𝟐𝟖. 𝐋𝐀 𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀̀ 𝐂𝐇𝐄 𝐓𝐔𝐓𝐓𝐎 𝐕𝐄𝐃𝐄 𝐄 𝐓𝐔𝐓𝐓𝐎 𝐒𝐄𝐍𝐓𝐄

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Quella mattina l'alba a Gotham era stata rimpiazzata da copiose nubi nere. La città si era svegliata piangendo, sotto una pioggia di lacrime dolci che avevano accompagnato la città nel suo risveglio mattutino.

Amber se ne stava stesa a letto, immobile, sopra le coperte, le mani incrociate sulla pancia, le palpebre spalancate e i pensieri accavallati gli uni agli altri che le avevano provocato un lieve mal di testa nel corso delle ore. Per tutto il tempo, i suoi occhi non avevano fatto altro che passare dal soffitto al telefono, e quest'ultimo, due volte su tre, non aveva fatto altro che mostrarle la stessa identica schermata, con l'orario invariato come se il tempo avesse rallentato fino quasi a fermarsi.

Inspirò chiudendo gli occhi, e buttò fuori l'aria seguendo lo scandire di quei secondi diluiti, finché d'un tratto non solo il display segnò le cinque in punto, ma sotto di esso, accompagnata da una leggera vibrazione che le fece spalancare gli occhi, spuntò una notifica.

Amber afferrò il cellulare all'istante e lo sbloccò per leggere il messaggio che sua madre le aveva appena inviato. Vista l'ora le sembrò alquanto strano, perché al contrario suo, lei non era di certo una persona che poteva essere definita mattiniera.

Un pensiero avverso le strisciò silenzioso fino al cuore, che guizzò quasi volesse scrollarselo di dosso, e non si congedò fin quando non fu sicura che a scriverle fosse stata proprio lei.

"Buongiorno tesoro, tutto bene? Sei sveglia? Sei riuscita a dormire un po'? Io non tanto, tuo padre invece ha lavorato tutta la notte."

Amber storse la bocca, non poteva di certo dirle la verità. Tuttavia, la risposta che stava digitando non era nient'altro che una piccola bugia a fin di bene. "Sì, un po'" inviò, seguito subito dopo da un: "Qui tutto bene, lì?"

Sua madre le mandò un cuore. "Anche qui. Saremo lì per le dieci, fatti trovare pronta."

Le dita di Amber si mossero sulla tastiera per formulare una risposta, ma non fece in tempo a inviarla che la schermata di messaggistica venne sostituita da quella di una chiamata in entrata, o meglio, videochiamata.

Emma.

Nel leggere il suo nome Amber sollevò la schiena con uno scatto, e un piccolo giramento di testa approfittò di quel brusco cambio di posizione.

Di norma, alla sua migliore amica avrebbe risposto all'istante, ma in quel momento non fu così. Era sparita, non le aveva mandato alcun messaggio dopo l'accaduto in tribunale e sapeva che così facendo l'aveva fatta preoccupare a morte, ma il punto era che non sapeva cosa dirle. Ogni scusa le sembrava più banale e pensosa della precedente... tuttavia, alla fine rispose.

«Amber, Amber!» strillò Emma dall'altra parte del telefono, avvicinandolo al viso per osservarla meglio. Dalle occhiaie scure che aveva intorno agli occhi, anche la sua notte non doveva essere stata delle migliori. «Dio, come stai? Stai bene? Sei a casa?» sparò a raffica. «Eri online poco fa, perché non mi hai chiamato? O quantomeno risposto! Ero preoccupatissima, sono stata in pensiero tutto il tempo.»

Amber abbassò lo sguardo, tirò le ginocchia al petto e poggiò il telefono su di esse. «Sto bene, mi dispiace, mi dispiace davvero credimi, ma la polizia ci ha bloccati» disse, mentre le mani torturavano i polsini della maglietta che indossava. «E il mio cellulare si è scaricato, ho potuto metterlo sotto carica solo ora.»

Mentre parlava, una vocina nella sua testa si era sovrapposta a quelle parole, ricordandole che quella altro non era che la seconda menzogna di una giornata che non era neanche ancora iniziata, e che di quel passo non prometteva bene. Inoltre, a differenza della precedente, sapeva che non era affatto a fin di bene, ma aveva forse altra scelta?

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠حيث تعيش القصص. اكتشف الآن