𝟒𝟕. 𝐋'𝐔𝐋𝐓𝐈𝐌𝐎 𝐒𝐎𝐑𝐑𝐈𝐒𝐎

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La macchina stava andando incontro al mal tempo, e lei a un destino crudele e beffardo che l'aveva costretta a prendere la decisione più difficile della sua vita.

Le prime gocce di acqua iniziarono a posarsi sulla carrozzeria della vettura appena uscirono dal quartiere di Brooklyn, e man mano che si avvicinavano a Gotham il tempo non faceva altro che peggiorare. Infatti, quei piccoli squarci di cielo ancora visibili, a poco a poco sparirono del tutto dietro una coltre di nuvole grigie che non preannunciavano niente di buono.

Amber guardò l'enorme peluche che aveva davanti alle gambe, e che a fatica avevano fatto entrare in macchina. Dopo quella serata avrebbe dovuto avere un sorriso che era il doppio del suo; eppure... l'unica cosa che era riuscita a strapparle qualcosa di vagamente simile erano state le parole che Dick aveva pronunciato quando erano arrivati all'auto. «Se vi stringete, sono sicuro che ci entrate entrambi.»

Forse, sarebbe stato meglio non essere felici. Magari così avrebbe sofferto meno. Eppure, non avrebbe scambiato quei momenti per nulla al mondo, e avrebbe dato tutto pur di poterli rivivere anche solo una volta.

Un giorno.

«È acqua neve» dichiarò Dick a un certo punto, strappandola dai pensieri che le avevano annebbiato le iridi, mentre le ruote percorrevano la Roosevelt East River in direzione di Gotham.

Amber si voltò a guardarlo per la prima volta da quando erano saliti in macchina, ma quasi avesse percepito il suo sguardo, lui fece altrettanto. Qualche secondo, poi tornò con gli occhi davanti a sé e accelerò appena.

«Tutto ok?» le chiese, e Amber deglutì raddrizzandosi nel sedile.

«Hm-hm» fece con un cenno affermativo del capo, «Perché?»

Lui ci mise qualche secondo a risponderle, e per un attimo, che a lei sembrò non passare più, Amber credette il peggio. Ma alla fine Dick scosse la testa con un debole movimento, mantenendo gli occhi fissi sulla carreggiata. «Niente» mormorò. «Niente» ripeté, così piano che Amber non capì se quella voce fosse soltanto nella sua testa. Un'invenzione del suo subconscio che, a quanto pareva, aveva deciso di torturarla fino alla fine.

Poco prima di arrivare davanti i cancelli di villa Wayne, Dick rallentò, prese il telefono e accedette alle telecamere di sorveglianza esterne

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Poco prima di arrivare davanti i cancelli di villa Wayne, Dick rallentò, prese il telefono e accedette alle telecamere di sorveglianza esterne. Controllò che Tyler non fosse già lì, e dal momento che non c'era procedette per la solita strada. Ma al posto di lasciare l'auto sul vialetto, come l'aveva sempre visto fare, si recò sul retro. Scese la rampa che conduceva ai garage, illuminata da una serie di faretti di ultima generazione incassati nella pavimentazione, e lasciò la macchina appena dietro l'ingresso, come se prima di tornare dov'era avrebbe dovuto essere tirata a lucido.

In un'altra situazione, Amber non avrebbe esitato a chiederglielo, ma in quel preciso istante il pensiero la sfiorò a malapena. Così, avvolti soltanto dal rumore dei propri passi salirono in camera. Entrò, sorpassando Dick che si richiuse la porta alle spalle subito dopo, e sapeva che quello era il momento perfetto per dirgli tutto. 

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now