𝟓𝟔. 𝐈𝐋𝐋𝐔𝐒𝐈𝐎𝐍

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AMBER


Avevo appena risposto ad Annabel dicendole che non sarei andata, quando qualcuno, che vista l'ora immaginai essere mia madre, bussò alla porta della mia stanza.

Allontanai la matita dalle labbra e sollevai il viso dal libro di diritto che avevo poggiato sulle gambe. «È aperto» dissi, continuando a rimanere seduta sul letto.

Mia madre aprì la porta, e la prima cosa che notai fu la scatola bianca e rettangolare che aveva in mano, poi il leggero sorriso che aveva sulle labbra mentre mi si avvicinava.

Non potei far a meno di accigliarmi, soprattutto quando mi si sedette accanto e me la porse.
Immobile, osservai il nastro in raso dorato con il quale era stata chiusa, la trama floreale, leggermente in rilievo, che sembrava ricamata su di essa, e il fiocco così perfetto che quasi dispiaceva disfare.
Sollevai lo sguardo nel suo. «Cos'è?» chiesi.

Lei in risposta me l'avvicinò. «Apri.»

Scossi la testa, la chinai sul libro e finsi di riprendere a leggerlo. «No» risposi secca. «Ho detto niente regali quest'anno. Lo sai, ho già tutto.»

Per qualche secondo ci fu silenzio, e stupidamente pensai che stesse per andarsene, invece, poggiò il regalo sopra il libro che tenevo sulle gambe. «Ti piacerà, vedrai.»

Sbuffai e lo scansai con un gesto della mano. «Devo studiare, mamma.»

«Questa sera no» replicò, «Hai una festa, ricordi?»

«Non ci vado, alla festa» scandii in modo chiaro così che capisse una volta per tutte che non avevo alcuna intenzione di andarci. «L'ho già detto anche ad Annabel.»

«Annabel e Ben passeranno a prenderti alle nove.»

«Che?»

«Per cui hai» sollevò viso e guardò l'orologio alla parete. «Un'ora e mezza di tempo per prepararti» mi disse, poi si alzò dal letto e fece per andarsene, ma a quel punto mi alzai anch'io, la raggiunsi e mi piazzai davanti la porta impedendole di uscire.

«Mamma.» Esigevo una spiegazione alle sue parole.

«Hm?»

«Cosa hai fatto?» Lo sapevo, o meglio, stando a quello che aveva detto lo immaginavo, ma volevo che fosse lei a dirmelo, così, forse, si sarebbe resa conto della gravità della cosa. «Ti ho dato il numero di Annabel per farti stare tranquilla, non per...» sospirai e chiusi gli occhi. «Pensano già che io sia strana, figuriamoci dopo questa...»

«Non lo pensano.»

Sospirai di nuovo, a metà tra lo sconforto e la rabbia, tornai sul letto e mi buttai a pancia in giù, contro il piumone nel quale nascosi il viso. «Vattene via» mormorai, ma lei non se ne andò affatto.

«L'Amber che conoscevo non si sarebbe mai comportata così.»

«L'Amber che conoscevi non c'è più, mamma.»

La sentii sospirare piano, poi in silenzio uscire dalla mia stanza e richiudersi la porta alle spalle.

Io rimasi così ancora per qualche secondo, con il viso sprofondato tra le coperte, ma alla fine mi sollevai e recuperai il libro. Facevo ancora fatica a studiare, persino le materie che più mi piacevano, per cui non era il caso di andare ad una stupida festa a sprecare tempo. Gli esami si avvicinavano e sebbene passassi le giornate sui libri non mi sentivo affatto pronta.

Mi rimisi la matita tra il pollice e l'indice e ripresi lì dove ero stata interrotta, ma quella volta, a disturbare il mio tentativo di studio, fu il regalo che mia madre aveva lasciato a un palmo dal mio naso.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora