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T A S Y A

Il concorso di "Miss Yellowknife" è l'atto iniziale della sagra della città, uno degli eventi che tutti aspettano impazienti.
Le strade, piene di bancarelle di ogni tipo, brulicano di gente che si appresta ad assaggiare piatti tipici di vari paesi. Da bambina amavo la bancarella del cibo italiano, soprattutto grazie a mia madre, che con il suo spirito patriottico mi riempiva di assaggi di pasta, bruschette e cioccolatini.
Gli spettacoli in maschera, invece, mi spaventavano da morire: c'era chi indossava costumi belli e colorati e chi si travestiva da mostro e che si divertiva ad inseguire le persone per spaventarle.
Io e Calvin, però, adoravamo l'ora delle lanterne e a ogni sagra ne lanciavamo una con sopra scritti i nostri nomi. Esprimevamo un desiderio e la guardavamo sparire nell'universo, convinti che prima o poi avrebbe ritrovato quelle liberate gli anni precedenti.

Il concorso di bellezza non rientrava nei miei interessi, ma spesso mi ritrovavo ad ammirare le ragazze più grandi e sperare di diventare come loro. E ora che sono a un passo dal ritrovarmi in prima persona su quel palco sto già immaginando cosa potrebbe andarmi storto.

Certo, manca ancora più di una settimana e mezzo, ma l'ansia mi impedisce di vivere una cosa così semplice con leggerezza.
Mentre qualcun altro va ad una sagra di paese felice e spensierato, io non posso far altro che pensare alle numerose persone che ci saranno, al fatto che sono fuori casa, che potrebbe avvenire un incidente o che potrei sentirmi male da un momento all'altro.
Ho paura di incontrare persone che conosco e di intrattenere un discorso, paura di dire la cosa sbagliata e paura dei ricordi che potrebbero riaffiorare.

«Posso chiederti una cosa?» domando a Rachele.

Siamo in una delle tante stanze che ospita la vecchia industria, trasformata in un camerino personale. Attaccato alla porta, ha detto Rachele, c'è un foglio con stampato il mio nome e nessuno può entrare se non sono io a permetterlo. Mi sento come una di quelle star di Hollywood e, anche se non posso vedere la stanza, riesco ad immaginarla come quelle nei film che guardavo da bambina: una specchiera circondata da luci e sommersa di profumi, trucchi e spazzole per capelli, un carrello colmo di vestiti stravaganti poggiato al muro e un piccolo corridoio che conduce a uno spazioso e luminoso bagno.

«Certo.»

«Quando Calvin ha chiesto il tuo aiuto per inserirmi nel concorso sapeva il motivo per cui volevo farlo?» chiedo.

«No, mi ha semplicemente detto che un'amica voleva entrarne a far parte» risponde, passandomi una spazzola fra i capelli. Abbiamo già cominciato i preparativi e mi ha proposto qualche idea sul trucco e sull'acconciatura. È strano, perché sin da bambina non ho mai permesso a nessuno di aiutarmi in queste cose. Mentre le altre bambine si facevano fare le trecce e spazzolare i capelli dalle loro mamme, io lo facevo da sola. Ne ero estremamente gelosa, nessuno poteva toccarli.

Sospiro, sollevata. «Come vi siete conosciuti?»

«Siamo amici d'infanzia» risponde. «Conosco la sua famiglia da una vita e non appena ho saputo la notizia non potevo crederci. Suo padre mi è sempre sembrato un uomo gentile e pacato, non l'avrei mai pensato così violento.»

Faccio spallucce. «Siamo tutti persone diverse davanti agli altri. C'è chi nasconde insicurezze e chi cattiveria.»

«Già» sospira. «Quando sarà il processo? Pensavo di presentarmi, ma non vorrei essere di troppo. Sarà una giornata difficile per lui e credo vorrà poche persone attorno, solo quelle a cui è più legato.»

«Sarà fra una settimana e anche se non lo dimostra è terrorizzato all'idea di rivedere suo padre» spiego. Io e Calvin ne abbiamo parlato qualche giorno fa: era ubriaco, abbracciato al water e in lacrime. Continuava a ripetere che avrebbero potuto rilasciare il padre e che sarebbe stato costretto a nascondersi per il resto della sua vita. Era così fragile in quel momento che non ho nemmeno trovato il coraggio di abbracciarlo: avevo paura di frantumarlo in mille pezzi. «Dovresti presentarti, comunque. Sono sicura gli farebbe piacere: più persone avrà attorno e meno penserà a cosa potrà accadere.»

La immagino accennare un sorriso. «Hai ragione. Grazie.»

«Che ne dici di parlare del concorso?» propongo.

«Cosa vuoi sapere?» chiede.

«Non lo so. Tutto.»

Ridacchia. «Va bene. La sagra inizierà alle nove in punto e la aprirete voi concorrenti sfilando in abiti d'epoca. Tutto ciò che dovrai fare sarà camminare con un grande sorriso stampato in volto, dopodiché sarà la volta dei discorsi. La vincitrice verrà annunciata a mezzanotte e in quelle tre ore dovrai parlare con le persone presenti e cercare di racimolare più voti possibili. Se ce la farai, otterrai il titolo di Miss Yellowknife e qualche altro dono» spiega.

Mi mordicchio il labbro, ripensando al mio piano.
Voglio dare giustizia a Calvin, ma farlo davanti a una folla di persone è per davvero il modo corretto? Suo padre era conosciuto in città come un uomo buono, gentile ed onesto e ciò che ha detto Rachele non ha fatto altro che confermarlo.
Chi crederebbe che è lui il cattivo della storia? Nessuno vuole farlo e per la città c'è ancora chi si ostina a ripetere che si tratta di una bugia nonostante i fatti evidenti.
Ci sono anche quelli che danno la colpa a Calvin perché è gay. Il mio discorso dovrebbe far aprire la mente alle persone e far sì che accettino il mio migliore amico così com'è, ma se lui alla fine si arrabbiasse con me non avrebbe alcun senso.

«Va tutto bene?» chiede Rachele.

Mi limito ad annuire. Eppure sembra una ragazza così carina, perché non provare a chiederle aiuto? Calvin è anche suo conoscente, sono sicura appoggerebbe questo mio folle piano pur di aiutare un vecchio amico.

Sospiro. «No, non va tutto bene» ammetto. «Sono nervosa per il discorso. Vorrei farne uno su ciò che è successo a Calvin, per far capire alla gente che lui non ha alcuna colpa e che in realtà il padre si merita ciò che sta per ricevere. Ma ho paura possa infuriarsi e di ritrovarmi tutta Yellowknife contro. Di solito cosa si dovrebbe dire?»

La sento prendere una sedia e sedersi al mio fianco. «Le concorrenti dicono ciò che la gente vuole sentirsi dire. Questo è il metodo vincente, dare alla gente ciò che vuole e la maggior parte delle volte i discorsi non sono mai sinceri. C'è chi ci ha provato, ma ovviamente senza alcun risultato. Mia mamma, che di solito aiuta voi ragazze con i discorsi, non ti lascerà mai farne uno sulla situazione che Calvin sta vivendo. È un argomento tanto delicato, quanto rischioso. Potresti mettere in cattiva luce il concorso e te stessa» spiega «È davvero complicato.»

Mi sento sprofondare nello sconforto e nella delusione. Mi sono iscritta a questo concorso proprio per questo motivo, ora cosa dovrei fare? Dire che ho cambiato idea o rischiare comunque?

«Ed è per questo, Tasya, che ti aiuterò con il discorso» afferma Rachele. «E farò in modo che mia madre non venga mai a saperlo.»

N/A

Capitolo da revisionare!
Se trovate errori, per favore segnalatemeli.❤️

Non ho nulla da dire, se non che questo è un capitolo di passaggio per presentarvi il nuovo personaggio.

Cosa ne pensate al momento di Rachele?

Al prossimo capitolo!❤️

Dietro ai miei occhi [Cartaceo disponibile] Where stories live. Discover now