Capitolo 117

25 3 1
                                    

"Sono arrivate delle cose dall'Inghilterra." La donna sollevò l'opulento corpo e portò alla ragazza un baule in legno d'acero intagliato con foglie d'oro e rubini.

Solo quel contenitore, doveva valere moltissimo e sopra c'erano le sue iniziali fatte di foglie d'argento e lapislazzuli. Cirilla si posò sulle ginocchia e lo aprì. Pensava fosse un regalo di Henry. ormai era via da quasi tre settimane. All'interno c'erano numerosi abiti di fattura eccellente, una serie di indumenti personali e il necessario con gioielli una tiara e bracciali. Sopra tutto questo splendore, una lettera con poche righe che diceva:

"Spero che ciò sia degno della meravigliosa regina che so che diventerai – Rex Charles I."

Il suo padrino, le aveva mandato un dono in onore della vincita che aveva ottenuto. La cosa la mise di immenso buon umore, non per il regalo in sé, ma per il tempismo. Sentiva che oltre mare, c'era qualcuno che si prendeva ancora cura di lei. Una qualche famiglia a cui poteva aggrapparsi.

Che non aveva perso tutto, tutto.

Al contrario della famiglia reale, come ad esempio Meria che aveva preso a scriverle molto spesso raccontandole dei progressi che stavano avvenendo con il principe scozzese, il resto della famiglia Henry, Henry compreso sembravano essere spariti.

Lui non aveva scritto una singola lettera.

Dopo quasi un mese, Cirilla non sapeva che pensare.

Aveva chiesto a chiunque, nessuno sapeva dove fosse finito.

In cuor suo non pensava fosse morto, altrimenti era certa che lo avrebbe sentito. Ma ogni genere di cosa tremenda poteva essergli successa quindi non riusciva a fare altro che far correre la propria mente. Passava le giornate sommersa dal lavoro e la notte abbracciata al suo cuscino.

Sentiva un senso di pesantezza che le rendeva tutto tremendamente tedioso. Non sapeva più che fare per cercare di occupare la sua testolina preoccupata.

E continuava a pensare che Henry non le aveva scritto.

Nemmeno un bigliettino per farle sapere che stesse bene

E la rabbia cresceva.

Quando l'avrebbe visto gli avrebbe gridato in testa, per quella disattenzione.

Mathias consigliò a Cirilla di ordire un ballo seppure non troppo sfarzoso, per invitare i nobili e discutere dei piani futuri. Cirilla acconsentì.

Quando aveva un momento di pausa, andava nelle scuderie ma Ruben non c'era più. Quel castello, era diventato casa ad alcuni dei ricordi più tremendi della sua vita. Aveva fatto chiedere le stanze di suo padre e adesso lei dormiva nelle sue poiché non riusciva a tornarci dopo quello che era successo con Tristan. il taglio che le aveva fatto sulla schiena, era sparito grazie probabilmente alla pozza dove si era gettato che aveva curato ogni taglio e livido. Ma sotto la superficie, quando Henry non c'era a cullarla prima di addormentarsi, gli incubi erano allucinanti.

Erano vividi, sembravano così veri.

I volti di tutti quelli che aveva ucciso. Le voci che aveva sentito nel buio pesto, la corrodevano dall'interno e non era facile farci i conti.

Liv aveva preso a dormire nella sua stanza senza che lei se ne accorgesse. Faceva finta di cucire qualcosa vicino al camino e attendeva che lei si addormentasse tutte le sere, poi ogni tanto quando le urla erano troppo forti, il suo generale entrava non invitato e prendeva ad abbracciarla stretta per rassicurarla.

Non le tirava più secchiate d'acqua adesso. Era gentile e amorevole con la piccola Alexandra, così la chiamava quando aveva i terrori notturni.

Come sua madre.

Ogni mattina però, Cirilla si sollevava dal letto lasciando lì il malessere e usciva dalla porta delle sue stanze con un nuovo sorriso, ogni volta più grande ogni volta più splendente che rincuorava chiunque la guardasse. Era un'arma potente, Cirilla. Poiché si faceva vedere sempre dove c'era bisogno.

Nelle costruzioni, nelle piantagioni. Era sempre con le mani a fare qualcosa e questo stava spingendo i lavori più velocemente. I sudditi la veneravano tutti, adoravano che lei si fermasse a parlare con chiunque avesse bisogno, che aveva sempre qualcosa da mangiare con sé e lo elargiva con piacere.

Ci sarebbe voluto tempo, ma aveva tutta l'intenzione di riprendersi la propria vita e ricostruire Mane meglio di prima.

Il pranzo fu un successo. I nobili si presentarono tutti e furono gentili e cordiali verso Cirilla. Vollero sapere di come aveva vinto la battaglia e seppure storsero il naso quando videro che Cirilla aveva lasciato il suo generale, capo dei ribelli seduto al posto d'onore accanto a lei, nessuno mise in dubbio la meritocrazia di quella scelta.

A Cirilla venne quasi da ridere nel vedere Håvard con i capelli sistemati ordinatissimi, senza nemmeno un ciuffo fuori posto, si era tagliato la barba e sembrava tanto più giovane mentre sedeva dritto e quasi imbranato al tavolo con tutte quelle persone eleganti.

Fece la sua figura però, parlando correttamente e non interrompendo gli altri. La regina gli aveva concesso un onore che in vita sua non si era mai permesso di sognare. Persino con sua madre, quando aveva partecipato alle cene era solo la sua guardia del corpo, non un genale e soprattutto, non l'Earl di un'intera isola tutta sua che Cirilla gli aveva regalato come pegno per aver vinto la guerra.

Era al loro pari e seppure si sentiva fuori posto, era determinato a far brillare d'orgoglio la sua signore che gli aveva concesso una tale fortuna. E tutti si complimentarono con lui per le scelte di guerra e lo resero partecipe. Fu una tavolata leggera, dove si parlò principalmente di affari ma in modo rispettoso e Cirilla percepì in quel momento di essere forse all'altezza del compito che le era stato affidato.

Tutti promisero aiuti per la parte distrutta di Mane, dato che non avevano fatto in tempo a partecipare alla guerra vera e propria e addirittura, in onore del padre di Cirilla, avrebbero offerto qualcosa in più nella decima che pagavano annualmente per venire in contro a sua maestà.

Chiesero più volte che Håvard gli raccontasse di come Cirilla aveva combattuto con il danese, di come avevano fatto saltare in aria l'intera montagna e risero di buon grado ai racconti del generale che rendeva tutto insolitamente epico e divertente allo stesso tempo.

Quando Cirilla li salutò tutti, era molto stanca però non voleva coricarsi, era ancora primo pomeriggio, così prese a girare per il castello, raccolse i fiorellini blu e se li portò con sé mentre passeggiava sulla lunga passerella fatta di rocce verso la panchina che stava in mezzo alla distesa d'acqua.

Indossava un bel vestito color del cielo e si sedette nel posto che le regalava più calma a pensare. Sembrava essere rimasto fuori dal tempo quell'angolo del castello. Non aveva ricordi cattivi al riguardo o se li aveva non affioravano. Toccò il marmo bianco, era caldo per la giornata di sole e si lasciò cullare dal suono lento delle onde.

Si sentiva tanto sola.

Guardò i fiorellini che aveva in mano e pensò a Henry. sperò che fosse incolume più di ogni altra cosa. Lo gettò in mare e posò il mento sul palmo, perdendosi a guardare i confini di Mane. In Lontananza riuscì a vedere delle balene che stavano giocando tra loro.

Poi sentì nel vento oltre all'odore di mare, la pioggia.

"Scusate." Cirilla avvertì il cuore scattarle in gola e quando con il capo si girò velocemente, le mancò il respiro. Henry posò una scatola enorme sul vialetto e la guardò con quel sorriso sghembo che mostrava la fossetta destra rendendolo adorabile. "Sapete dirmi dove posso trovare il garzone dello stalliere? Ho delle faccende in sospeso con quella piccola canaglia."

[2]Sol - Il Dio Sole [hs] - AU - MatureDove le storie prendono vita. Scoprilo ora