Capitolo 60

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"Hela pov's"

Ero seduta sul davanzale di un grattacielo, uno qualsiasi, molto alto...

Ammiravo il sole tramontate e le sfumature rosee e arancione diffondersi davanti alla mia visuale fino a scurirsi del tutto e lasciare spazio alle stelle e alla luna.

Non riesco a provare alcuna emozione, il mio migliore amico é morto tra le mie braccia, così a caso come se potesse capitare tutti i giorni, ma immaginavo tutt'ora, a distanza di una settima che sia accanto a me, sul tetto a fare battutine squallide a capaci di tirarmi di un minimo su il morale.

Non mi presentai neanche al funerale sebbene quasi tutta la squadra ci andò, giurai di aver visto da lontano Caroline e Matt, ma in fin dei conti non mi importava niente di loro, ne di James e tanto meno di Sicalis. Che senso aveva lottare ora che non avevo più nessuno per cui farlo.

Peter si ostinava a controllarmi da lontano così come mio padre e il resto della squadra come se fosse in attesa di qualcosa da parte mia, in realtà non so bene cosa ma potrebbe riguardare la cazzata che avevano fatto l'altro giorno, proiettare su uno schermo tutto quello che non volevo sapessero.

***

Saranno state due ore o anche piú che ero lì seduta sul davanzale del grattacielo a contemplare il rumore del traffico newyorkese e a fissare continuamente la semisfera di luce che splendeva a migliaia di kilometri da ma che sembrava quasi che riuscissi a toccarla.

Vidi in lontananza, sulla strada illuminata dai fari bianchi e gialli, una scia di fulmini blu, gli stessi di quando mi rubarono tutto quello che avevamo rubato.

Mi alzai di scatto quasi cadendo, feci due passi indietro come se aspettassi l'arrivo di quella cosa proprio diretta verso di me.

Non riuscii neanche a vederla, scrutai infatti dei fulmini intraprendere una corsa su per l'edificio fino a giungere a me, pareva una sagoma disconnessa nera avvolta da fulmini che non la folgoravano, anzi, parevano darle forza.

Non mi diede neanche il tempo di voltarmi nella sua direzione che subii una spinta sulla schiena, persi l'equilibrio e inciampai sulla bassissima ringhiera su cui eri seduta, chiusi gli occhi e mi trattenni dall'impanicarmi come insegnato.

Riuscii ad aggrapparmi con una mano alla ringhiera, ma il mio peso mi stava travolgendo e non osavo guardare in basso, ero a quasi una centinaia di metri dalla terra ferma e uno schianto del genere avrebbe generato la fine dei miei tempi.

Con uno slancio mi aggrappai anche con la seconda mano, tenevo saldo a me il pezzo di ferro che si bagnava sempre di piú con il mio sudore ed essendo per lo piú cilindrico, mi stava rendeva le cose molto piú difficili.

Provai a fare uno slancio e con la gamba raggiungere il davanzale per tirarmi su, ma ciò pareva impossibile oltre al fatto che peggiorai la situazione quasi cadendo.

<Aris> urlai, ma ella non rispondeva, non ne capivo affatto io motivo in realtà.
<Aris!> Urlai ancora piú forte, riuscii a percepire solo una lieve vibrazione sul mio polso e una lucina blu lampeggiare davanti ai miei occhiali, segno che non avevo connessione.

Potevo chiamare qualcuno ma avrei dovuto digitare manualmente il numero e in assenza di mani disponibili era impossibile.

Non so dirvi quanto rimasi attaccata lì, nessuno in superficie pareva essersi accorto di me, nemmeno Peter, per un attimo sperai mi stesse ancora spiando, ma non era così.

Ero sudata fradicia e mi impedivo di urlare e perdere forze altrimenti la mia morte sarebbe giunta al piú presto, pensavo solo al record che avevo superato qualche anno fa, ovvero quello di tre ore, speravo fossi ancora capace di farlo, ma il tempo passava e niente pareva accadere.

Another Me || Peter Parker Where stories live. Discover now