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T A S Y A

Calvin sembra più terrorizzato che entusiasta, ma non posso biasimarlo: abbiamo praticamente fatto irruzione in casa sua, coperto gli occhi con un calzino e l'abbiamo trascinato con noi senza dirgli la meta.
Più che una sorpresa, è sembrato un rapimento.

Non ha smesso di fare domande nemmeno per un secondo, anche dopo i numerosi silenzi stampa da parte mia e di Zacharias.
Mi sono anche sorpresa, a dir la verità: pensavo che prima o poi avrebbe esaurito il fiato, ma mi sbagliavo.

Ma ora che siamo qui, su questa mongolfiera, penso che abbia trovato tutte le risposte che cercava.
Il vuoto nello stomaco che ti assale ogni volta che stacchi i piedi da terra, il vento che si fa sempre più forte fino a scompigliarti del tutto i capelli... Si tratta del cielo che ti accoglie come un caro amico.

«Togligli la benda» dico.

Riesco a sentire lo sfregiare della stoffa contro le mani di Zach, l'unico rumore attorno a noi.
È come se il mondo, insieme alle sue miliardi di vite, avesse smesso di urlare, come se si fosse improvvisamente spento.

E capisco.
Capisco come si sente Calvin. Confuso, arrabbiato, triste... Sta cavalcando il sogno di una vita, ma non con la persona giusta accanto a lui. Dovrebbe esserci suo fratello, invece c'è solo la sua migliore amica.

È sbagliato. E ingiusto.
Ma la vita non ha mai giocato pulito, con nessuno di noi.

«Perché?» chiede Calvin, con voce spezzata.

«Ti andrebbe di descrivere ciò che vedi?» chiedo, ignorando la sua domanda. «Ma non oggettivamente, rendilo personale. Descrivilo come lo vedi tu, non come lo vedrebbe chiunque. Immagina che io non abbia mai visto prima d'ora uno spettacolo di questo tipo e cerca di trasmettermi anche le emozioni che provi nel vederlo, Calvin.»

«Il cielo è azzurro, cristallino come l'acqua. Il sole sembra un fiore lasciato galleggiare, sembra disperso, solo e fuori posto... Come mi sento io. Più lo guardo, più voglio continuare a farlo. Vorrei stendermi su una nuvola, simile a piccoli batuffoli di cotone, e dimenticarmi le stonature che sento dentro di me. Mi vorrei sentire libero e accarezzato dal vento come l'uccellino che è appena passato, vorrei lasciarmi cadere per poi rialzarmi e andare sempre più in alto.»

Annuisco, rimanendo in silenzio.

Lo guardi e vorresti trovarti lassù, guardare dall'alto ciò che ti circonda e ammirare la bellezza del mondo. Vorresti poter volare libero come gli uccelli, ma ti ritrovi sempre rinchiuso in una gabbia, sotto i tetti delle scuole, delle case o degli edifici.

La chiamiamo libertà, ma non sappiamo nemmeno che sapore abbia.

Alziamo le mani cercando di aggrapparci a qualcosa, ma veniamo risucchiati dal vortice di quotidianità. Cerchiamo di essere diversi, ma alla fine siamo sempre tutti uguali.

«Se mio fratello fosse qui, avrebbe detto le stesse cose» sussurra Calvin.

Estraggo dalla tasca dei jeans il piccolo foglietto, che ho sempre custodito nel mio diario segreto.
Lo passo a Calvin e sorrido, cercando di essere il più convincente possibile. «Ti ricordi quando me l'hai data?» chiedo.

«Ce l'hai ancora...»

«Non avrei mai buttato la chiave della tua sofferenza, Calvin. Prima o poi tutti dobbiamo superare il nostro dolore e farà male, da morire. Ti sembrerà di non uscirne più, di star cadendo e non rialzarti. Ma troverai la via d'uscita e ti sentirai un vincitore, fiero di te stesso» dico, stringendogli forte la mano.

«Quel giorno, quando ti ho raccontato la storia di mio fratello, non ti ho detto tutto» spiega il mio migliore amico. «Quella che tieni fra le mani è la lettera che avrei dovuto leggergli in ospedale, ma non l'ho mai fatto. L'avrebbe fatto star peggio. Ero partito con l'intento di tirargli su il morale, ma mi sono semplicemente sfogato. L'avrei distrutto ulteriormente.»

«E se te la leggessi?» propongo «Qui, su questa mongolfiera, stai esaudendo il vostro desiderio. Lui è qui con te, veglia su di te e continuerà a farlo fino a che non vi rincontrerete. Ora che è affianco a te, potrebbe finalmente sentire le parole che non sei mai riuscito a pronunciargli. Ti sentiresti più leggero. Cosa dici?»

«Okay» sussurra.

Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo. Ieri sera ho chiesto a mia madre di leggere la lettera ad alta voce, in modo da poterla registrare e memorizzare ogni parola per poterle dire in questo istante.
È stato difficile, ma per Calvin farei questo ed altro.

«Ciao, fratellino. Sono seduto a casa, davanti al camino, e fra le fiamme ardenti del fuoco vedo il tuo viso. È proprio quello il tuo elemento: sei vivace, sei acceso, sei la cosa più ricca di vita che abbia mai visto in questi miei dieci anni di vita. Ma siamo così fragili, e una malattia qualunque è stata in grado di spegnerti, come una secchiata d'acqua fredda» Tiro su col naso, cercando di trattenere le lacrime. «Preferisco ricordarti in questo modo, non come ti ho visto l'altro giorno. Ti sta consumando, stai perdendo le forze e guardarti in faccia era come guardare la Morte. E più ti vedevo morire, più io morivo con te. Era come se fossimo legati da un filo invisibile.»

«So che un giorno metterò piede in questa casa e che tu non sarai lì ad accogliermi con uno dei tuoi soliti abbracci, Scimmietta. E non so come affrontarlo. Sento mamma e papà parlare con gli altri adulti, che dicono che siamo entrambi troppo piccoli per combattere una battaglia così grande. Ma i nostri genitori non li ascoltano e mi usano come scudo, come scusa, come arma... Sono il loro tutto.»

«Ti odio, per questo. Perché mi stai lasciando, mi stai lasciando qui, da solo, senza nessuno. Ti rimangono pochi giorni, a detta dei dottori, e mamma e papà ne sono felici: dicono che così non soffrirai più. Ma io ti voglio qui con me ancora per anni e anni, nonostante tu stia soffrendo. Sono egoista, ma non voglio lasciarti andare. Ci sono tante cose che non capisco, compreso me stesso, ma soprattutto non comprendo perché, fra tutti, proprio tu.»

Rimaniamo in silenzio, di nuovo.

Comprendo pienamente le sue parole, i suoi dubbi, perché mi faccio la stessa domanda ogni giorno: perché, fra tutti, proprio io? Se il destino mi ha scelta, ci deve essere un motivo, e penso di averlo compreso.

Se non avessi perso la vista, non avrei mai conosciuto Zacharias. Lui mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che è giusto pensare a se stessi, ma sono gli altri che ci rendono come siamo.

Sento due braccia avvolgermi e stringermi in un forte abbraccio. Calvin poggia la sua testa sopra la mia e percepisco il suo corpo scosso dai singhiozzi. «Grazie» dice, con voce tremante. «Per me sei stata come il fratello che non ho mai avuto. Ti voglio bene.»

«Ti voglio bene anche io» sussurro.

N/A

Penso che sia il mio capitolo preferito in assoluto, oltre che il mio desiderio preferito.
Mi sono impegnata tantissimo, cercando di esprimere la sofferenza di Calvin e di rendervi partecipi della sua perdita.
Spero di esserci riuscita, di aver suscitato qualche piccola emozione in voi e di starvi appassionando con questa storia nata come un'innocente sfida nei miei confronti.❤️

Sappiate che ogni vostro commento mi rende felicissima, mi fa capire che - stranamente - qualcuno interessato a ciò che scrivo c'è.
E, magari, anche a farvi stare bene, perché leggere è anche isolarsi dal mondo crudele che ci circonda.❣️

Al prossimo capitolo, vi voglio bene!❤️

Dietro ai miei occhi [Cartaceo disponibile] Where stories live. Discover now