𝟓𝟗. 𝐏𝐄𝐑 𝐀𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀 𝐀𝐃 𝐀𝐒𝐓𝐑𝐀

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AMBER


La sua mancanza fu la prima cosa che avvertii non appena mi svegliai.

Mi ero addormentata con il tepore del suo petto contro la schiena, la sua mano che mi cingeva la vita e mi teneva stretta a sé, il sorriso sulle labbra e il suo respiro che s'infrangeva tra i miei capelli. I baci lungo la spalla, le sue dita che percorrevano il mio avambraccio e i sussurri all'orecchio che mi avevano fatto tremare il cuore.

«Penso che di te non ne avrò mai abbastanza. Amber?»

«Hm.»

«Non sparire più, ti prego.»

Quella era l'ultima cosa che ricordavo, o almeno, l'ultima prima che chiudessi gli occhi. Tuttavia, adesso era lui che era sparito.

Mi alzai dal letto, e avvolta dalla penombra in cui la stanza era avvolta, mi trascinai dietro il piumino, tenendolo avvolto intorno alle spalle mentre recuperavo i vestiti dal pavimento. Li indossai, poi mi avvicinai alla finestra e spalancai le persiane.

L'aria gelida mi investì il viso ancora assonnato, e il pallido sole che si rifletteva sul bianco della neve mi abbagliò tanto che strizzai le palpebre fino a chiuderle quasi del tutto. Poi sbadigliai, stiracchiando le braccia, e andai in bagno per lavarmi il viso con l'acqua fredda che, oltre il caffè, era l'unica cosa in grado di farmi riprendere di prima mattina.

Non appena aprii la porta, fui avvolta dal profumo intenso di un bagnoschiuma maschile, le quali note aromatiche, che sapevano di bosco, fluttuavano tra i raggi di sole che filtravano attraverso le finestre.

Non doveva essere passato molto tempo, anche perché i vetri della doccia erano ancora bagnati, e mentre mi guardavo allo specchio e tamponavo il viso con l'asciugamano, mi ritrovai a chiedermi cosa, di tanto importante, l'avesse portato via da me. E mi dissi che no, non poteva essere sparito in quel modo, non dopo quella notte, e che almeno un messaggio doveva avermelo mandato.
Così tornai in camera, sfilai il telefono dalla tasca del cappotto e... cavolo. Emma. Mi aveva chiamato alle... assottigliai gli occhi, tre e mezza di notte.

Sbattei le palpebre, e tralasciando quel dettaglio e i messaggi che mi aveva mandato la richiamai all'istante. Il telefono squillò, e io attesi trepidante di sentire la sua voce dall'altra parte, soltanto che lei non rispose. A quel punto controllai l'ora, perché sapevo quanto le piacesse dormire fino a tardi, ma erano le dieci passate; quindi, poteva benissimo svegliarsi.

Ritentai, per ben due volte, ma alla fine fui costretta a lasciarle un messaggio, sorridendo e scuotendo la testa nel leggere i suoi dove alle tre e mezza di notte mi chiedeva di vederci.

Pazza svitata. Ma non vedevo l'ora di riabbracciarla.

Mi lasciai ricadere sul letto disfatto e presi a guardarmi intorno, pensando a cosa fare e al perché lui non fosse lì, con me, e fosse sparito senza neanche un messaggio. Mi chiesi anche se fosse il caso di aspettarlo, ma pensandoci bene, non conoscevo il motivo per il quale se ne fosse andato, quindi, non potevo neanche sapere quando sarebbe tornato.

Mi alzai e mi diressi alla porta, guardandomi intorno mentre me la richiudevo alle spalle, e percorsi il corridoio, sicura che una volta giù almeno Alfred l'avrei trovato. Eppure, il suo sguardo non fu il primo che incrociai.
Dick mi vide non appena arrivai alle scale che portavano al piano terra. Era esattamente alla fine, in fondo alla scalinata, una mano poggiata sul corrimano e lo sguardo già puntato dov'ero io, come se mi stesse aspettando.

Lo guardai per qualche secondo, immobile, cercando di non far trasparire la mia confusione o i miei dubbi e mi avviai giù per le scale con i suoi occhi che mi seguivano.
Non avevo idea di cosa dirgli, anche se morivo dalla voglia di saperlo, tantomeno chiedergli il perché se ne fosse andato mentre dormivo. Tuttavia, non ebbi il tempo di pensarci, perché non appena arrivai all'ultimo gradino vidi apparire sulla sua bocca un sorrisetto a fior di labbra.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now