𝟒𝟐. 𝐍𝐎𝐍 𝐒𝐈 𝐓𝐎𝐑𝐍𝐀 𝐈𝐍𝐃𝐈𝐄𝐓𝐑𝐎

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Aveva fatto quello che doveva, si era tolta quel peso, eppure, una volta fuori non si sentì affatto meglio. Avrebbe dovuto sentirsi libera, leggera, e invece aveva lo stomaco contratto e un groviglio di rovi che le comprimevano il petto.

Era una sensazione di malessere che non sapeva spiegare.

«Amber.» Uno schiocco di dita davanti ai suoi occhi. «Tutto ok?»

La realtà le tornò a fuoco in un battito di ciglia. «Sì, sì» replicò sbrigativa, puntando lo sguardo su suo padre.

«Metti la giacca, o prenderai freddo» le disse lui con un cenno del capo.

Non faceva freddo, eppure, vide sua madre sfregarsi le mani e rifugiarle nelle tasche del cappotto, Tyler tirare su la zip della giacca e due agenti appena scesi dall'auto fare altrettanto.

«Secondo te è vero che nevicherà?» disse uno di loro, alzando gli occhi verso il cielo.

«Nah, il meteo dice un sacco di stronzate» rispose l'altro. «È il sedici di aprile.»

Aprile, eppure era freddo come se fosse inverno. L'aria gelida l'aveva sentita anche lei quando era uscita di casa quella mattina, eppure, adesso c'era qualcosa di diverso. La sentiva infilarsi tra le impunture dei vestiti e sfiorarle la pelle, ma se fosse stata calda o fredda non avrebbe saputo dirlo. E fu allora che realizzò: era lei, il problema. Era lei che non sentiva più nulla.

«Amber» la richiamò suo padre, dolcemente, prendendole la giacca di mano e poggiandogliela sulle spalle. «Parla, avanti.»

Lei scosse la testa, come a voler sottolineare il fatto che non ci fosse niente che non andasse. «Nulla, davvero. Stavo solo pensando» tentò di rassicurarlo, ma suo padre la conosceva, e continuò a guardarla in attesa che gli rivelasse i suoi pensieri. Amber tergiversò. Sua madre era accanto all'auto, ferma a parlare con... «Tyler» la buttò li, «Non ci serve, papà. Non più.»

Suo padre sospirò e guardò il ragazzo. «Sì, forse, ma mi sento più sicuro con lui. Un altro po' di pazienza, d'accordo?» le chiese, e Amber annuì se pur riluttante. «Fallo per me e la mamma. Un mese, se è tutto normale allora lo manderò via.»

«Promesso?»

«Promesso.»

Ma sarebbe davvero tornato tutto normale da quel momento in poi? Non aveva una risposta, eppure, non aveva fatto altro che chiederselo.

Tornati a casa, si era fatta quasi l'una, e sua madre aveva ordinato il pranzo in uno dei migliori ristornati della città. Non faceva d'asporto, ma il loro studio tempo fa gli aveva fatto vincere una causa importante, e da allora il proprietario aveva avuto un occhio di riguardo per la loro famiglia. Sua madre ordinava lì ogni volta che non le andava di mettersi ai fornelli, il che succedeva spesso, o c'era qualcosa di importante da festeggiare.

Quel giorno, secondo Amber non c'era alcun motivo per festeggiare, ma sua madre non la pensava allo stesso modo e alla fine, come se non bastasse, aveva addirittura stappato una Krug Brut Vintage del 1988.

«Ce n'è davvero bisogno?» le aveva chiesto Amber, sottovoce, quando le aveva passato il bicchiere con lo champagne.

Lei, con il sorriso sulle labbra, aveva fatto scontrare il bicchiere con il suo. «Alla fine di quest'avventura» le aveva detto.

Amber aveva sollevato un sopracciglio e aveva arricciato la fronte, poi aveva portato il bicchiere davanti al viso e aveva guardato le bollicine salire e scoppiettare in superficie come se avessero potuto parlare e darle la risposta che tanto cercava. Ma così non era stato, e dopo qualche secondo aveva chiuso gli occhi e le aveva mandate giù tutte d'un fiato, con la speranza di spegnere almeno per un po' il rumore che aveva in testa. Ma quello non l'aveva abbandonata un solo istante, così come le parole di Gordon, che con prepotenza continuavano a raschiarle i pensieri.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now