𝟓. 𝐒𝐎𝐑𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐏𝐄𝐑 𝐒𝐂𝐄𝐋𝐓𝐀

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Amber non aveva chiuso occhio per gran parte della notte.
La ferita le faceva meno male, ma continuava a pulsare di tanto in tanto, pizzicarle e darle fastidio quando compiva alcuni movimenti. Ma era fiduciosa che le sarebbe passato nel giro di qualche giorno.

Aveva trascorso l'intera mattinata in università, e la lezione di diritto privato non le era mai pesata tanto come quel giorno, anche se non era riuscita a seguire più di tre quarti della lezione, per non parlare delle seguenti.

Erano le quattro del pomeriggio e sedeva sull'erba verde e rigogliosa del Robinson Park, il parco principale della città, all'ombra di una gigantesca quercia secolare.
Quel posto le piaceva da impazzire, amava alzare lo sguardo e perdersi ad osservare l'intreccio dei rami, talmente fitti da non permettere il passaggio di neanche un singolo raggio di sole.

«Bu.» Emma saltò fuori all'improvviso, sfoggiando il suo miglior sorriso.
«Okay, la cosa deve essere seria» si rabbuiò, scrutando attentamente l'amica, e non vedendola rispondere al suo sorriso com'era solita fare. «Non hai una bella cera» commentò guardandola attentamente, «Quando hai detto che dovevi raccontarmi una cosa, pensavo a qualcosa di bello, o almeno, è quello che mi avevi fatto intendere» fece una pausa e inclinò leggermente il capo, «Che ti è successo? Stai bene?»

«Sto bene» la rassicurò Amber.

«Che è successo?» ripeté Emma preoccupata, facendosi improvvisamente più seria di quanto non fosse già.

Amber si sforzò di sorriderle. «Camminiamo, ti racconto strada facendo.»

Le due si conoscevano da sempre, avevano la stessa età, ed erano cresciute praticamente insieme fino all'età di dodici anni, poiché abitavano nello stesso palazzo, e le loro porte erano una di fronte all'altra. E il trasferimento dei Price in un nuovo quartiere, non aveva cambiato nulla tra di loro, erano l'una per l'altra la sorella che non avevano mai avuto.
Condividevano tutto, dalle risate ai pianti, dai pettegolezzi ai segreti, dalle scarpe ai vestiti.
Emma Foster era una ragazza vivace, secondo alcuni anche troppo, era quel tipo di persona capace di rianimare una serata ormai morta con la sua sola presenza.
Studiava anch'ella, pressò la Gotham University, una delle università più antiche e prestigiose della città, ma al contrario dell'amica, Emma aveva sempre avuto una passione per la psiche, ed era brava a capire le persone, così si era iscritta a psicologia.

Il Robinson Park quel pomeriggio non era particolarmente affollato.
La leggera brezza, che muoveva le foglie degli alberi, produceva un fruscio piacevole e rilassante, spargendo ovunque l'odore mischiato di piante, fiori e alberi.
Emma ascoltava in silenzio ciò che la sua amica le stava raccontando, fissandosi di tanto in tanto le scarpe che calpestavano l'erba verde e appena tagliata, lo si capiva dall'odore che emanava.

Amber s'interruppe, sentendo le lacrime arrivare; non voleva piangere, non di nuovo, voleva solo dimenticare.

Emma improvvisamente si girò verso l'amica, e l'avvicino stringendola a sé in un abbraccio.
«Dio santissimo» mormorò. «Ti hanno toccata?» continuò dopo svariati minuti, sciogliendo l'abbraccio.

«No, no, non mi hanno fatto nulla» rispose la bionda, omettendo il fatto che un coltello fosse finito proprio sotto il suo costato.

«Dobbiamo andare dalla polizia.» Emma, riprese a camminare con un passo più svelto e deciso.

«Emma» la chiamò Amber. «Emma!» urlò, facendola finalmente fermare e voltare di scatto. «Non li ho neanche visti bene in faccia, era buio» scosse la testa. «E poi sai che la polizia lì non può nulla, e inoltre i miei non sanno nulla, e non devono» concluse, avvicinandosi.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora