𝟓𝟎. 𝐄𝐌𝐈𝐂𝐑𝐀𝐍𝐈𝐀

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Emma se ne stava allungata sul divano, la testa sorretta da un braccio, il telecomando in mano e le anteprime di serie e film che scorrevano una dietro l'altra davanti i suoi occhi sullo schermo del televisore, decisamente troppo luminoso per il mal di testa che avvertiva all'altezza delle tempie.

«Cazzo» bofonchiò, rivolgendo il viso al soffitto e facendolo sprofondare nel bracciolo. Con un braccio si coprì gli occhi, cercando un po' di sollievo nel buio, ma pochi secondi e la sua frustrazione si riversò fuori in un sonoro sbuffo.

Lasciò il telecomando e cercò a tentoni il cellulare che aveva abbandonato sul tappeto ai piedi del divano. Erano venti volte che apriva e chiudeva la chat con Amber quella sera, precisamente da quando era rientrata a casa dopo le lezioni in università. Ed era quello il motivo della sua emicrania. Le veniva sempre quando il cervello le s'inceppava su qualcosa troppo a lungo. E in quel caso, quel qualcosa, portava il nome della sua migliore amica.

Era stata cattiva con lei, soprattutto quel giorno. Lo sapeva e le dispiaceva, ma cazzo! L'aveva tradita, e non parlava solo di fiducia, ma di vent'anni di amicizia, e tutto per cosa? Qualcuno che conosceva da quanto? Due? Tre mesi?

Non avevano mai permesso a nessun ragazzo di interferire con la loro amicizia, e adesso? Perché era cambiato? Cosa c'era di diverso?

Per carità, non voleva che non lo frequentasse... be' più o meno, perché come le aveva detto, quel tipo non gliela raccontava giusta: era saltato fuori insieme ai problemi, e non aveva bisogno di altro per sapere che quella non era una coincidenza.

«Non ho detto che non devi frequentarlo» erano state le parole esatte che le aveva detto l'ultima volta che aveva sollevato la questione. «Ho visto come lo guardi, Amber, lui ti piace e ci sta, ma proprio per questo potresti non vedere altro...» e aveva lasciato la frase in sospeso perché l'amica sapeva perfettamente a cosa si riferisse, quali fossero i suoi pensieri... sospetti.

«Non è...» aveva iniziato Amber scuotendo il capo, ma poi si era bloccata e aveva lasciato la frase in sospeso sebbene la prossima parola le si leggesse praticamente in faccia.

«Cosa, cattivo?» aveva terminato Emma per lei. «Non puoi saperlo. Non lo conosci.» Era stata secca, diretta, ma il messaggio non era stato recepito come sperava, perché Amber aveva inclinato il capo e sospirato come se non l'avesse sentita. O meglio, sentita ma non capita. Il che era molto peggio.

«È solo molto riservato» aveva detto infine.

Ed ecco che lo difendeva. Possibile che "l'amore" riducesse così le persone? Amber era sveglia, lo era sempre stata, ma quando si parlava di lui non aveva soltanto i prosciutti davanti agli occhi, ma anche dentro le orecchie a quanto pareva.

«Misterioso» l'aveva corretta lei. «È Misterioso, Amber, e tu sei la persona più curiosa dell'intero pianeta. Ma sai, alcuni misteri, per quanto belli e intriganti siano, è meglio che rimangano tali.»

«Tu vedi troppi film» le aveva detto Amber, ed Emma ricordava la sua espressione accigliata come se quella conversazione fosse avvenuta l'altro ieri. Invece era passato quasi un mese.

«Sì, lo so» le aveva risposto. «Anzi, adesso facciamo i pancake e ce ne vediamo uno.»

Sorrise nel ricordarlo, eppure non era un ricordo che faceva ridere, tantomeno era un ricordo felice. Era semplicemente un ricordo, uno tra tanti. Era un ricordo, sì, ma con la sua persona dell'universo preferita.

Amber aveva passato e visto cose che lei non poteva neanche lontanamente immaginare, e sì, le aveva mentito, e sì ne avrebbero parlato e sì, si sarebbe dovuta scusare... ma anche lei avrebbe dovuto farlo. Per non esserci stata, nel momento in cui aveva avuto più bisogno di lei.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now