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T A S Y A

Il vero dolore si prova quando si sta per perdere qualcuno, quando per mesi siete sempre stati mano nella mano e all'improvviso vi ritrovate a un passo dal lasciarvi andare, con le dita che solo si sfiorano.
In questo momento mi sento così, consapevole che potrebbe essere troppo tardi e che Kol potrebbe già essere su un volo diretto chissà dove, pronto a dimenticarmi.

E anche se continuo a dare la colpa alla violenza del padre di Calvin e all'incidente, so che è tutta colpa mia. Non ho saputo gestire la situazione a mente fredda, sono stata irrazionale e la situazione mi è sfuggita di mano.
Non è vero che non provo emozioni, il problema in realtà è che ne ho troppe.

Combattono fra di loro, si uniscono, mi stuzzicano. Sono il loro giocattolino, il posto preferito in cui giocare ed è incredibile come io non abbia più controllo su di loro.
Ci sono momenti in cui mi sento vuota e speranzosa allo stesso tempo: le cose vanno male, ma spero anche che prima o poi le cose si sistemino. E il tutto potrebbe cambiare nell'arco di qualche minuto, potrei perdere la voglia di vivere e ritornare sotto le coperte finché non ritornerà quel minimo di gioia.
È triste, però, che le mie giornate positive si siano ridotte ad una al mese. Mi manca sentire quella sensazione di felicità, di sollievo.

«Siamo arrivate» dice Annabeth. La sento slacciare la cintura e io faccio lo stesso, con il cuore che batte talmente forte da farmi venire il mal di testa. «Sei pronta?»

No, non lo sono.

Come potrebbe mai perdonarmi dopo ciò che ho fatto?
Non voglio lasciarlo andare, lo voglio al mio fianco, anche se non credo sia lo stesso per lui. Ha fatto così tanto per me, ha sacrificato la sua felicità e il suo orgoglio pur di rimanermi accanto, eppure io non ho fatto nulla per ricambiare.
Non gli ho mai confessato di provare qualcosa nei suoi confronti, non ho nemmeno tentato di farglielo capire. Magari sarà troppo tardi, ma non lo lascerò andare senza prima avergli detto che lo amo.

«Sì, sono pronta» mento.

Mano nella mano io e Annabeth varchiamo l'ingresso dell'aeroporto.
Camminiamo in mezzo alla gente e tutto ciò che posso fare io è rimanere inerme e sperare che Beth riesca a scorgere Kol fra la folla.
Sento tacchi scoccare contro il pavimento, bambini piangere, uomini ridere, gente terrorizzata all'idea di prendere l'aereo, ma dell'unica voce che vorrei udire non c'è traccia.

Sono cieca, come mai riuscirò a trovarlo?
Perché deve essere così difficile?
Perché non ho potuto recuperare la vista?
È così irritante essere inutile, non poter aiutare, limitarsi a seguire Annabeth che mi stringe forte la mano nella speranza di non perdermi.

«Okay, così non ce la faremo mai» dice lei, spingendomi da qualche parte. Mi ritrovo seduta e circondata da quelle che, a udire dagli schiamazzi, devono essere bambine in attesa del loro primo volo. «Rimani seduta qua e non muoverti, va bene? Io vado a cercarlo, prometto che tornerò con lui.»

La ascolto allontanarsi e mi stringo nella felpa nera, continuando a ripetermi che andrà tutto bene. Le gambe tremano e attorno a me sembra che il mondo abbia iniziato a vorticare, facendomi sentire stordita. «Signorina, è molto pallida. Si sente bene?» chiede una donna al mio fianco. «Vuole dell'acqua?»

Accenno un sorriso. «No, grazie.»

Ho sempre avuto paura di perdere le persone, anche quando mia mamma mi ripeteva che prima o poi ci si riunisce, che sia da vivi o da morti.
Giorni fa dissi che non avrei più permesso a nessuno di abbandonarmi e ferirmi, ma ora ho capito che è compito mio non lasciarglielo fare e non lasciarli andare.

Sento qualcuno fermarsi davanti a me. «Avevi detto che era Calvin a volermi salutare un'ultima volta» La voce di Kol mi raggela sul posto e all'improvviso sento tutta l'ansia venir rimpiazzata dall'insicurezza. «Non capisco. Cosa ci fa lei qui?»

Dietro ai miei occhi [Cartaceo disponibile] Where stories live. Discover now