𝟒. 𝐑𝐀𝐏𝐏𝐎𝐑𝐓𝐈 𝐃𝐈𝐅𝐅𝐈𝐂𝐈𝐋𝐈

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La mattina seguente la notizia era su tutti i media della città: nei telegiornali, sulle prime pagine dei giornali, alla radio e sulla bocca degli abitanti di Gotham, nessuno escluso.

Non si parlava d'altro anche se i pareri erano piuttosto contrastanti tra la gente. C'era chi lo vedeva come un eroe, intoccabile e sacro, e chi invece pensava fosse uno dei tanti vigilanti mascherati che agivano per il proprio tornaconto a discapito dell'ordine pubblico.

Ma Robin era davvero tornato?
Era questa la domanda principale che tutti si ponevano.
Era davvero lui colui che le telecamere avevano ripreso?
A giudicare dall'agilità poteva trattarsi solo di una persona: del ragazzo meraviglia.

Le immagini e i video che erano stati recuperati da una telecamera di sorveglianza nei pressi del porto erano mosse e poco nitide, a causa della scarsa qualità dei pixel sommata a un'illuminazione pressoché nulla, alla quale si aggiungevano movimenti rapidi. Il costume che lo caratterizzava era abbastanza riconoscibile, come il mantello e l'immancabile bastone telescopico, e inoltre vi erano testimonianze di un paio di addetti alla sorveglianza locale.

Stando a quanto riportato dai notiziari, non era chiaro il motivo per il quale Robin non fosse in compagnia di Batman, visto che non avevano mai agito in maniera separata. L'unica cosa certa era che nove uomini, identificati dalla polizia come trafficanti d'armi, erano stati legati tra loro e imbavagliati a bordo di un'imbarcazione, dove erano state poi trovate e sequestrate circa duecento armi illegali e diversi chili di droga.

«Oh, buongiorno. Il signorino è già in piedi?» esclamò Alfred con un piccolo sorriso, non appena vide il giovane Dick Grayson scendere le scale e fermarsi proprio davanti a lui, intento a chiudere intorno al polso un orologio dal cinturino in acciaio. «Almeno non è come qualcun altro» continuò, passando lo sguardo fine dal ragazzo all'uomo sul sofà.
Nonostante la notte passata fuori, Dick si era alzato a un'ora più che decente, cosa che Bruce Wayne faticava ancora a fare.

In quel momento il giovane si accorse di essere l'argomento principale del telegiornale, o almeno il suo Robin.
Imprecò mentalmente, se avesse saputo o notato le telecamere le avrebbe disattivate o perlomeno manomesse subito dopo.
Dare spettacolo era l'ultima cosa che voleva. Non aveva mai amato essere sui media.

«Nottata movimentata» esordì retorico Bruce, spegnendo il notiziario e alzandosi con lentezza dalla poltrona in scura pelle grigia e posizionata di fronte a un televisore da settantasette pollici.
«Pensavo ti fossi arrugginito dopo tutto questo tempo» continuò fissandolo, aggiustandosi le maniche della camicia bianca che indossava e individuando una piega quasi invisibile che cercò di stendere.

I due si guardarono negli occhi per diversi secondi, poi Dick riportò la sua attenzione sul maggiordomo, un uomo anziano e di classe, nonostante i capelli ormai bianchi e il viso contornato da evidenti e pesanti rughe.
Da quando era entrato in quella casa, Alfred c'era sempre stato per lui, lo aveva confortato nei momenti di bisogno, aveva cercato di capirlo, per quanto gli fosse possibile, e aveva provato a lenire il suo dolore, in tutti i modi possibili.

«Buongiorno, Alfred. Sai che non ho bisogno di molte ore. Comunque, sto uscendo, ho delle cose da fare questa mattina» con un sorriso rivolto esclusivamente a lui, sfilò dalla tasca della giacca di pelle nera le chiavi della sua Porsche Pellican 991 grigio metallizzato, e senza aggiungere altro lasciò l'abitazione.

«Vedi Alfred, io cerco di avere un dialogo, ma lui neanche mi rivolge la parola» borbottò Bruce, sospirando.

«Signore, non penso che lei volesse dialogare, ma istigare» rettificò, «In ogni caso, sono convinto che con la buona volontà lei e il signorino Dick riuscirete a risolvere le vostre... incomprensioni» disse il maggiordomo con un cenno del capo, «Buona volontà» ripeté. «Caffè?» chiese poi.

«No, grazie.» Lo sguardo di Bruce era assente, e se Alfred non lo avesse conosciuto bene avrebbe pensato che fosse preoccupato per Dick, ma entrambi sapevano che il giovane era più che in grado di badare a sé stesso.

Essendo cresciuto tra i trapezisti di un circo, Dick era un acrobata straordinario, ai limiti dell'umano, e questo gli permetteva di poter compiere acrobazie in combattimento e schivare con facilità i colpi, attutiti anche dalla sua tuta hi-tech che gli forniva un'ottima resistenza da proiettili di armi da fuoco come pistole, tagli, alte e basse temperature e acidi.
Il suo costume vantava anche di dispositivi sonici disorientanti, granate a gas, accecanti, esplosivi di bassa potenza e rampini.
Inoltre, vantava di una velocità e riflessi incredibili. Bruce sapeva che fossero di gran lunga migliori dei suoi, e di qualunque altro umano avesse mai conosciuto.
In più, con l'addestramento che gli aveva fornito in campi come escapologia, criminologia e investigazione, e in svariate discipline di combattimento corpo a corpo, poteva fronteggiare da solo anche più uomini armati. E poi doveva ammettere che quel ragazzo aveva un'intelligenza e delle capacità strategiche molto sviluppate.

«Alfred» lo chiamò Bruce, «Dove tiene il suo costume?»

«Nella valigetta che lei gli ha...»

«No, intendevo il luogo.»

«Non lo so signore, molto probabilmente nella sua stanza, o nella sua macchina, so che gli piace portarlo con sé, in caso di... emergenza» rispose, «Perché, se posso chiederlo?»

«Ho pensato a delle migliorie, penso gli piaceranno, almeno tornerà a parlarmi» rispose. «Esco anch'io, ho una riunione» disse mentre si dirigeva all'ascensore che portava al garage, nel quale vi erano una moltitudine di auto di lusso, «Non lo so se sarò qui per ora di pranzo» aggiunse, la voce ormai lontana.

Alfred scosse la testa, ormai solo in quella dimora enorme e così vuota se non fosse stato per lui.

Alfred scosse la testa, ormai solo in quella dimora enorme e così vuota se non fosse stato per lui

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