𝟑. 𝐈𝐍𝐃𝐄𝐋𝐄𝐁𝐈𝐋𝐄

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Non appena era rientrata a casa aveva lanciato una voce ai suoi genitori, che per fortuna non erano nei paraggi, e li aveva avvisati del suo rientro. Subito dopo, era corsa in camera sua, chiudendosi a chiave dentro il bagno.

Aveva gettato a terra la borsa e la giacca, aveva riempito il lavabo con acqua calda e sapone per le mani, decisamente non adatto, e ci aveva buttato dentro il pantalone nero che si era sfilata di dosso.

Si poggiò con una mano al bordo del lavandino in marmo bianco, con l'acqua ormai rossa per via del sangue del quale il tessuto del pantalone si era impregnato, e si guardò allo specchio contornato da una fila di led bianchi.
Aveva un aspetto orribile, la coda eyeliner era stata cancellata e il mascara, una volta perfetto, imbrattava la sua pelle chiara e perfetta intorno ai suoi occhi arrossati di un azzurro molto chiaro.

I suoi polsi, come le sue braccia, erano ancora caldi e arrossati, come a volerle ricordare ciò che era appena successo e soprattutto ciò che sarebbe potuto accadere.

Qualcuno bussò piano alla porta della sua camera, facendola trasalire, ma poi Amber sentì la voce calda e tranquillizzante di sua madre, Ester.

«Tesoro, non ci hai neanche salutato» disse la donna, conoscendo le abitudini della propria e unica figlia.

Amber chiuse gli occhi e sospirò, «Scusa, mamma... mi scappava» mentì, cercando di mantenere un tono fermo e rilassato.

«Oh» sua madre si sentì improvvisamente più tranquilla, «Scusa, pensavo fosse successo qualcosa.»

«No mamma, tranquilla» la rassicurò, «Faccio una doccia e passo ok?»

«Va bene, fa con calma.»

Amber tirò un sospiro di sollievo non appena sentì la porta della sua camera richiudersi.
Finalmente poteva concentrarsi su sé stessa.

Guardò per alcuni secondi la sua maglietta imbrattata di sangue, poi con estrema lentezza iniziò a sollevarla. Per fortuna non le aveva mai fatto impressione, come le ferite, anche se averle sulla propria pelle era tutt'altra cosa, e non sapeva se fosse pronta a quello che stava per vedere.

Le faceva ancora parecchiomale, e il sangue non si era ancora coagulato del tutto, ma a primaimpressione, non sembrava niente di irrisolvibile e così tragico, e sapeva cheuna volta pulito il sangue tutt'intorno sarebbe sembrato molto più piccolo.
«A noi due» soffiò, afferrando alcune garze sterili che da quando erano state messe nel suo bagno non erano mai state utilizzate, forse erano anche scadute, tutti i prodotti medici, da quel che ricordava, avevano una scadenza, ma non controllò neanche, erano intatte e quello le bastava.
Pulì la pelle intorno, il taglio non era più lungo di quattro centimetri, ma visto il dolore che provava pensò che doveva essere molto più profondo del previsto, e molto probabilmente necessitava di alcuni punti.
Quella era una situazione che non aveva previsto, ma andare in ospedale era fuori discussione. I suoi genitori avevano diverse conoscenze e qualcuno avrebbe potuto avvisarli anche se maggiorenne.
Prese un dischetto di cotone, di quelli che usava per il trucco, ci spruzzò del disinfettante e lo passò intorno alla ferita, poi afferrò quattro cerotti, i più grandi e lunghi che ci fossero nella scatola e li applicò a mo' di punti, per non far muovere lembi di pelle, pensando che ciò sarebbe bastato a farla cicatrizzare.
Completò coprendo il tutto con delle spesse garze sterili, che fissò alla pelle con altrettanti cerotti non avendo nient'altro a disposizione.

Si spogliò, e la sua maglietta raggiunse con un volo il pantalone nel lavabo, dove l'acqua era diventata ormai di un colore rosso saturo, sperando che insistendo, sarebbero tornati come prima.
Ma nulla sarebbe stato come prima, e lei ne era consapevole, se pur cercasse in tutti modi di negarlo a sé stessa. In fondo, non era successo niente di grave e irreparabile.

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now