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T A S Y A

Quando ero piccola adoravo i tacchi, ma ora ho una nuova filosofia di vita: rimanere in bilico fra due decisioni che potrebbero cambiare radicalmente la tua vita è molto meglio che ritrovarsi in bilico su un paio di scarpe col tacco.

I miei genitori mi portavano spesso con loro al centro commerciale - soprattutto quando l'altra opzione era lasciarmi con la babysitter - e ogni volta era la stessa storia: li trascinavo nel reparto scarpe e rimanevo ad ammirare un paio di decolté rosse per qualche minuto, sperando che un giorno le avrei potute indossare.
Per me erano così eleganti, sembravano anche comode! Inoltre mia madre le indossava spesso, desideravo moltissimo assomigliarle e pensavo che in quel modo sarebbe stata fiera di me.
Poi mi avrebbero anche resa più alta: ero solo una bambina, ma restavo comunque la più bassa della classe e tutti i miei compagni mi prendevano in giro per questo. Ma soprattutto le avrei usate per baciare il mio ragazzo dei sogni come in una scena da film: io su delle graziose scarpe rosse, con la gamba alzata indietro e fra le sue braccia.

Se potessi tornerei immediatamente indietro nel tempo, mi tirerei una sberla e mi urlerei addosso di essere una stupida illusa.
Sono una trappola mortale! I piedi stanno implorando pietà e le gambe stanno per cedere, non comprendo se per lo sforzo o lo scarso equilibrio; nell'ultima mezz'ora ho rischiato di slogarmi la caviglia cinque volte.

Con uno scatto libero i piedi da questa maledetta morsa, poi lancio le scarpe dall'altra parte della stanza. Le sento rimbalzare contro il muro e l'immagine del tacco che si rompe mi fa sentire incredibilmente realizzata. Sbuffo e mi siedo a terra, dove mi massaggio la pianta del piede. «Perché non posso indossare delle semplici ballerine?» piagnucolo.

Calvin sussulta. «No, le ballerine no!» esclama. Dal suo tono di voce sembra quasi io abbia appena commesso un'eresia. «Col vestito lungo sarebbero inguardabili e poi sono l'antisesso.»

«Ma a me piacciono!» ribatto.

Sospira. «Ricordami perché sono ancora tuo amico.»

Rachele si avvicina e mi stringe in un piccolo abbraccio. «Coraggio, con un po' di allenamento riuscirai a camminarci senza cadere di faccia davanti a tutti» Mi dà una pacca sulla spalla. «Perché hai la maglietta bagnata?»

«Perché indossare quelle scarpe per lei equivale a combattere contro venti lottatori di sumo» risponde Calvin, ridacchiando. «Ma non ti preoccupare: sei comunque adorabile.»

Gli faccio una linguaccia e raccolgo i capelli in una coda bassa, sperando di rinfrescarmi almeno la nuca. «È stata una pessima idea» borbotto. Quando mi sono iscritta ho pensato solo al discorso e non a tutto il resto: vestiti per colpa dei quali inciamperò sicuramente, scarpe che sono considerabili trampoli, trucco che i clown mi farebbero solo complimenti... «Sono ancora in tempo per scappare?»

«Non ho ancora capito perché hai deciso di iscriverti» afferma Calvin. Il cuore smette di battere e anche Rachele sembra essersi immobilizzata. No, non fare quella domanda... «Non me l'hai mai spiegato. Perché?»

«Sì, insomma...» balbetto, passando la mano sul collo. Inventati qualcosa, coraggio! «Ma perché mi stai facendo questo interrogatorio? Parliamo di te, piuttosto. Con Andrew come va? Avete già fatto sesso?»

«Tasya!» strilla con voce acuta. Regola numero uno su come colpire Calvin: fa' una domanda scomoda e che lo metterà a disagio e lui si dimenticherà di quella che ha fatto a te. Lo so, è un colpo basso, ma non mi ha lasciato scelta. «Non sono affari tuoi!»

Io e Rachele scoppiamo a ridere. «Come procedono le cose fra di voi?» chiede lei.

«Alla grande. Penso di aver finalmente trovato la persona giusta» spiega, sospirando melodrammaticamente. «Purtroppo è preoccupato per il processo e mi ha implorato di farlo salire alla sbarra per testimoniare contro mio padre.»

Dietro ai miei occhi [Cartaceo disponibile] Where stories live. Discover now