𝟒𝟓. 𝐂𝐎𝐍𝐄𝐘 𝐈𝐒𝐋𝐀𝐍𝐃

316 25 100
                                    

Quando scese di sotto, vestita di tutto punto, suo padre interruppe qualsiasi cosa stesse dicendo e la guardò. «Dove vai così?» chiese mentre percorreva con lo sguardo la sua figura da capo a piedi.

«Perché?» fu la voce di sua madre, «Sta benissimo.»

«Sì, sta benissimo, è questo il punto» replicò lui, poi si girò di nuovo verso Amber. «Non voglio che tu te ne vada in giro. State a casa, fate quello che volete, ma non, e ripeto non uscite.»

Amber roteò gli occhi. «Non usciamo, Papà» lo rassicurò scuotendo la testa, «Ma questo non significa che non possa vestirmi bene, no?»

Lui sospirò e per qualche secondo abbassò il capo come se ci stesse pensando. «D'accordo, ma ti voglio a casa alle dieci, non un secondo di ritardo. Intesi? Il volo è alle undici e mezza.»

«Sì» asserì lei, con un piccolo cenno della testa. «E... papà...» lo richiamò qualche secondo dopo, mordendosi le labbra. «Stavo pensando, visto che stiamo a casa...» cantilenò cauta, «Che Tyler può lasciarmi lì e venirmi a riprendere dopo, così-»

«Non se ne parla.»

«Ma-»

«No.»

«Steve» l'ammonì Ester, alzando gli occhi al soffitto, poi virò lo sguardo su Amber e le andò incontro. «Sono sicura che non ci sia alcun problema se rimangono a casa» continuò, e una volta vicino le poggiò le mani sulle spalle e le fece scorrere sugli avambracci. «Ci penso io» le sussurrò, facendole l'occhiolino e sorridendole prima di rigirarsi verso suo padre. «E poi anche io ho delle cose da sbrigare, quindi, forse, sarebbe più opportuno che Tyler accompagni me.»

Il battibecco andò avanti per altri cinque minuti, fin quando Tyler non scese di sotto, e alla fine sua madre ebbe la meglio.

Prima di andare da lui però, Amber deviò per casa di Emma. Salì, salutò sua madre con un caloroso abbraccio e le lasciò la lettera che aveva scritto poco prima.

«Puoi dargliela domani?» le chiese.

La donna l'afferrò, crucciando appena la fronte. «Certo.»

«Grazie.» Amber le diede un ultimo abbraccio, e per un attimo pensò le avrebbe chiesto se c'era qualcosa che non andasse, ma non lo fece e lei fu felice di potersi precipitare fuori all'istante prima che le lacrime prendessero il sopravvento.

Se era bastato questo, con Dick cosa sarebbe successo? Scosse la testa. Poteva farcela. Doveva soltanto non pensarci.

Come se fosse facile. Possibile.

«Andiamo» disse a Tyler che era rimasto ad aspettarla fuori la porta. Camminava più veloce di lui, e le proprie gambe erano la metà delle sue.

Arrivarono a villa Wayne prima del previsto, vista la fretta di Amber che più di una volta l'aveva portata a chiedergli di accelerare o di sorpassare le macchine che avevano davanti.

«Sarò qui alle dieci meno dieci» l'avvisò Tyler, mentre superava il cancello che costernava l'abitazione.

«D'accordo» gli rispose Amber. Poi scese dall'auto, camminò fino all'ingresso e ci si fermò davanti. Prese un respiro, costringendosi a scrollarsi di dosso tutto quello che non voleva far trapelare e bussò.

Tyler era ancora dietro di lei, sentiva il rumore della macchina, e sapeva che non se ne sarebbe andato finché non l'avrebbe vista sparire dietro l'immenso portone, che si aprì qualche secondo più tardi accompagnato dal viso gentile del maggiordomo.

«Ciao Alfred» gli sorrise Amber.

Lui ricambiò il sorriso non appena la vide, prima ancora di salutarla. «Signorina Price, non sapevo sarebbe passata» indietreggiò e l'invitò ad entrare con un gesto della mano. «È sempre un piacere vederla.»

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora