𝟐𝟎. 𝐍𝐎𝐓𝐓𝐈 𝐃'𝐈𝐍𝐂𝐔𝐁𝐈

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Aveva sentito da qualche parte che la notte portava consiglio, eppure a lei quelle notti avevano portato soltanto incubi e lacrime amare. Sogni tormentati, caotici e privi di un qualsiasi spiraglio di luce, e un buio freddo e angosciante, che le ammantava l'anima in una morsa stretta e soffocante.
Di giorno andava meglio, vedere i suoi genitori e parlare ore con la sua migliore amica, l'aiutavano ad allontanare quei pensieri nocivi, ma la notte, quando rimaneva da sola, quei mostri uscivano allo scoperto, e lei non poteva nulla.
Neanche avere una piccola luce accesa l'aiutava.

Erano le tre di notte, e si era alzata già almeno una quindicina di volte per andare a controllare la porta, perché il suo udito, aveva deciso di giocarle brutti scherzi, e ogni tanto le pareva di avvertire quei rumori.

Quella sera non aveva neanche provato a prendere qualche goccia di sonnifero, che comunque, nei giorni precedenti non avevano funzionato granché. Preferiva rimanere sveglia e vigile nel caso qualcuno fosse tornato.

Il display dello smartphone che aveva a fianco s'illuminò, emettendo una piccola vibrazione per avvisarla del messaggio in entrata.
Amber aggrottò la fronte, chiedendosi chi potesse mai essere a quell'ora tarda della notte.
Che si trattasse di Emma era fuori discussione, erano state in videochiamata fino a mezzanotte, quasi, e visto che aveva un esame la mattina seguente, dubitava fosse sveglia.

Il viso le si illuminò, insieme a un piccolo sorriso, quando vide che il mittente era Dick.

"Sveglia?" le aveva scritto.

"Sì" rispose lei dopo aver sbloccato lo schermo.

"Immaginavo."

"La tua immaginazione poteva svegliarmi, nel caso fossi riuscita ad addormentarmi" replicò.

"Il tuo ultimo accesso risaliva a meno cinque minuti fa" spiegò lui, "E vista la situazione..."

"Però..."
Il fatto che avesse controllato prima di scriverle, per paura di svegliarla, la fece sorridere.
"Comunque..." pensò qualche secondo prima di continuare a digitare, "Sono le tre di notte passate, io ho i miei motivi per non dormire, ma tu?"
Mentre aspettava la sua risposta provò a immaginare la sua espressione in quel momento.
Lo immaginò fissare lo schermo dello smartphone, e quando passò un minuto dal visualizzato, pensò stesse pensando a una qualche bugia da rifilarle.
Storse un po' il naso, e proprio mentre pensò di spegnere il cellulare, lo schermo si riaccese nuovamente.

"Volevo sapere come stavi, e se fosse tutto ok."

"Pessima bugia, Grayson."
Sapeva non fosse vero, non del tutto almeno, perché sperava che almeno in piccola parte lo fosse, ma quell'affermazione, l'aveva involontariamente fatta sorridere non appena l'aveva letta.
"Cos'è, paura di dirmi che ti ritiri a quest'ora della notte?"

"Devi immaginarmi proprio come un cattivo ragazzo, per pensare che io possa essere appena rientrato da chissà dove."

"No, in realtà no" scrisse, "Ancora non riesco a inquadrarti a essere sincera."

"Hai parlato con i tuoi?" le chiese lui per cambiare argomento.

"No... domani mio padre ha un processo importante, e se tutto va bene riuscirà a far finire tra le sbarre uno dei criminali più ricercati di Gotham degli ultimi anni. Non voglio dargli problemi, infondo per me non cambia nulla un giorno. Lo farò dopo il processo, sperando che vada bene" scrisse, e non vedendo nessuna risposta da parte di Dick e non volendo terminare la conversazione continuò con una domanda, "Aron Xeli, mai sentito?"

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