𝟓𝟖. 𝐀 𝐖𝐇𝐈𝐒𝐏𝐄𝐑 𝐈𝐍 𝐓𝐇𝐄 𝐍𝐈𝐆𝐇𝐓

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AMBER


«Alfred!» esclamai, mentre gli andavo incontro con le labbra incurvate in un sorriso.

Lui si alzò dal sofà e mi salutò con un piccolo cenno della testa com'era solito fare, ma io saltai quei convenevoli e con tutta la semplicità del mondo l'abbracciai.
Probabilmente, quel mio gesto lo colse di sorpresa, perché impiegò qualche secondo a ricambiare, ma quando sciolsi l'abbraccio mi stava sorridendo di rimando.

«La trovo bene» mi disse.

«Ho promesso a qualcuno che mi sarei presa cura di me stessa» risposi, con le iridi coperte da un velo di emozione.

Sei da solo? Avrei voluto chiedergli. Lui come sta? Dov'è? Cosa ha fatto in questi mesi? «Che... che ci fai qui?»

«Sto per andare via, viene con me?»

Rimasi interdetta. Perché voleva che andassi con lui? E perché non aveva risposto alla mia domanda?

«Io...»

«Certo che viene» s'intromise mia madre, sorridendomi quando mi girai a guardarla. «Non preoccuparti per noi.»

«Ma è la vigilia» replicai.

«Tranquilla» continuò, girando intorno all'isola della cucina e avvicinandosi a papà. «Noi non sentiremo affatto la tua mancanza.» Gli si poggiò con il busto contro e con una mano gli carezzò il braccio. «Vero Steve?» pronunciò languida, guardandolo negli occhi mentre io spalancavo i miei.

«Ok, mamma.» Crucciai la fronte. «Ciao.»

«Avvisa quando torni!» urlò prima che uscissi e io neanche le risposi. Certo che avrei avvisato. Non doveva neanche dirlo.

Usciti dal portone, Alfred mi scortò a un'elegante berlina d'epoca cromata, dalla carrozzeria nera e lucida che rifletteva la luce dei lampioni circostanti, e prima che potessi farlo io mi aprì la portiera.

«Non hai risposto alla mia domanda» gli ricordai prima di salire.

Lui fece il giro dell'auto, salì a sua volta e si sistemò alla guida. «Sono venuto a prenderla» mi rispose, ingranando la marcia e afferrando con entrambe le mani il volante.

Mi accigliai.
A... prendermi?

«Perché?» chiesi, ma i suoi occhi continuarono a rimanere fissi sulla strada. Sospirai. D'accordo. «Lui come sta?» mormorai tutto d'un fiato.

«Tra poco potrà chiederglielo di persona.»

Lo sapevo. Sapevo che Alfred mi stesse portando da lui, ma quando pronunciò quelle parole il cuore prese a martellarmi incessantemente nel petto. E non riuscii a chiedergli altro, tantomeno guardare fuori la distanza che ci separava accorciarsi. Così mi poggiai allo schienale dell'auto, presi a fissarmi le ginocchia e non mi mossi neanche quando sentii il rumore dei cancelli che si aprivano, l'auto che si fermava dopo aver percorso il viale e il motore farsi improvvisamente silenzioso.

«Non scende?» Neanche mi ero accorta che Alfred mi aveva aperto la porta dell'auto e mi stava aspettando.

Incapace di parlare, annuii, e non appena misi i piedi a terra fu inevitabile: alzai la testa e puntai lo sguardo alla finestra della sua camera.
Le luci erano spente.
Forse non era lì? Forse lo sapeva e mi stava aspettando all'ingresso?

Mi costrinsi a respirare e seguii Alfred, ma non appena varcai la soglia non ebbi neanche bisogno di guardarmi intorno per sapere che lui non c'era. In un gesto istintivo, le mie sopracciglia si mossero spinte da un accenno di delusione.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now