𝟒𝟑. 𝐕𝐄𝐍𝐓𝐈𝐐𝐔𝐀𝐓𝐓'𝐎𝐑𝐄

339 26 29
                                    

«Sapevo che avresti fatto la cosa giusta. Cosa ti ha fatto cambiare idea se posso chiedere?» Quelle erano state le prime parole che Gordon le aveva rivolto dopo averla accompagnata nel suo ufficio, e Amber non aveva ancora aperto bocca sul perché fosse lì.

Non rispondergli, sei ancora in tempo per tirarti indietro. «Chi le dice che sono qui per quello?» replicò dopo diversi secondi.

Gordon incrociò le mani, i polsi contro il bordo della scrivania. «Il tuo sguardo, l'ho notato appena sei entrata.»

I loro occhi si erano incrociati nell'esatto momento in cui aveva varcato la soglia del distretto, e la porta non si era ancora richiusa alle sue spalle che quelli di lui si erano accesi, attraversati da quello che Amber aveva intuito essere un lampo di consapevolezza. Il sesto senso di cui le aveva parlato.

«La me del futuro» disse soltanto, abbassando lo sguardo e facendo dondolare la testa. Ed era vero, lo stava facendo per la persona che voleva diventare. Per i propri ideali, quello in cui credeva. Perché era giusto e per tanti altri motivi, e anche se dentro tremava, non si sarebbe tirata indietro.

Non avrebbe tradito sé stessa per nessuno al mondo.

La lei di qualche mese fa non avrebbe neanche esitato, e non sapeva perché la lei di adesso ci avesse messo tanto.

Forse perché sperava che le cose sarebbero tornate come prima, che si sarebbero aggiustate come nei film... ci aveva sperato, ci sperava anche adesso, ma non poteva rimanere aggrappata a qualcosa che non esisteva. Perché non è così che si vive.

E poi era da troppo che sentiva come se fosse sull'orlo di un dirupo, consapevole che tornare indietro era impossibile, ma allo stesso tempo troppo spaventata per saltare. Ma adesso era arrivato il momento di sfidare la paura, staccarsi, e affrontare qualunque cosa ci fosse stata di sotto ad aspettarla.

I suoi si comportavano come se fosse tutto normale, e lei dal canto suo aveva cercato di fare lo stesso, ma la verità era che fingere che andasse tutto bene non l'avrebbe reso reale. Né ora né mai.

Ci aveva messo un po' a capirlo, ma da quando era salita su quel taxi niente era più stato lo stesso.

La sua vita non sarebbe più tornata quella di prima, era inutile illudersi, non sarebbe stata più lei, perché come poteva essere la stessa dopo quello che aveva passato? Come poteva tornare a vedere il mondo allo stesso modo di prima? Come poteva vivere così, con quel peso, con la consapevolezza di essere rimasta ferma a guardare quando avrebbe potuto fare qualcosa?

Non sarebbe stata complice. E soprattutto non dell'uomo che le aveva rovinato la vita.

Aveva soffocato quei pensieri così a lungo che quando li aveva liberati l'avevano travolta come una tormenta in piena estate.

«I tuoi non sono qui» constatò Gordon.

«Servono?»

«No.»

«Bene. Procediamo» l'esortò Amber, con una determinazione che non credeva sarebbe riuscita a tirare fuori in quel momento.

Tornarono nella sala degli interrogatori e Gordon attivò il microfono. «Devo registrare, questa volta» disse, e lei annui mentre sotto il tavolo le dita delle mani stringevano le gambe come se ne avessero voluto strappane via la carne.

Poi chiuse gli occhi, perché così, forse, buttarsi da quel dirupo le avrebbe fatto meno paura.

Poi chiuse gli occhi, perché così, forse, buttarsi da quel dirupo le avrebbe fatto meno paura

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now