𝟑𝟐. 𝐍𝐎𝐕𝐈𝐓𝐀̀ 𝐓𝐑𝐀𝐔𝐌𝐀𝐓𝐈𝐂𝐇𝐄

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Il macchinario che risuonava al ritmo del suo battito cardiaco fu la prima cosa che sentì.

Aprì gli occhi lentamente, sbattendo più volte le palpebre per adattarsi alla luce che non le aveva mai dato tanto fastidio come in quel momento. Rigirò la testa su qualcosa di morbido e con un forte odore di disinfettante, alzò un braccio portando una mano al viso e si fece strada tra i capelli annodati, fino a tastare un punto che le doleva in particolar modo. Lo sfiorò, ma non appena lo fece le sopracciglia le si contrassero più di quanto non fossero già e l'espressione confusa si deformò dal dolore.

Strizzò le palpebre. Si sentiva a pezzi e frastornata come se fosse sotto l'effetto di una qualche droga che le impediva di formulare pensieri... e ricordare. Rilasciò un sospirò e spostò lo sguardo dal soffitto alla parete che aveva di fronte, di un bianco fastidiosamente accecante ed estraneo, prima che un flash-back, rapido come un fulmine, le attraversasse le iridi.

Una frazione di secondo, un immagine confusa, eppure gli occhi le si spalancarono, il fiato le si bloccò in gola e il macchinario collegato al suo indice iniziò a suonare come se fosse impazzito.

Allo stesso modo, sua madre e suo padre varcarono la porta della stanza e si precipitarono accanto al letto, seguiti, pochi passi più indietro e con un'andatura più rilassata, da un uomo con indosso un camice bianco, in sintonia con i capelli brizzolati ai lati delle tempie.

«Come ti senti? Come stai?» sua madre era più agitata del macchinario che le squillava nei timpani dalla parte opposta.

Amber non le rispose, ogni fibra del suo corpo era impiegata nel capire cosa fosse successo, a cosa quel flash-back appartenesse. Fece pressione sugli avambracci e tentò di alzarsi, ma una fitta lanciante alla testa la riportò giù e l'espressione sofferente sul suo viso non passò inosservata.

«Amber?!» sua madre emise un respiro con il fiato corto, «Amber!»

«Le dia un momento, ha subito un lieve trauma cranico» esordì l'uomo che, dopo aver fatto il giro del letto, interruppe quell'aggeggio infernale che le rimbombava nei timpani.

Il silenzio le permise di chiudere gli occhi e distendere le palpebre, ma non appena lo fece, uno dopo l'altro, i ricordi le si materializzarono nella testa più vividi che mai. E nonostante le mille domande che le avevano assaltato la mente, a lasciare le sue labbra fu una cosa soltanto.

Un nome, un pensiero che non aveva dovuto combattere per prevalere sugli altri.

«Dick!» ansimò sbarrando gli occhi, e d'istinto, con un colpo di reni fece per tirarsi su.

«Piano.» Lievemente apprensivo nel tono di voce, suo padre le passò un braccio intorno alla vita e l'aiutò a sollevare il busto. «Sta bene» l'informò poi, «È nella stanza in fondo al corridoio. C'è Bruce con lui.»

Quella di Amber non era stata una domanda, ma non appena assimilò quelle parole le gambe le si sporsero oltre il bordo del letto, pronte a saltare giù. Ma il braccio di suo padre si tese davanti al suo busto prima che potessero anche solo toccare terra.

«Ferma» la bloccò, «Il dottor Connor deve prima fare degli accertamenti.»

«Devo vederlo» dichiarò lei, con gli occhi puntati sul corridoio che all'improvviso iniziò a ondeggiare. Afferrò il braccio che le sbarrava la strada e si sorresse per scacciare via quel lieve giramento di testa che l'aveva colta alla sprovvista, con la speranza che nessuno lo notasse. «Sto bene, lasciami passare per favore» insistette.

«Il tempo di una visita, poi potrai vederlo.» Quella volta, il tono delicato arrivò con una nota autoritaria che non ammetteva repliche.

Amber chinò il viso, gli occhi lucidi e le pupille ancora instabili scivolarono sulla mano di sua madre che si poggiò sulla propria abbandonata sulle gambe. Soltanto in quel momento si rese conto del rossore, per metà coperto dai polsini della maglietta, impresso sulla pelle attorno ai polsi. Arricciò la fronte, e sua madre le diede un colpetto prima di lasciarla, come a infonderle coraggio. Amber non la guardò, ma immaginò il sorriso tirato sulle sue labbra mentre si allontanava per lasciare spazio al dottore.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora