra. Che il loro desiderio, per quanto travagliato potesse essere, non era poi così impossibile: sarebbe bastata un'eclisse a unirli in un tutt'uno. Che se ai nostri occhi, vista dalla Terra, appare così emozionante, figuriamoci per loro che a distanza di lunghi anni possono finalmente mettere fine a ogni distanza che li separa, seppur per così poco tempo.
Chissà quanto ancora dovró attendere per vivere la mia eclisse, pensai, chissà quando potró riabbracciare il mio Sole.
Che, in fin dei conti, la Luna non è mai sola: lei ha le sue Stelle con cui condividere le notti buie e gelide ma, nonostante ciò, sa bene che senza il Sole non sarebbe niente di più di un banale satellite, una semplice comparsa nell'infinito cortometraggio di un Universo sconfinato. Questo dovrebbere essere l'esempio da seguire anche nelle relazioni terrene: nonostante gli insormontabili ostacoli che incombono nella loro storia d'amore, dipendono l'uno dall'altro. Non ci sarebbe Sole senza Luna, non ci sarebbe giorno senza notte, non ci sarebbe amore senza sofferenza.

Stringevo il cellulare tra le mani quando emise una flebile vibrazione seguita da un suono diverso dalle altre notifiche: era un messaggio di Tanc.
"Mi manchi.".

Sorrisi stupidamente davanti allo schermo piatto e illuminato mentre, nella mia mente, si fece spazio l'immagine del suo viso appena sveglio, con i capelli spettinati e la voce ancora impastata dal sonno, gli occhi semi-chiusi e le braccia estremamente aperte, un sorriso, un bacio e due semplici parole ma di grande impatto: ti amo. Sospirai: da tempo sognavo il giorno in cui le sue labbra avrebbero pronunciato quelle cinque lettere, che a dirle pareva così semplice, ma provarle è un tale uragano capace di spazzare via ogni forma di lucidità.
Ero consapevole ch'era ancora presto per poter ammettere un sentimento così grande ma, d'altra parte, ero certa che non ci saremmo mai detti addio senza prima esserci promessi amore eterno.
Quello stupido ragazzino, con i suoi occhi verdi e quei ricci spettinati color nocciola, era tutto ciò che di più bello avrei mai potuto chiedere alla vita. In così poco tempo, inaspettatamente, era diventato l'essenza di ogni mia giornata, il primo pensiero al mattino appena sveglia e l'ultimo alla sera prima di addormentarmi. Era anche il suono delle notifiche personalizzato, era quello a cui pensavo leggendo frasi romantiche tra le pagine di un libro d'amore ormai vecchio; era il segno zodiacale che speravo di trovare accanto al mio nei post dell'oroscopo su Instagram, quelli in cui venivano stupidamente create le coppie del giorno, del mese o dell'anno; era lo sguardo che mi faceva sentire bella nonostante il mio parziale disgusto verso me stessa, ed era anche il sorriso che accendeva la miccia del mio cuore, portandolo a esplodere come dinamite; e, ancora, era le mani che mi provocavano quei brividi lungo tutto il corpo solo sfiorandomi appena, le braccia che chiamavo casa, quelle tra cui avrei voluto sprofondare ogni notte; era il cuore che batteva solo per me, il respiro sul collo che si fondeva con il mio; era anche il pensiero che sapeva sballare completamente il mio umore, ribaltandolo in una frazione di secondo, con la facilità con cui si ruba una caramella a un bambino. Era tutto e anche di più ma, a mio malincuore, non era più mio, o almeno non del tutto, non finchè non sarebbe riuscito a riconquistare la mia fiducia. E dentro di me, nel profondo, nonostante la mia anima fosse ormai devastata ed estremamente logorata, sapevo che il mio cavaliere avrebbe portato a termine la sua missione; sapevo che io, Luna, dopo averlo stretto a me per la prima volta, non sarei più stata in grado di vivere senza il mio Sole.

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Oggi mi sono impegnata per farmi perdonare, quindi ecco qua un altro capitolo! Spero vi piaccia!😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliWhere stories live. Discover now