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T A S Y A

Con il corpo adagiato al tappetino, il vento che passa fra i capelli e una mano poggiata sul petto che si alza e abbassa regolarmente, mi ritrovo nel bel mezzo della quiete, infranta da un gufo che ogni tanto canta alla luna.
Nulla mi disturba, nulla mi impedisce di essere felice, ma mi sento comunque fuori posto, sbagliata, come se non dovessi essere qui per alcun motivo. È orribile sentirsi ospiti del proprio corpo, spettatori esterni di ogni avvenimento. Ormai dovrei esserci abituata, ma ci sono volte in cui vorrei che le cose fossero diverse.

Posso immaginare il cielo sopra di me, recuperarlo da memorie astratte di qualche mese fa, quando ancora non apprezzavo il dono della vista. In un mondo parallelo, invece, sarei stesa su questo stesso prato in attesa di scorgere una stella cadente o di ammirare il cielo scuro in tutta la sua immensità.
Ma io non posso.

Forse avrei dovuto esaudire i miei dieci desideri prima di tutto questo, quando ancora ne avevo l'occasione senza restrizioni. Avrei dovuto vivere la vita al massimo, smettere di lamentarmi per qualsiasi cosa, stare al mondo come se il giorno dopo sarebbe accaduta per davvero una disgrazia. Ora non posso più tornare indietro, anche se darei qualsiasi cosa purché accada.
Gli altri mi ripetono che sono fortunata ad essere ancora in vita, ma non capiscono che per me è come se non stessi vivendo più.

Mi sento vuota, senza forze, senza un obbiettivo o uno scopo.
Mi sento sola, anche mamma e papà mi hanno lasciata qui, in questo stato d'abbandono. Ogni volta che realizzo la loro distanza, il mio cervello pensa immediatamente che sia perché non mi vogliono.
Non sono più quella di prima, cosa li obbliga a volermi ancora bene?
So che molte persone tengono a me, ma l'evidenza risulta invisibile ai miei occhi. I miei amici ci saranno sempre per me, ma i loro gesti non riescono a risvegliarmi dal sonno buio e stremante in cui sono caduta.

Le mie convinzioni e le mie idee sono le uniche cose che contano, le uniche fonti di verità. Il resto, per la mia mente, è menzogna.

«A cosa stai pensando?» chiede Kol. La sua mano è sempre tesa in cerca della mia, pronta a farmi uscire dall'oblio che mi cattura. Mi accarezza il viso e mi scosta delle ciocche dalle labbra, per poi baciarle con delicatezza. «Tasya?»

Il mio nome, fra le sue labbra, sembra poesia. Vorrei poter essere sincera con lui, dirgli tutto ciò che mi passa per la testa, ma lui non riuscirebbe a capire. Non è ancora pronto a scoprire la verità. Fingo un sorriso. «Sono solo felice di essere qui con voi» rispondo, baciandogli il palmo della mano. «Secondo te Annabeth si presenterà? Ha detto che ci sarebbe stata, ma ho paura abbia cambiato idea e che Zach ci rimanga male.»

«Hai fatto il possibile per aiutarli, ora sta a loro decidere cosa fare. Non sono una tua responsabilità» mi lascia un bacio sulla tempia. «In ogni caso dovresti essere felice per le buone azioni che hai fatto, anche se il finale non sarà quello che speravi.»

Sebbene poco convinta, annuisco.

In lontananza sento le voci di Calvin e Andrew, che con la loro classica eleganza ci annunciano il loro arrivo. «Sei una pippa! Non riesci neanche a salire un tratto di collina che stai già senza fiato!» esclama il mio migliore amico, probabilmente dando una spinta scherzosa al fidanzato. «Non dovresti essere il migliore in squadra?»

«Calvin, vaffanculo» ribatte Andrew.

«Per quanto sia bello vedervi litigare e prendervi a pugni, ho una domanda molto più importante da fare» interviene Kol, sciogliendo l'abbraccio in cui mi teneva stretta. Una folata di aria fresca mi fa rabbrividire. «Sono biscotti quelli?»

«Sì!» risponde Calvin, particolarmente gioioso. «Li ha preparati mia mamma per tutti noi. Ce ne sono anche un paio alla panna, si è ricordata che a te piacciono solo di questo tipo, Tasya.»

Dietro ai miei occhi [Cartaceo disponibile] Where stories live. Discover now